La giustizia che non riparte e la miopia dell'avvocatura
La giustizia che non riparte e le ovazioni ripetute "riaprite i Tribunali " ormai mi fanno sorridere
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Perché lungi dalla ricerca di soluzioni effettive e risolutive, assisto ormai ad un acclamato fervore nella ricerca delle responsabilità per la mancata ripartenza che, lungi dall’essere concrete, mirano solo a scaricare ad “altrui responsabilità ” le proprie, senza celarsi realmente nella conoscenza dei disservizi dei settori di rispettiva ed effettiva competenza.
La strumentalizzazione e l’uso distorto delle disposizioni in tema di sicurezza, la tendenza, ormai divenuta prassi applicativa e morale, di individuare i responsabili dello sfascio della giustizia “negli altri” e mai in se stessi, ha ormai raggiunto la sua massima realizzazione.
Nella realtà napoletana, in questi giorni va in scena un prevedibile ma inappropriato e improduttivo scambio di favori tra rappresentanze, circa le responsabilità sulla mancata ripartenza.
Il Presidente del Tribunale di Napoli, in una pubblica diretta, alla presenza del Presidente del Coa napoletano e in assenza di una rappresentanza del personale amministrativo, definisce poco collaborativo il comportamento assunto da quest’ultimo, responsabile addirittura della mancata riapertura del tribunale di Napoli. Il Coa Napoletano richiede formalmente il resoconto dell’attività svolta dal personale amministrativo.
Le rappresentanze degli operatori amministrativi organizzano rivendicazioni sul fondamento della richiesta avanzata e delle contestazioni avanzate. L’avvocatura si lamenta…gli avvocati vogliono riprendere …
Mi forzo di mantenere equilibrio nella valutazione degli eventi per come si susseguono ma alcune riflessioni sono doverose.
Ebbene, è il caso di ricordare che i primi focolai Covid, a Napoli, si sono verificati proprio all’interno della struttura giudiziaria. A seguito della dichiarata sospensione dalle udienze o diversamente definita, chiusura del tribunale, gli avvocati hanno osservato il lockdown presso le proprie abitazioni senza recarsi in tribunale ed analogo comportamento è stato tenuto dall’intero corpo della magistratura in servizio presso il Tribunale di Napoli.
Il personale amministrativo ha viceversa osservato un orario di lavoro costante nella struttura giudiziaria, attraverso l’istituzione di presidi e turnazioni, assicurando sempre il servizio e non lasciando mai scoperte postazioni, soprattutto per le questioni urgenti. Il personale amministrativo molto spesso, ha osservato un orario di lavoro superiore a quello previsto dal contratto di lavoro, con permanenza in tribunale anche fino a tarda serata…ma queste circostanze non vengono pubblicizzate e sono solo di esclusiva conoscenza per
chi le ha vissute, seppur indirettamente. La magistratura invece, si è limitata ad effettuare i rinvii per trattazione scritta, non sono stati trattati gli atp, per esempio, non si è proceduto alla nomina dei ctu , rinviando la stragrande maggioranza dei giudizi sulla base di una valutazione discrezionalmente assunta …definendoli non indifferibili.
Allo stato, i magistrati ancora non si recano in tribunale se non per situazioni raramente eccezionali, mentre il personale amministrativo continua a lavorare.
Lo smartworking è stato attivato, contestualmente ai presidi e alle turnazioni, ma il suo mancato funzionamento non dipende certo del personale amministrativo, bensì dalla mancata predisposizione da parte del Ministero ed del Cisia, organismo alle dirette dipendenze del Ministero della giustizia, di una idonea piattaforma Vpn che permetta, in sicurezza, l’accesso al sistema informatico. La casella PEC
del Tribunale di Napoli si è bloccata a causa di malfunzionamenti informatici, non certo per ragioni imputabili al personale amministrativo.
Orbene, le dichiarazioni rese dal Presidente del Tribunale di Napoli ritengo siano molto gravi e fuorvianti, perché distanti da una concreta conoscenza dei fatti e dalle difficoltà del comparto amministrativo. Oltretutto, analoghe riflessioni andrebbero rivolte sull’attività prestata dai magistrati, svolta …durante “la chiusura”.
La richiesta del Coa, poi, di “un resoconto dell’attività svolta dal personale amministrativo”, è illegittima e grave al tempo stesso. Il Coa napoletano non ha alcun titolo nel rivolgere richieste “di valutazione circa l’operato del personale amministrativo.
La classe forense ha una propria rappresentanza nel consiglio giudiziario che solo in quella sede, se ritiene, può chiedere informazioni sull’andamento degli uffici giudiziari.
Per mera completezza espositiva, si ricorda che il personale amministrativo della giustizia non fa più parte dell’ordine giudiziario e che il rapporto di lavoro è regolato esclusivamente dalle norme contrattuali delle funzioni centrali e ministeri e che l’interlocuzione sulle materie contenute nel CNLL, deve essere oggetto di confronto, contrattazione , informazione preventiva e successiva tra le parti; e tra queste parti non è prevista la presenza dell’ordine forense. Orbene, lieta che sull’attribuzione delle colpe agli amministrativi si sia raggiunta convergenza tra Presidenza del Tribunale e Coa, seppur ritengo, a mio sommesso avviso, su
valutazioni senza supporto e verifica oggettiva da parte della prima e senza riscontro normativo da parte del secondo, mi chiedo se non sia davvero il caso di auspicare, nell’immediato, nel rispetto del generalissimo ma democratico principio della separazione dei poteri, un confronto tecnico tra tutte le rappresentanze degli organi del settore giustizia realmente interessati ad organizzare la ripartenza degli uffici giudiziari e non a prolungare la chiusura in attesa della ormai prossima sospensione feriale.
La mancanza di un coordinamento tra i capi degli uffici giudiziari e l’avvocatura acuisce sempre di più le inadeguatezze strutturali e funzionali degli uffici giudiziari. Ricordo a me stessa, che gli uffici giudiziari sono retti ancora da magistrati. Ricordo a me stessa che quando, per esempio, viene disposto un ordine di servizio di trasferimento di personale amministrativo, lo stesso viene firmato sia dal Presidente del Tribunale e sia (e vorrei ben vedere se fosse il contrario) dal dirigente amministrativo.
Ricordo a me stessa che la sinergia tra un’avvocatura consapevole del proprio ruolo e dei propri obiettivi impone il rispetto delle proprie esigenze, con rappresentanze in grado di porsi anche in contrasto con le altre rappresentanze, pur di rivendicare la tutela delle proprie posizioni. Ricordo a me stessa il ruolo forte di un’avvocatura, in grado di contrastare e dialogare nel confronto serrato con la magistratura, quella giudicante e quella amministrativa…perché anche di questo si tratta ma sempre nel rispetto dei ruoli e competenze.
Ricordo purtroppo a me stessa, che pur di mantenere l’equilibrio tra poteri e le garanzie legate a ciascuno di essi, a ciascuno dei poteri che reggono i settori coinvolti, nessuno pesta i piedi all’altro.
L’unico equilibratore al potere della magistratura all’interno della giurisdizione è dato dall’avvocatura…dovremmo adoperarci in tal senso…
Concetto nobile, concetto sostanziale ma inadeguato al sistema, dove tutto è da rivedere, perché non c’è avvocatura in grado, oggi, di porsi come fermo baluardo a tutela del rispetto della legge e dei principi costituzionali che possa addirittura avere un ruolo da protagonista e equilibratore nella giurisdizione.
Forse abbiamo bisogno di veri tavoli tecnici tra tutte le rappresentanze dei settori coinvolti. Forse dovremmo dialogare anche con il settore intermedio, i sindacati dei lavoratori, per evitare che tutto si
risolva in cinguettii amorosi tra altre rappresentanze. Che ci siano, tutte, le rappresentanze, intorno al tavolo della ripartenza. Abbandoniamo riverenza e sudditanza.
Sorrido e me lo auguro…
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