L’interprete di lingua dei segni: una professione in via di definizione
Questa figura professionale strettamente legata ai servizi linguistici è quella che, per intenderci, traduce in simultanea dalla lingua italiana alla lingua dei segni laddove nell’evento siano coinvolte una o più persone sorde
In Italia molti professionisti nel campo del notariato, in ambito sanitario, giuridico o dei pubblici servizi, avranno sicuramente avuto occasione di vedere all’opera almeno una volta un interprete di lingua dei segni.
A questo proposito vale la pena fare una premessa: essendo le persone sorde portatrici di handicap, spesso la figura professionale dell’interprete di lingua dei segni subisce l’equivoco di venire scambiata per una professione di aiuto, erogatrice di un servizio socio-assistenziale più che incaricata di un servizio puramente linguistico, ruolo che invece caratterizza questa professione al pari degli interpreti di lingue vocali, seppur con specificità legate alla lingua e cultura delle persone sorde che utilizzano la LIS.
L’emergere di questa professione in Italia coincide con i primi studi linguistici sulla Lingua dei Segni italiana effettuati dal Cnr e da Virginia Volterra, culminati con la pubblicazione del primo testo di riferimento a livello nazionale nel 1987.
Con il passare del tempo, alla consapevolezza di trovarsi di fronte ad una lingua naturale vera e propria, benché veicolata attraverso il canale visivo gestuale anziché quello acustico-vocale, ha corrisposto la sempre maggiore professionalizzazione degli interpreti; sempre nel 1987 vengono fondate le due associazioni di categoria professionale tuttora rappresentative a livello nazionale, ANIOS e ANIMU, iscritte nell’elenco del Ministero dello sviluppo economico ai sensi della Legge 4/2013.
Pur rientrando nel quadro delle professioni non organizzate in albi o collegi, regolamentato dalla legge 14 gennaio 2013 n°4, allo stato attuale la professione di interprete LIS è ancora caratterizzata da un vuoto normativo che ostacola l’istituzione di un iter formativo standardizzato a livello nazionale e di un riconoscimento sul piano formale che vada al di là della menzione in alcune fonti giuridiche: l’interprete di lingua dei segni viene citato ad oggi solamente nella legge notarile 89/1913, art.56 e 57, nel Codice di Procedura Penale all’art.119, comma 2 e nella legge 104/92 all’art. 13, comma 1/d.
Diversa è la situazione al di fuori del territorio nazionale; nel resto d’Europa e nel mondo gli studi sulle rispettive lingue dei segni e il loro riconoscimento da parte dei governi dei vari paesi hanno avuto inizio molto prima che in Italia, con una ricaduta positiva sul riconoscimento e lo sviluppo della figura dell’interprete di lingua dei segni.
Addentrandoci nello specifico del lavoro svolto dall’interprete di lingua dei segni, lo vediamo operare in diversi ambiti: da quello notarile nell’interpretazione di atti, a quello sanitario durante visite mediche o procedure intra ospedaliere, a quello giuridico durante colloqui con i legali, procedimenti civili e penali o operazioni di polizia giudiziaria, oltre che nelle aule dei gradi di istruzione superiore laddove vi siano studenti sordi; si tratta, in effetti, di una professione trasversale a molte altre.
Naturalmente, l’interprete di lingua dei segni lavora anche in ambito di conferenza, durante congressi, convegni, assemblee e corsi di formazione per adulti. È importante ricordare che lavorare in un contesto ove la comunicazione sia tradotta implica un adattamento delle comuni prassi comunicative; fortunatamente, l’associazione di categoria professionale rappresenta un valido punto di riferimento qualora il professionista di qualsiasi campo necessitasse informazioni e delucidazioni su cosa comporti lavorare con un interprete di lingua dei segni e quali siano gli aspetti pragmatici e le strategie per rendere tale collaborazione più efficace.
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