Niente ipocrisie, la Corte costituzionale è un giudice politico.
Sbaglia chiunque eviti di ricercare l’intesa sia della maggioranza o dell’opposizione.
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Il dibattito di questi giorni intorno alla riunione del Parlamento in seduta comune, chiamato ad eleggere il giudice costituzionale mancante, conferma quello che tutti sanno e percepiscono, la natura politica della Corte costituzionale, evidente nella sua composizione se su quindici giudici dieci sono eletti o nominati da personalità politiche, tanto i cinque di competenza del Parlamento quanto i cinque nominati dal Capo dello Stato. Ed anche la polemica intorno a Francesco Saverio Marini che si vuole sia incompatibile in quanto consulente giuridico del Presidente del consiglio e quindi autore di alcune iniziative legislative, come quella sul cosiddetto “premierato”, trascura casi precedenti ben più clamorosi di personalità politiche chiamate a svolgere funzioni di giudice della Consulta.
In primo luogo, Giuliano Amato, già Presidente del consiglio, più volte ministro, esponente di primo piano del Partito Socialista, quindi chiamato a giudicare in quella sede norme che molto probabilmente saranno state approvate da parlamentari del suo partito o comunque della sua area politica.
Pochi, inoltre, hanno osservato come i Presidenti della Corte costituzionale, presentando le relazioni con le quali danno conto dell’attività svolta nel corso dell’anno, abbiano sistematicamente manifestato idee nettamente politiche, come quelle di sollecitare le Camere a fare delle leggi, dimenticando che il Parlamento è sovrano e decide di fare o di non fare perché questa è la scelta della politica e il giudice delle leggi, che deve verificare la coerenza di una norma ai princìpi della Costituzione, ha solo questo compito e non quello di richiamare il Parlamento a legiferare in un certo modo o su una determinata materia.
Ci siamo abituati ad ascoltare di queste cose davanti ai Presidenti di Camera e Senato e al Presidente della Repubblica senza che nessuno di questi tre signori si sia alzato per dire al Presidente della Corte di stare al suo posto.
La polemica quindi su Francesco Saverio Marini, giurista illustre, è assolutamente fuor di luogo perché deve intendersi che queste personalità una volta elette, come ha detto la Corte costituzionale a proposito delle nomine governative al Consiglio di Stato e alla Corte dei conti, perdono il collegamento con la loro pregressa posizione istituzionale per diventare giudici indipendenti. Se poi questa viene ritenuta una ipocrisia allora dobbiamo giungere alla conclusione che la Corte costituzionale deve essere composta esclusivamente di Giudici provenienti dalle magistrature superiori oppure deve essere abolita e il giudizio di costituzionalità, come accade in altri ordinamenti, deve essere rimesso alla prudente valutazione dei giudici delle Corti Supreme, come la Corte di Cassazione.
Se il sistema attuale rimane, e certamente rimarrà, è bene che i partiti trovino una ragionevole intesa intorno a personalità che, pur in qualche modo di area, siano identificabili per la loro indipendenza, per la loro cultura giuridica e per il loro equilibrio che è una virtù della quale poco si parla ma che invece è naturalmente connaturata all’esercizio di funzioni giurisdizionali.
Lasciare la Corte per troppo tempo, quasi un anno in questa occasione, priva di uno dei giudici, in un collegio tutto sommato ristretto, è un fatto gravissimo che denota incapacità della maggioranza e dell’opposizione di dialogare sine ira ac studio su un tema fondamentale riconoscendo che occorre, in considerazione dei numeri che servono per l’elezione di un giudice, una congiunta valutazione dei possibili candidati.
di Salvatore Sfrecola
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