Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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La fibrillazione sulle pensioni.

Puntualmente, ad ogni legge finanziaria, arriva il tema delle pensioni con due obiettivi, tra loro contrastanti: fare cassa per esigenze di bilancio e guadagnare consenso.

La fibrillazione sulle pensioni.

Cosicché, su un tema così rilevante e di impatto costituzionale nessuno ci capisce più nulla, quando il tema delle pensioni richiederebbe stabilità e sicurezza per tutti lavoratori, pubblici e privati.

Come si fa a far cassa sulle pensioni?

Aumentando l’età pensionabile e raffreddando la rivalutazione delle pensioni.

Si sussurra che il Governo vorrebbe allungare, volontariamente, di due anni, il pensionamento nel lavoro pubblico e introdurre, per il settore privato, quota 41 light, cioè vai in pensione prima ma con il calcolo contributivo, il che significa con una decurtazione della pensione attesa.

Sulla rivalutazione delle pensioni la situazione è più complicata.

Il Governo Meloni è già intervenuto con un sistema a sei fasce, penalizzando le pensioni superiori a quattro volte la minima, riducendo la rivalutazione sull’intero importo e non solo sulla parte eccedente.

Fino a 4 volte il minimo                  100% di rivalutazione

Oltre 4 e fino a 5                             85%

Da 5 a 6 volte                                  53%

Oltre 6 e fino a 8                             47%

Oltre 8 fino a 10                              37%

Oltre 10                                             22%

L’intera vicenda pende nuovamente dinanzi alla Corte Costituzionale la quale, con la sentenza n. 234/2020, aveva avvertito che il legislatore può modificare le regole per le pensioni più alte purché il blocco non duri più di tre anni.

In particolare, la Corte costituzionale con la citata sentenza ha chiarito che: “Questa Corte ha più volte evidenziato che, nella prospettiva dell’art. 38, secondo comma, Cost., la perequazione automatica è uno strumento di natura tecnica volto a garantire nel tempo l’adeguatezza dei trattamenti pensionistici, dei quali salvaguarda il valore reale al cospetto della pressione inflazionistica (sentenze n. 250 del 2017 e n. 70 del 2015). Essa è altresì funzionale all’attuazione dei principi di sufficienza e proporzionalità della retribuzione, sanciti dall’art. 36, primo comma, Cost. (sentenza n. 70 del 2015); ciò senza che possa tuttavia configurarsi un rigido parallelismo tra la garanzia di cui all’art. 38 Cost. e quella di cui all’art. 36 Cost., tenuto conto che la prima è agganciata alla seconda «non in modo indefettibile e strettamente proporzionale» (sentenze n. 250 del 2017 e n. 173 del 2016). Per le sue caratteristiche di neutralità e obiettività, e per la sua strumentalità rispetto all’attuazione dei suddetti principi costituzionali, «la tecnica della perequazione si impone, senza predefinirne le modalità, sulle scelte discrezionali del legislatore, cui spetta intervenire per determinare in concreto il quantum di tutela di volta in volta necessario» (sentenza n. 70 del 2015). Appartiene infatti alla discrezionalità del legislatore stabilire nel concreto le variazioni perequative dell’ammontare delle prestazioni, attraverso un bilanciamento di valori che tenga conto anche delle esigenze di bilancio, poiché l’adeguatezza e la proporzionalità del trattamento pensionistico incontrano pur sempre il limite delle risorse disponibili (sentenza n. 316 del 2010; ordinanza n. 256 del 2001). Nella prospettiva della discrezionalità del legislatore, si è affermato che il principio di adeguatezza enunciato nell’art. 38, secondo comma, Cost. non determina la necessità costituzionale dell’adeguamento annuale di tutti i trattamenti pensionistici, né d’altronde la mancata perequazione per un solo anno incide, di per sé, sull’adeguatezza della pensione (sentenze n. 250 del 2017 e n. 316 del 2010). Tuttavia, la discrezionalità legislativa deve osservare un vincolo di ragionevolezza, innestato su «un progetto di eguaglianza sostanziale, conforme al dettato dell’art. 3, secondo comma, Cost.» (sentenza n. 70 del 2015). Ne discende che la pur ampia discrezionalità in materia «non esclude la necessità di verificare nel merito le scelte di volta in volta operate dal legislatore riguardo ai meccanismi di rivalutazione dei trattamenti pensionistici, quale che sia il contesto giuridico e di fatto nel quale esse si inseriscono» (ordinanza n. 96 del 2018)”.

Per guadagnare, invece, il consenso senza soldi, bisogna fare gli illusionisti sperando che l’avente diritto abbocchi.

Per esempio, aumentare le pensioni minime ma restringendo i requisiti di accesso.

Non ci resta che attendere le decisioni governative.

Di Paolo Rosa su Filodiritto

 

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