Anno: XXVI - Numero 82    
Giovedì 24 Aprile 2025 ore 13:45
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La recessione democratica

Di fronte all’affermazione dei regimi autocratici, i sistemi democratici si trovano in difficoltà per la lentezza delle decisioni e così prende il largo l’idea “dell’uomo solo al comando” ma la sua maglia non è quella biancoceleste e il suo nome non è Fausto Coppi.

La recessione democratica

Facciamo allora due esempi per capirci.

Il decreto sicurezza dell’11 aprile 2025, n. 48, in pari data pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 85, rappresenta il primo esempio.

A prescindere dal merito, sul quale ciascuno può legittimamente avere le sue idee, il metodo è significativo del cambiamento in atto.

Già il trasformare un disegno di legge in un decreto legge per superare le lungaggini dell’iter parlamentare, è la cartina di tornasole della recessione democratica in atto.

È notizia di oggi che 257 giuspubblicisti di tutte le Università italiane, hanno lanciato un appello pubblico in cui invitano gli organi di garanzia a tenere alta l’attenzione.

Ma se gli organi di garanzia vengono “silenziosamente silenziati”, dove finiremo?

Ed eccoci al secondo esempio che riguarda, in particolare, l’avvocatura italiana.

Il Centro studi del Cnf – Consiglio Nazionale Forense – ha elaborato una bozza di riforma dell’ordinamento professionale forense che intende trasmettere rapidamente al Parlamento per la sua approvazione bypassando il Congresso nazionale forense, in programma a Torino dal 16 al 18 ottobre 2025.

Il Congresso dovrebbe essere la sede più adatta per l’avvocatura italiana per discutere della riforma dell’ordinamento professionale forense, ma anche in questo caso si preferisce evitare le lungaggini congressuali.

Ed è significativo che solo 2 Consigli dell’Ordine, Bergamo e Firenze, su 166, mi pare, sin qui abbiano deciso di disertare la riunione dell’Agorà dei Presidenti degli Ordini indetta dal Consiglio Nazionale Forense per il 29 aprile 2025.

Ma gli avvocati che dicono?

Per lo più non sanno nulla di cosa sta accadendo.

Unica certezza l’aumento da 2 a 3 dei mandati, sia pure ridotti da 4 a 3 anni.

Quella che la Suprema Corte di cassazione aveva definito “fenomeni di sclerotizzazione nelle relative compagini, potenzialmente nocivi per un corretto svolgimento delle funzioni di rappresentanza degli interessi degli iscritti” (Cass. Sez. Unite, 32781/2018) passa in naftalina.

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