La responsabilità dei Ministeri vigilanti per il mancato invio del regolamento investimenti in Gazzetta Ufficiale
Il Presidente della Covip, nella recente audizione presso la Commissione Bicamerale di Controllo degli Enti Previdenziali, ha rilevato che le Casse di Previdenza dei professionisti risultano essere oggi «gli unici investitori istituzionali affrancati da una regolamentazione unitaria in materia
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La storia è presto raccontata.
Il legislatore ha espresso la chiara volontà di regolamentare la materia degli investimenti delle Casse professionali demandando il compito alla normativa secondaria, fonte maggiormente flessibile rispetto allo strumento legislativo. Più puntualmente, l’art. 14, comma 3, d.l. n. 98/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 111/2011, ha previsto che, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e sentita la COVIP, dettasse disposizioni in materia d’investimento delle risorse finanziarie degli Enti previdenziali, dei conflitti d’interessi e di Banca depositaria. Tutto l’iter di approvazione del regolamento ministeriale è stato da tempo completato ma il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha mai inviato il Regolamento investimenti in Gazzetta Ufficiale per la sua pubblicazione. In questo grave ritardo il Ministero del Lavoro non ha alcuna responsabilità, avendo più volte sollecitato la pubblicazione del Regolamento investimenti. Un tanto lo si ricava, in maniera inequivocabile, dall’audizione del D.G. dott.ssa Concetta Ferrari alla Bicamerale nella seduta n. 73 di giovedì 21.09.2017 dove si può leggere che «il legislatore ha dato un input al Ministero dell’Economia, di concerto con il Ministero del Lavoro, affinché venisse fuori il decreto investimenti. Mai gestazione è stata tanto lunga. Dopo l’interlocuzione con il Ministero del Lavoro e addirittura la richiesta all’Avvocatura e, dunque al Consiglio di Stato e, dunque, all’ANAC, manca – non voglio essere irriverente – l’aspetto curiale. Lo mandiamo in Vaticano per la bolla papale. Credo che ormai veramente abbiamo passato tutti i livelli di controllo o i livelli per completare quell’assetto normativo. Eppure il decreto investimenti non c’è». In buona sostanza il Ministero dell’Economia dal 2011 in poi ha consentito alle Casse di Previdenza dei professionisti di amministrare un patrimonio, pari a oggi a circa 85 miliardi, senza regole cogenti e per lo più in gestione diretta. In questi anni ci sono stati esempi di malagestio con danni cagionati agli iscritti, obbligati a esserlo per legge. Credo che di questi danni il Ministero dell’Economia dovrà prima o poi rispondere dal punto di vista quantomeno della responsabilità per culpa in vigilando. L’istituto della culpa in eligendo ed in vigilando pone tale responsabilità fuori dal rapporto che lega il danno (quale conseguenza diretta) all’atto amministrativo, per il tramite del nesso di causalità. «Tali forme di responsabilità si riferiscono entrambe ad un vizio afferente al corretto rapporto tra persona giuridica pubblica e soggetto che per essa agisce, stante il rapporto organico, e dell’agire del quale l’amministrazione è chiamata a rispondere non già perché responsabile delle conseguenze lesive dell’atto adottato, non essendo ad essa imputabili eventuali effetti derivanti dall’attività o comportamento penalmente illecito, stante l’intervenuta cesura del rapporto organico (il che, ove al contrario fosse, comporterebbe una responsabilità risarcitoria in solido con l’autore del fatto-reato), quanto una responsabilità distinta, fondata su elementi diversi: non già sull’azione o omissione illecita causativa di danno, quanto su un (distinto) comportamento cui si sarebbe stati tenuti e che, in difetto, determina una (distinta) responsabilità. La responsabilità accertata dal giudice penale, dunque, non discende dall’atto amministrativo adottato, ma da un suo più generale comportamento negligente, dal quale si afferma essere derivato un danno al privato. Ma tale affermazione di responsabilità consegue alla individuazione di un danno che, lungi dal discendere come conseguenza diretta da un provvedimento amministrativo lesivo di interessi legittimi (o dalla mancata o ritardata adozione di tale atto), con ciò radicando la giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., SSUU, n. 1162/2015), discende invece dall’accertamento di un generale comportamento negligente e/o omissivo della pubblica amministrazione in sede di controllo sugli organi, lesivo del principio del neminem ledere, e del tutto prescindente dall’esercizio di un potere amministrativo ovvero dal mancato esercizio di un potere amministrativo obbligatorio (ex art. 30, comma 2) concretizzantesi (o meno) in una adozione di provvedimento amministrativo illegittimo» (Cons. St., 1808/2016, cit.) (TAR Lecce 17 marzo 2017, n.444). Culpa in vigilando e culpa in eligendo. A titolo esemplificativo, colpa relativa a condotte materiali non connesse all’emanazione di un provvedimento sarebbe la culpa in vigilando o in eligendo ravvisabile in capo ai componenti degli organi amministrativi. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1808/2016 ha infatti affermato che «Nella ipotesi della culpa in eligendo o in vigilando, è del tutto evidente che la responsabilità attribuita all’amministrazione non discende dalla illegittimità dell’atto adottato, ma attiene al più generale comportamento del funzionario (legato da rapporto di servizio o di ufficio), il cui comportamento illecito eventualmente causativo di danno a privati, pur svoltosi in cesura di rapporto organico (proprio perché penalmente illecito), avrebbe tuttavia potuto essere evitato attraverso un diligente esercizio del potere di scelta (recte: di preposizione organica), ovvero di vigilanza sull’operato del medesimo funzionario». Sempre la dott.ssa Concetta Ferrari, D.G. del Ministero del Lavoro, nel recentissimo Festival dell’Economia a Milano ha dichiarato che: «A settembre sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto che scorpora la Casse dall’elenco Istat, finalmente si potrà superare la deriva che il mondo della previdenza privata ha imboccato». Non ci resta quindi che attendere settembre per vedere cosa ci riserverà il futuro in questa delicatissima materia.
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