La sconfitta
Ovvero quello che Cecchettin ha capito della giustizia e della democrazia.
In evidenza
È strabiliante la capacità di Gino Cecchettin di continuare a pensare, a dire le cose giuste. Dopo la sentenza di condanna all’ergastolo per Filippo Turetta, l’assassino di sua figlia Giulia, ha pronunciato una frase di altissima precisione: abbiamo perso tutti. Quando un processo si conclude con una condanna – non soltanto un processo per femminicidio, qualsiasi processo – è sempre una sconfitta per tutti. Le democrazie liberali sono fondate su un patto sociale fra uguali che si danno regole di buona convivenza. Quando qualcuno di noi infrange quelle regole, dichiara rotto il patto sociale e la democrazia viene rifiutata, smette di funzionare, non ha funzionato come ci si augurava. Una sconfitta per tutti. Può sembrare una sofisticheria, e invece è concretezza massima e Cecchettin lo ha capito nella concretezza della carne ammazzata di sua figlia. Dov’è la vittoria alla fine di questo processo? Sì, è stata fatta giustizia, è qualcosa, ma è una giustizia effimera perché una sentenza giusta non c’è – anche queste sono parole di Cecchettin – e non c’è perché qualsiasi decisione è insufficiente. Non c’è giustizia davanti alla morte di una ragazza per mano assassina. Ecco la nostra sconfitta, doppia, irrimediabile. E quando penso all’emozione fanciullesca di Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, davanti a non so quale mezzo adibito al trasporto dei mafiosi, per lui simbolo della vittoria dello Stato, e quando penso alle mille volte in cui qualcuno come lui, con ruoli istituzionali, ha esultato come se stesse giocando ai soldatini, penso a questa nostra democrazia, di quanto poco ha capito della democrazia.
di Mattia Feltri su Huffpost
Altre Notizie della sezione
Ciò che molti avvocati non capiscono
05 Febbraio 2025Vediamo quale è il problema.
Inutile starnazzare.
04 Febbraio 2025Lo scontro quotidiano piace alla pancia del paese ma lo porta alla rovina.
L’azzardo
03 Febbraio 2025Giorgia Meloni ha scelto la strada dell’“affondo”, come scrivono i giornali, nei confronti dei magistrati: “i giudici si candidino se vogliono governare” ha titolato il Corriere della Sera.