Lobbismo e corruzione
La vicenda “Toti” sta dando la stura ad un processo sommario che non è espressione di uno stato di diritto fondato sulla presunzione d’innocenza, sino a sentenza definitiva.

Una cosa sono le valutazioni di opportunità politica e altra quelle giuridiche.
Quanti hanno letto le 650 pagine dell’ordinanza e le migliaia di documenti allegati?
Il lobbismo non è sinonimo di corruzione.
Il problema è che l’attività di lobbying in Italia, a differenza della UE e degli USA, non è regolamentata e quindi non è trasparente, quando la trasparenza è uno degli antidoti più efficaci alla corruzione.
Il Parlamento europeo, infatti, è impegnato a promuovere la trasparenza e l’etica nell’ambito delle attività di lobbismo. Insieme al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea, il Parlamento utilizza un registro comune per la trasparenza onde controllare le attività dei rappresentanti di interessi. I deputati pubblicano inoltre informazioni sui loro contatti con i gruppi d’interesse.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 06.12.2004, n. 379, ha riconosciuto che le azioni di influenza (lobbismo) condotte verso i decisori pubblici non sono dirette ad espropriare dei loro poteri gli organi legislativi o ad ostacolare, o ritardare l’attività della Pubblica Amministrazione, ma mirano a migliorare e a rendere più trasparenti le procedure di raccordo degli organismi rappresentativi con i soggetti più interessati alle diverse politiche pubbliche.
Il Magistrato Piercamillo Davigo ha fornito un esempio chiarissimo, e alla portata di tutti, per distinguere l’attività di lobbying dalla corruzione.
L’esempio è questo: chi costruisce treni ha interesse a che il decisore politico privilegi la mobilità su rotaia piuttosto che quella su gomma e, in questo senso, è lecita l’attività di lobbying; se però tale attività è diretta a far acquistare dalla Pubblica Amministrazione il suo treno, rispetto ad altri treni, allora si ha corruzione.
L’inflazione normativa e le incertezze giurisprudenziali creano un campo grigio in cui si può annidare la corruzione.
Le regole inutili, com’è noto, tolgono forza a quelle necessarie.
Lasciamo che la Magistratura faccia il suo corso.
In tema di valutazione della prova, rispetto ai contenuti delle intercettazioni telefoniche o degli SMS, il Giudice del merito deve motivare circa i criteri adottati per attribuirne un significato piuttosto che un altro: l’iter motivazionale è censurabile in Cassazione solo ove si ponga al di fuori delle regole della logica e della comune esperienza, mentre è possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal Giudice della cognizione, solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale (Cass. penale, Sezione II, 08.05.2024, n. 18119).
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