Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
Resta aggiornato:

Home » La riforma delle pensioni del Governo Meloni

La riforma delle pensioni del Governo Meloni

Il Ministro del Lavoro, recentemente, ha dichiarato che «con il Presidente Meloni si lavora per riconfermare alcuni interventi e valutare di introdurre altre forme di flessibilità in uscita, forme sostenibili, per poi intervenire con una riforma di sistema che possa mettere ordine. Un riordine complessivo e una riforma delle pensioni sarà necessaria, questo è un tema sul quale stiamo lavorando».

La riforma delle pensioni del Governo Meloni

La politica deve essere responsabile. Ce la faranno?

La riconferma di alcuni interventi vi è già stata con la legge di bilancio 2023. Quota 103, infatti, ha realizzato la forma di flessibilità in uscita, cioè una pensione anticipata in deroga rispetto ai requisiti della Legge Fornero. Vale a dire: 62 anni di età e 41 anni di contribuzione entro il 31.12.2023. Pensare ad altre forme di flessibilità in uscita, in questo momento, mi pare utopistico per mancanza delle risorse. Ora si aspetta la riforma di sistema che possa mettere ordine. Non è dato conoscere le direttive di manovra ma qualcosa si può imparare leggendo i programmi della coalizione di Governo che ho già trattato nel mio Incrocio tra il programma di governo sulle pensioni e la riforma di Cassa Forense del 16.12.2022.

Mi auguro che questo annunciato riordino di sistema possa interessare anche le Casse di previdenza dei professionisti e mi verrò spiegando. I fattori di crisi della previdenza, in generale, sono i seguenti:

  • Allungamento vita media (i professionisti vivono di più);
  • Riduzione del tasso di natalità;
  • Modifiche mercato del lavoro;
  • Frammentazione e iniquità del sistema previdenziale.

Questi fattori incidono sull’equilibrio finanziario del sistema con una crescita esponenziale della spesa pensionistica. Questi principi valgono anche per la previdenza dei Professionisti pur se, per scelta, hanno rinunciato agli interventi di Stato e quindi la situazione è più delicata. Nell’ambito del lavoro professionale siamo di fronte al progressivo deterioramento del rapporto attivi / pensionati. Questo determina un crescente saldo negativo tra entrate e uscite con la conseguenza che l’equilibrio, nel tempo, sarà garantito dal rendimento del patrimonio nel frattempo accumulato. E se questo è vero, com’è vero, si passerà, di fatto, dal sistema a ripartizione al sistema a capitalizzazione, senza la garanzia finale dello Stato. Alla luce di tali considerazioni, ritengo che la riforma di sistema, debba interessare anche le Casse di professionisti. Se i professionisti, come cittadini, sono tutti uguali, allora lo Stato dovrebbe garantire che gli investimenti fatti dalle singole Casse abbiano per tutti lo stesso rendimento, diversamente l’autonomia delle Casse negli investimenti verrebbe a penalizzare gli iscritti ad una Cassa che porti a casa rendimenti inferiori, per i più svariati motivi. Le Casse, nella gestione del loro patrimonio, conseguono rendimenti diversi come evidenziato nell’ultima relazione della COVIP.

La COVIP ha perfezionato un manuale per l’accertamento di tutti i dati di interesse. «Le survey previste dal Manuale sono quattro: segnalazioni strutturali, aventi ad oggetto informazioni sulle caratteristiche anagrafiche e strutturali dell’ente previdenziale, dei mandati di gestione e dei depositari, con periodicità di inoltro una tantum ovvero a evento; segnalazioni periodiche aggregate, con dati sulla composizione delle attività e passività e con periodicità di trasmissione annuale; segnalazioni periodiche di bilancio, con dati di bilancio sintetici inclusa la redditività e con periodicità di inoltro annuale; segnalazioni periodiche a livello di singolo strumento di investimento, con dati su consistenze e transazioni e con periodicità di trasmissione annuale».

Senza considerare che l’aumento della patrimonializzazione pone seri problemi di redditività e di mantenimento dei valori reali come correttamente evidenziato anche da Itinerari previdenziali nel suo ultimo Report sulla Previdenza.

Postulato che i professionisti, come cittadini, hanno gli stessi diritti, ivi compresi quelli previdenziali obbligatori, mi pare evidente che la diversità dei rendimenti conseguiti dalle Casse, crei una situazione di disparità tra i professionisti, soprattutto se consideriamo che, nel proseguo del tempo, la sostenibilità delle Casse dipenderà più dal rendimento del patrimonio che dalla contribuzione incassata. Disparità che può essere risolta, a mio avviso, solo dallo Stato attraverso l’emissione di un Bond dedicato alle Casse alle quali garantire il rendimento richiesto dai rispettivi bilanci tecnici. Non vi osta, come ho già illustrato nel mio precedente intervento Le casse di previdenza e il rischio sistematico del 06.12.2022, la legislazione europea.

Mi rendo conto che questa soluzione farebbe saltare l’attuale sistema e vedrebbe la contrarietà dei vari management e della industria finanziaria, insieme alla politica che spesso guarda alle Casse come “bancomat”, ma garantirebbe un futuro pensionistico più sereno ai professionisti. Tutte le dissertazioni sulla autonomia delle Casse, (c’è un’ingerenza sempre più forte del diritto privato nel diritto pubblico. Si sta mettendo in dubbio la riforma lungimirante del ‘93 e l’autonomia delle casse. Un noto studioso francese, Thomas Perroud, ha scritto un articolo illustrando il progressivo svuotamento dello Stato e del diritto pubblico, perché il diritto privato governa sempre di più l’azione pubblica, e occorre quindi ripensare il diritto privato come un diritto comune all’azione pubblica. Di una tendenza di questo tipo si era reso conto il legislatore nel 1993 – 1994, compiendo la riforma delle Casse. In un quarto di secolo si stanno lentamente mettendo in dubbio i benefici di quella lungimirante riforma». Così il professore emerito, già giudice della Corte costituzionale e ministro per la funzione pubblica nel Governo Ciampi, Sabino Cassese, durante una lezione a Roma all’interno di un seminario dell’Adepp (Associazione degli Enti di previdenza privati) dal titolo «Autonomia delle Casse di previdenza al servizio delle professioni per il Paese».) in questa ottica, a me sembrano solo una cortina fumogena, per non affrontare i problemi reali, uno su tutti, l’affermazione che la previdenza obbligatoria, nel regime di finanziamento a ripartizione, non può dipendere dai mercati finanziari, scaricando il rischio degli investimenti sugli iscritti. Vedremo se “il riordino complessivo” terrà conto di questi temi. Mi piacerebbe che la politica se ne occupasse “funditus” come si dice.

Basterebbe porsi una domanda semplice semplice: a chi giova l’attuale sistema? Ai professionisti o ai vari management, industria, finanziaria e politica?

Le uscite dei politici alla presentazione del rapporto Adepp mi hanno lasciato “basito” perché non vedo discontinuità con il passato. Il riordino, a mio giudizio, deve interessare l’intero comparto cosi descritto dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali:  «L’art. 38 della Costituzione italiana prevede che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato”. Su tale previsione costituzionale si fonda il sistema delle assicurazioni sociali obbligatorie, il cui scopo è quello di predisporre una tutela rivolta sia ai lavoratori subordinati, sia ai produttori di redditi da lavoro autonomo e libero professionale, ovvero ai loro superstiti, nel momento in cui sorge il bisogno di disporre di mezzi adeguati per far fronte a eventi come la vecchiaia, l’invalidità, la malattia, la disoccupazione involontaria e l’infortunio, ovvero la morte. Nel sistema vigente, la gestione delle forme di previdenza obbligatoria (primo pilastro) è affidata, da una parte, a un ente pubblico, l’Inps, che assicura la maggior parte dei lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico e i collaboratori; dall’altra, agli Enti di previdenza dei liberi professionisti (Casse Geometri, Ingegneri e Architetti, Forense, Medici, Veterinari, Notariato, Dottori commercialisti, Ragionieri e periti commerciali, Farmacisti, Consulenti del lavoro, Impiegati dell’Agricoltura, Fasc, Enasarco, Inpgi E Onaosi), già enti pubblici, che hanno deliberato la propria trasformazione in enti con personalità giuridica di diritto privato, ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, mantenendo tuttavia la finalità pubblica. A tali enti, si sono aggiunti altri enti di previdenza di diritto privato dei liberi professionisti di nuova istituzione, ai sensi del Decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (Enpab, Enpap, Eppi, Epap, Enpapi, Gestione separata Enpaia e Gestione separata Inpgi), anch’essi con finalità pubblica».

Tratto da Diritto & Giustizia

 

© Riproduzione riservata

Iscriviti alla newsletter!Ricevi gli aggiornamenti settimanali delle notizie più importanti tra cui: articoli, video, eventi, corsi di formazione e libri inerenti la tua professione.

ISCRIVITI

Altre Notizie della sezione

Archivio sezione

Commenti


×

Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.