La Cgia di Mestre denuncia sprechi e inefficienze nella PA
E la politica risponde limitando il ruolo della Corte dei conti
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Avevo appena pubblicato il pezzo che dà conto del dialogo con il Prof. Luigi Tivelli sul tema cosiddetto della “paura della firma”, con annesse riflessioni sull’abolizione del reato di abuso d’ufficio e sulla limitazione dei controlli e della giurisdizione della Corte dei conti in materia di danno erariale, che mi perviene una nota dell’Ansa che riferisce di uno studio dell’Ufficio studi dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre (Cgia) sul costo degli sprechi e delle inefficienze della Pubblica Amministrazione. Una somma da capogiro, ben 180 miliardi di euro, “più del doppio dell’evasione fiscale che, secondo i dati del ministero dell’Economia, assomma a 83,6 miliardi di euro”.
L’Associazione veneta ed il suo Ufficio studi sono considerati dagli osservatori della finanza pubblica particolarmente affidabili per il rigore con il quale vengono condotte le ricerche che nel caso specifico riguardano: il “costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la burocrazia, pari a 57,2 miliardi; i debiti commerciali della Pa nei confronti dei fornitori per 49,5 miliardi; la lentezza della giustizia, che costa al sistema Paese 2 punti di Pil pari a 40 miliardi; inefficienze e sprechi nella sanità per 24,7 miliardi all’anno; del trasporto pubblico locale sprechi per 12,5 miliardi all’anno”.
Questo, ovviamente, precisa la Cgia, “non significa che in presenza di tanti sprechi l’evasione sia giustificata. Ci mancherebbe. Significa invece che l’evasione fiscale rappresenta un cancro per la nostra economia e che va debellata. Ma con la stessa determinazione dobbiamo eliminare anche le inefficienze che, purtroppo, caratterizzano negativamente le performance della nostra macchina pubblica”.
È un dato certamente scoraggiante. Una evasione fiscale, certificata dal Ministero dell’economia nella misura prima ricordata, vuol dire che il contrasto la repressione degli illeciti tributari è assolutamente inadeguata. Per cui se dobbiamo “con la stessa determinazione” combattere gli sprechi agli italiani non è dato avere fiducia che queste situazioni vengano superate o, quanto meno, ridotte. Anche perché, in questi giorni, c’è chi vuole limitare il sistema dei controlli amministrativi della Corte dei conti e la giurisdizione per danno erariale affidata alla medesima magistratura contabile.
Si potrebbe dire che gli sprechi e le inefficienze sono stati accertati in presenza della Corte dei conti, se non si tenesse conto che è da anni che i controlli preventivi di legittimità sono sotto tiro della politica che, insieme alla giurisdizione per danno erariale, li ha limitati fin dal 2020, con il concorso di tutte le maggioranze parlamentari. Infatti, se è stato il Governo Conte1 a limitare i controlli sulle spese sanitarie in tempo di pandemia, lo stesso Governo ha introdotto l’esclusione dalle azioni risarcitorie delle condotte caratterizzate da ”colpa grave”, prorogata dai successivi, Conte2, Draghi e Meloni. Ed è un fatto che, pur avendo condannato, quando era all’opposizione, gli sprechi per l’acquisto di mascherine farlocche e dei banchi a rotelle, Fratelli d’Italia non solo non ha fatto nulla per abolire le norme sui controlli ma le ha mantenute. Anzi ha eliminato il “controllo concomitante” sull’esecuzione dei progetti finanziati dal PNRR, nonostante non avesse carattere limitativo dei relativi procedimenti. Mentre, quanto alla responsabilità per danno erariale, è stata presentata una proposta di legge, a firma del Capogruppo alla Camera, Tommaso Foti, che, enfatizzando la “paura della firma”, esclude la punizione delle condotte gravemente colpose fonte di danno che tornerebbero punibili da fine giugno. Del resto una norma “a regime” che fa salva la colpa grave dei funzionari del fisco è contenuta nella delega fiscale.
Ecco perché evasione e sprechi marciano di pari passo.
Dalla Cgia tengono a precisare, riferisce la nota dell’Ansa, che “sarebbe sbagliato generalizzare e non riconoscere anche i livelli di eccellenza che caratterizzano molti settori della nostra Pa, come, ad esempio, la sanità nelle regioni centro-settentrionali, il livello di insegnamento e di professionalità presenti in molte Università-enti di ricerca e la qualità del lavoro effettuato dalle forze dell’ordine”.
“È bene chiarire – puntualizza inoltre la nota – che la comparazione tra evasione e sprechi non ha alcun rigore scientifico: infatti, gli effetti economici delle inefficienze pubbliche che si ‘scaricano’ sui privati sono di fonte diversa, gli ambiti in molti casi si sovrappongono e, per tali ragioni, non sono addizionabili. Detto ciò, il ragionamento ha tuttavia una sua fondatezza logica: nonostante ci sia tanta evasione, una Pa poco efficiente causa ai privati danni economici nettamente superiori”.
È l’impostazione tradizionale di questo giornale secondo la quale convivono, accanto ad oasi di efficienza nelle amministrazioni e negli enti pubblici, anche diffuse inefficienze sempre più rilevanti fonte di sprechi. Con la conseguenza, sottolinea ancora la nota ANSA che ”se recuperassimo una buona parte delle risorse nascoste al fisco, la nostra macchina pubblica avrebbe più risorse, funzionerebbe meglio e, forse, si potrebbe ridurre il carico fiscale. Ma è altrettanto plausibile supporre che se si riuscisse a tagliare sensibilmente le inefficienze presenti nella spesa pubblica, il Paese ne trarrebbe beneficio e, molto probabilmente, l’evasione e la pressione fiscale sarebbero più contenute. Non a caso molti affermano che la fedeltà fiscale sia inversamente proporzionale al livello delle tasse a cui sono sottoposti i propri contribuenti”. Una conclusione che, sottolinea la nota dell’ufficio studi, “non appare per nulla scontata, poiché una buona parte dell’opinione pubblica ha da un lato una forte sensibilità verso il tema dell’evasione, ma dall’altro avverte in misura meno preoccupante gli effetti degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze della Pa”.
Sia consentita una correzione dell’ultima considerazione. Il cittadino e le imprese sentono come un costo rilevante la complessità delle procedure amministrative, la molteplicità degli adempimenti che, in particolare per le iniziative imprenditoriali, hanno un effetto dissuasivo di ogni intrapresa. Un dato percepibile da tutti senza dover far riferimento alla denuncia del Prof. Sabino Cassese che ha segnalato come per le più semplici autorizzazioni siano richiesti molteplici, spesso inutili, adempimenti.
E torna l’invito alla classe politica a semplificare per venire concretamente incontro ai cittadini ed alle imprese e per limitare sprechi e corruzione sempre indotte da procedure defatiganti che gli interessati possono voler aggirare ungendo qualche ruota.
Direi che dall’ampiezza delle iniziative semplificatrici si riconosce il valore della classe politica.
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