Perché Forza Italia vuol ridurre i poteri della Corte dei conti?
Lettera aperta al Segretario Nazionale Antonio Tajani.
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Mi permetta il tono confidenziale. Sulle prime pensavo di darLe del Tu in ragione dell’antica, sincera amicizia maturata nella giovanile condivisione di valori liberali di matrice risorgimentale nei quali siamo cresciuti, anche per tradizioni familiari.
Ciò che vuol dire anche che ci appartiene il rispetto delle istituzioni, della loro storia, dell’attualità del loro ruolo. Le scrivo, perciò, nella Sua veste di Segretario Nazionale di Forza Italia che questi valori proclama in un modo che crediamo non sia solamente un richiamo alla ricerca del consenso dei cittadini onesti, ma sia effettivamente e quotidianamente coltivato nelle aule del Parlamento.
Pertanto, mi ha sinceramente stupito e addolorato leggere su “Il Fatto Quotidiano” che alcuni parlamentari del Suo partito, gli onorevoli Pietro Pittalis e Tommaso Calderone, di seguito ad una iniziativa del Capogruppo di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti, diretta a limitare i poteri di controllo e la funzione giurisdizionale della Corte dei conti, “stanno studiando un pacchetto di emendamenti per cambiare la norma in senso ancora più restrittivo: un emendamento avrà l’obiettivo di chiudere tutte le procure regionali della Corte dei conti lasciando solo quella centrale a livello nazionale”.
È chiaro l’intento di depotenziare l’azione di danno erariale che nell’ordinamento ha la duplice funzione, come ha sottolineato ancora una volta solo pochi giorni fa la Corte costituzionale (sentenza n. 132 del 16 luglio), “da un lato, quella di tenere ferma la funzione deterrente della responsabilità, al fine di scoraggiare i comportamenti dei funzionari che pregiudichino il buon andamento della pubblica amministrazione e gli interessi degli amministrati; dall’altro, quella di evitare che il rischio dell’attività amministrativa sia percepito dall’agente pubblico come talmente elevato da fungere da disincentivo all’azione, pregiudicando, anche in questo caso, il buon andamento”. Questo, specifica la Consulta, è il compito del legislatore, pur “nell’esercizio della discrezionalità ad esso spettante”. È una indicazione che un politico preoccupato degli interessi del cittadino contribuente dovrebbe tenere presenti.
Segnalo che le Sezioni giurisdizionali regionali e le Procure, istituite presso di esse, sono state create nel 1993 con una serie di decreti-legge, l’ultimo dei quali è stato convertito dalla legge n. 19 del 1994 alla quale è seguita la legge n. 20 che reca un articolo sulla giurisdizione di responsabilità ed altri sui controlli.
Fu una battaglia lunga, condotta dai magistrati della Corte dei conti e dall’Associazione che li rappresenta, la quale ha trovato la condivisione di larghi strati del Parlamento, maturata sulla base dell’esperienza che l’esercizio della giurisdizione per danno agli interessi finanziari e patrimoniali dello Stato e degli enti pubblici, è tanto più efficace se svolto nel territorio nel quale sono accaduti i fatti che vengono ritenuti fonte di pregiudizio erariale.
Ebbene, in precedenza l’attività investigativa e quella giudicante venivano svolte a Roma. Quindi nulla di nuovo sotto il sole. Ma devo dirle, caro Presidente Tajani, che, avendo svolto funzioni di Vice Procuratore Generale quando la giurisdizione era accentrata, a volte avevo trovato difficoltà nell’attività istruttoria perché dovevo richiedere accertamenti agli organi di polizia giudiziaria, in particolare allo speciale nucleo della Guardia di finanza per la tutela del danno erariale richiedendo acquisizioni documentali su fatti oggetto di denunce sempre circostanziate. Le indagini erano più lente, gli accertamenti più complessi. Ad esempio, non mi era sempre possibile un accertamento diretto sul posto spesso necessario per verificare la situazione dei luoghi. Perché è chiaro che, in alcuni casi, la visione degli ambienti, per esempio in caso di furto o danneggiamento di opere d’arte, è significativa ai fini della identificazione dei fatti e quindi delle eventuali responsabilità.
Devo dirLe sinceramente che mi lascia molto perplesso e collide con l’immagine di partito liberale, rispettoso delle regole costituzionali della legalità e del buon andamento dell’azione amministrativa, il fatto che Forza Italia, o, più correttamente, alcuni esponenti del partito intendano comprimere i poteri della Corte dei conti che è organo risalente nella storia d’Italia, presente negli Stati preunitari, attivo in forme diverse fin dai tempi dell’era moderna. Ma direi anche nell’antichità, come dimostra il famoso processo a Verre e l’arringa di Cicerone che contesta al Governatore della Sicilia sprechi di denaro pubblico che, allora come oggi, preoccupa i cittadini. Perché quel denaro, Onorevole Presidente, che gli amministratori e i funzionari dello Stato e degli enti pubblici gestiscono, proviene dalle tasche dei cittadini, indignati quando assistono a sprechi, e sperano che i partiti, che si dicono liberali, abbiano a cuore la gestione corretta delle risorse pubbliche e non si preoccupino solamente degli amministratori e dei funzionari quando ne sprecano, come nel caso di acquisti di beni ad un prezzo superiore al dovuto o inadatti all’esercizio della funzione o di lavori non realizzati a regola d’arte e nei tempi previsti eppure pagati a carico dei bilanci pubblici.
Concludo, caro Presidente, sinceramente perplesso perché nella congerie dei partiti di maggioranza ritenevo che Forza Italia fosse rappresentativo di quello spirito liberale, di quella cultura della legalità che, a parole, viene spesso richiamata. Non vorrei dovermi pentire di aver nutrito questa fiducia, non vorrei dover confondere la mia idea con quella di altri che, dall’opposizione, difendono le istituzioni ma sono portatori di ideologie che, sotto altri profili di carattere civile e spirituale, sono molto distanti dalla mia e da quella dei miei amici.
Segnalo, dunque, a Lei questa situazione nella fiducia che voglia intervenire, magari rileggendo alcuni scritti di Camillo Benso di Cavour, il più grande statista della storia d’Italia, anzi d’Europa, come ci dice il grande storico inglese Steven Runciman, sul ruolo della Corte dei conti.
Un caro saluto
Salvatore Sfrecola
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