Lectio magistralis e Lectio facilior
Dal prof Cassese a Paolo Rosa.
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«Secondo la Costituzione, la protezione sociale, di cui fa parte la previdenza, rientra tra i diritti dei cittadini, ma non è un compito affidato in via esclusiva ai poteri pubblici.
Anzi, la Costituzione valorizza i corpi intermedi e le formazioni sociali e ad essi affida la funzione della protezione sociale. Infatti, l’articolo 2 della Costituzione dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti dell’uomo anche nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità. L’articolo 38 dispone che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria” e aggiunge che “ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato”. Dunque, la disciplina costituzionale della protezione sociale non è di tipo statalistico e prevede che ad essa provvedano organi ed istituti non istituiti e gestiti dallo Stato, ma soltanto da esso “predisposti o integrati”. In attuazione di questa disposizione costituzionale, la legge 537/1993, articolo 1.33.4, dispone la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza, che non usufruiscono di finanziamenti pubblici o di altri ausili pubblici di carattere finanziario, e la loro trasformazione in associazioni o della fondazioni, con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile, ferme restandone le finalità istitutive e l’obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali essi risultano istituiti. La norma appena citata conteneva una delega al governo per adottare un decreto legislativo, che è stato approvato nel 1994 (numero 509)». (Fonte: Prof. Sabino Cassese, Lectio magistralis in Adepp del 21.giugno 2022).
Il Presidente di Inarcassa ha commentato così la lectio magistralis del prof. Sabino Cassese:
«Lo sa bene il prof. Cassese che, qualche settimana fa, ha ripercorso la storia legislativa della nostra privatizzazione mettendo in luce, una volta per tutte, i molteplici tentativi dello Stato di attrarre le Casse nel sistema pubblico, rosicchiandone l’autonomia per aggredirne i patrimoni, “costituiti con i contributi di privati professionisti e destinati a uno scopo specifico, senza incidere sui saldi di finanza pubblica”. Le Casse di previdenza – ha spiegato il giurista – sono tra gli esempi più significativi di quei corpi intermedi, come le fondazioni, le banche e le assicurazioni, il cui ruolo istituzionale e sociale è consacrato nei principi costituzionali. Come tali, avremmo dovuto essere sostenuti nella nostra autonomia, non osteggiati e ridimensionati come invece è avvenuto con gli interventi normativi degli ultimi trent’anni. Siamo stati ritenuti “organismi di diritto pubblico” senza tuttavia esserlo. E siamo stati assimilati alla pubblica amministrazione applicando, ad esempio, le norme sulla spending review e sulle procedure di evidenza pubblica. Come se non bastasse, ora rischia di aggiungersi il nuovo Regolamento sugli Investimenti, che il prof. Cassese ha definito “pericoloso” poiché, non tenendo conto della specificità dei singoli enti, potrebbe compromettere l’efficienza gestionale a esclusivo beneficio di una traboccante e tentacolare burocrazia capace solo di generare immobilismo». (Fonte: Attrazione fatale di Giuseppe Santoro, Inarcassa)
Fatta questa premessa, si assume da una certa parte della dottrina che lo Stato non potrà interferire nell’autonomia finanziaria e gestionale delle Casse di previdenza, costituzionalmente garantite dai principi costituzionali di cui agli artt. 2 e 38 (Fonte: Adepp – Luiss, Le Casse di previdenza tra autonomie e responsabilità a cura di Federico Merola, Matteo Caroli, Christian Iaione e Paola Fersini).
Io credo, in questa mia lectio facilior, che lo Stato, attraverso i suoi organismi di vigilanza, si sia reso conto che le Casse di previdenza dei professionisti hanno un problema di sostenibilità di lungo periodo e che tutti gli interventi di “ripubblicizzazione”, secondo la lectio magistralis del prof. Sabino Cassese, siano diretti ad arginare un fenomeno che sta sfuggendo di mano e che porterà nel breve periodo alla volatilità delle pensioni dei professionisti italiani perché, tra 15 – 20 anni il saldo previdenziale, e cioè la differenza tra entrate contributive e uscite per pensioni, sarà negativo con la conseguenza, stigmatizzata anche dalla Corte dei Conti, che le pensioni dipenderanno, più che dai contributi, dal rendimento del patrimonio, nel frattempo accumulato, ottenuto sui mercati finanziari.
Il prof. Salvatore Villani, ricercatore di scienza delle finanze, all’Università di Napoli, Federico II, nel suo pregevole lavoro “Sulla sostenibilità finanziaria del sistema delle Casse professionali a distanza di un decennio dalla riforma Monti – Fornero. Cosa possiamo imparare dal sistema previdenziale dei notai” ha affrontato il tema concludendo che “molti altri enti hanno evidenziato profondi squilibri o hanno fatto segnare saldi previdenziali negativi e per periodi prolungati. Pochissime Casse hanno presentato, invece, saldi positivi per tutto il periodo di osservazione considerato nelle proiezioni”.
Per altro verso il prof. Alessandro Trudda, nel Quaderno n. 1/2023, Cassa dottori commercialisti: analisi della stabilità finanziaria, studiando il funding ratio, indicatore che misura la percentuale di copertura dell’esposizione debitoria complessiva, maturata e maturanda, tra le righe, mi pare suggerisca di applicare questo indicatore a tutte le Casse del 509/1994.
Mentre il prof. Sabino Cassese ha invitato l’Adepp a fare sentire forte la propria voce per recuperare la piena autonomia che fu appositamente “disegnata per loro dal legislatore”, io, più modestamente, sono ad invitare le Casse del 509/1994 ad affrontare, con la dovuta lungimiranza, il problema della volatilità delle pensioni, prima che esploda una bomba sociale CHE COSTRINGEREBBE LO STATO alla socializzazione delle perdite.
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