Anno: XXVI - Numero 56    
Giovedì 20 Marzo 2025 ore 13:45
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La situazione economica italiana vista dalla Corte dei conti

Il 19 marzo 2025 la Corte dei conti è stata audita dalla Commissione per il federalismo fiscale e ha rilasciato una relazione molto interessante.

La situazione economica italiana vista dalla Corte dei conti

«Il contesto in cui si sta lentamente sviluppando il completamento delle riforme presenta luci ed ombre. I dati di chiusura del 2024 ci restituiscono un tasso di crescita pari a 0,7 punti di PIL, superiore alle ultime previsioni, che lo attestavano sullo 0,5, ma inferiore all’1 per cento stimato dal Governo per la realizzazione della manovra di finanza pubblica. Si registra quindi un lieve ribasso della crescita prevista, sulla quale è stato determinato il Piano strutturale di bilancio a medio termine. La proiezione per gli anni 2025 e 2026 indica infatti una crescita pari, rispettivamente allo 0,8 e allo 0,9, inferiore all’1 per cento atteso, per entrambi gli anni, nel mese di ottobre 2024. Su questo quadro pesano gli eventi internazionali, caratterizzati da grande incertezza, che si riflette soprattutto sulle esportazioni. Le stime del FMI sul PIL 2025 e 2026 dell’Italia collocano la crescita rispettivamente allo 0,7 e allo 0,9 per cento, a fronte dell’1 per cento e dell’1,4 per cento dell’area euro per gli stessi anni.

L’inflazione, dopo la fiammata che ha caratterizzato il triennio 2021-2023 – con un gradino a doppia cifra, penalizzante per le famiglie e per gli enti locali che hanno una struttura rigida delle entrate – si è attestata stabilmente intorno all’obiettivo, a medio termine, del 2 per cento. Ciò ha indotto la BCE a proseguire nell’azione di riduzione dei tassi di interesse (quello sui depositi è del 2,5 per cento a febbraio 2025). Le dinamiche inflattive mostrano un andamento differenziato tra i vari paesi europei e l’Italia si colloca al disotto della media dell’area (1,7 per cento rispetto al 2,5 nel mese di gennaio 2025).

Tra il 2023 e il 2024, la pressione fiscale, per effetto dell’inflazione, è aumentata dal 41,4 al 42,6 per cento del prodotto. Difatti, l’aumento dei redditi nominali (in molti casi con un recupero solo parziale del potere di acquisto), in assenza di compensazione del fiscal drag, ha determinato il passaggio di molti lavoratori dipendenti allo scaglione dell’IRPEF più elevato.

Nel 2024 l’attività economica è stata “debolmente positiva” nella prima metà dell’anno e ha ristagnato nella seconda. La flessione della manifattura è stata compensata dalla crescita di servizi e costruzioni. I livelli di attività si collocano nel complesso al disopra della media dell’area euro e sei punti in più rispetto al periodo precedente la pandemia. Sebbene i consumi delle famiglie siano tornati a crescere, la propensione media al risparmio, indice di incertezza, rimane più alta. Gli investimenti mostrano un trend negativo per impianti, macchinari e abitazioni, mentre la componente non residenziale, legata ai progetti del PNRR, sta registrando una dinamica positiva. I Comuni, che gestiscono una parte significativa del Piano (40 miliardi), potrebbero risentire dell’aumento dei costi e della insufficienza di risorse correnti.

L’occupazione mostra segnali contrastanti: alla crescita del numero di persone occupate, non corrisponde quella delle ore lavorate pro capite. La dinamica delle retribuzioni ha parzialmente compensato la perdita dei salari reali causata dall’inflazione, ma resta un divario di oltre tre punti percentuali rispetto al 2021, soprattutto nella pubblica amministrazione.»

Sul tema specifico del federalismo fiscale , che poi andrà ad incidere sull’autonomia differenziata,  ha così concluso:

«Per garantire un funzionamento equilibrato del sistema autonomistico, come previsto dalla Costituzione, è fondamentale un modello di perequazione, che può essere realizzato su basi orizzontali o verticali. Attualmente, il sistema per gli enti locali si basa principalmente su un fondo di solidarietà comunale su base orizzontale, al quale si affianca una componente verticale rappresentata da risorse statali, che fino al 2020 ha avuto un impatto limitato. Nel comparto comunale il sistema di perequazione prevede, al termine della transizione prevista per il 2030, un Fondo di solidarietà comunale basato esclusivamente sulla differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali standard, eliminando il tetto del 50% e il criterio storico. È auspicabile sviluppare la componente verticale per renderla più gestibile e meno divisiva. In tale direzione sembra muoversi la legge di bilancio 2025, che ha previsto un incremento del FSC a componente verticale. La perequazione è tendenzialmente integrale per i fabbisogni relativi ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali, mentre, per le funzioni finanziate tramite autonomia tributaria, riduce parzialmente i differenziali di capacità fiscale. È stato avviato un processo di revisione della metodologia per determinare i fabbisogni standard del Fondo di solidarietà comunale, con l’obiettivo di basarli su livelli di servizio standardizzati anziché su quelli storicamente forniti dai singoli enti. Nel 2019 è stata rivista la metodologia per calcolare i fabbisogni degli asili nido, stabilendo un livello minimo e massimo di copertura e nel 2020, quella per i servizi sociali, legando il fabbisogno standard di ciascun Comune ai livelli di servizio degli enti più virtuosi, considerando utenti e ore di assistenza. È stato previsto un meccanismo di monitoraggio per garantire che le risorse aggiuntive siano effettivamente utilizzate dai Comuni nei settori da potenziare, inizialmente limitato alla funzione dei servizi sociali. Questo sistema, attualmente basato in parte su indicatori finanziari, prevede che i Comuni restituiscano al Fondo di solidarietà comunale le risorse non impiegate nelle funzioni specifiche. Questo meccanismo aiuta a rafforzare il legame tra l’assegnazione delle risorse e i livelli di servizio standardizzati. Come già sottolineato, il PNRR avrà un impatto significativo sulla capacità degli enti territoriali di fornire servizi ai cittadini, migliorando le infrastrutture necessarie per le loro funzioni e riducendo le disuguaglianze tra enti e territori lungo un percorso di convergenza. Molte delle linee di investimento del PNRR coinvolgono direttamente le autonomie territoriali, in particolare nei settori di loro competenza, come sanità e servizi sociali. Tuttavia, il successo del Piano dipenderà dalla capacità degli enti locali di sviluppare progetti adeguati e dalle Amministrazioni centrali nel gestire l’allocazione dei fondi tramite bandi pubblici, in modo allineato agli obiettivi del PNRR. Per ridurre i divari territoriali, è anche necessario un coordinamento tra strumenti e fondi come il PNRR, il nuovo Fondo per la perequazione infrastrutturale e i programmi di coesione nazionali ed europei, al fine di garantire un utilizzo efficace delle risorse. Nel settore dei Comuni, nell’ambito della riforma del federalismo fiscale sono state riconosciute risorse aggiuntive, creando opportunità per migliorare i servizi nei Comuni in ritardo senza penalizzare quelli già efficienti. Gli investimenti infrastrutturali del PNRR potrebbero contribuire a ridurre i divari, garantendo servizi essenziali per tutti i cittadini. Sarebbe anche necessario attuare – come previsto dall’art. 22 della legge delega n. 42 del 2009 – una perequazione infrastrutturale. Recentemente, il c.d. Decreto Coesione (d.l. n. 60 del 2024) ha previsto la creazione di un Fondo Perequativo per il Mezzogiorno, che necessita ancora dell’adozione di una normativa attuativa. Il Fondo Perequativo Infrastrutturale, dopo l’intervento della legge di bilancio 2024, è stato ridotto a 700 milioni di euro per il periodo 2027-2033. Affinché la dotazione del nuovo strumento possa realmente costituire un “pilastro portante” del federalismo, come previsto dalle intenzioni del legislatore del 2009, non dovrebbe subire lo stesso definanziamento che ha interessato il fondo infrastrutturale. A proposito degli investimenti infrastrutturali del PNRR, nella recente Relazione (deliberazione n. 4/SEZAUT/2025/FRG) della Sezione delle autonomie della Corte dei conti, sono stati evidenziati i progressi e le problematiche nella gestione finanziaria e nell’avanzamento dei progetti. Le opere più rilevanti sono gestite da Città metropolitane, Province e Regioni, mentre i Comuni realizzano più progetti con un costo medio inferiore. L’80% dei progetti riguarda i Comuni, ma il loro valore totale rappresenta il 60%. La relazione conferma le preoccupazioni sui tempi di completamento degli interventi, con una realizzazione ancora a livelli non elevati, il che potrebbe compromettere il rispetto delle scadenze del programma. Tra le problematiche emerse per l’attuazione dei progetti sono segnalate alcune criticità legate all’organizzazione interna degli enti, alla carenza di personale qualificato, e alle difficoltà nell’approvvigionamento di materiali. Ad esse si aggiungono fattori esogeni legati al contesto socioeconomico, ai cambiamenti normativi, al proliferare del contenzioso legale, ai ritardi nelle autorizzazioni, ai problemi nell’erogazione delle risorse.»

E’ notizia di oggi che è pronto il Ddl Calderoli-bis, per superare le obiezioni della Corte Costituzionale di cui alla sentenza 192/2024, con i criteri direttivi per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

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