Pnrr: il Governo e i controlli (sgraditi) della Corte dei conti
Ma non è questo il governo “del merito”? O vale solo per gli studenti?
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Stupisce che, all’indomani della nomina di Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, Presidente di sezione della Corte dei conti, a responsabile dell’Unità di Missione di Palazzo Chigi per il Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), dalla sede del Governo parta una pesante bordata contro la Magistratura di controllo ovviamente enfatizzata dal maggiore giornale di opposizione.
“Pnrr, Palazzo Chigi contro la Corte dei conti ‘fa invasione di campo’”, così La Repubblica oggi a tutta pagina (la 4). L’incipit è coerente con il titolo: “Un’invasione di campo “di una gravità inaudita”. Così grave, secondo il governo, da bloccare il Pnrr perché – recita la traccia dell’irritazione nei confronti della Corte dei conti – i dirigenti pubblici che firmano gli atti del piano di ripresa e residenza potrebbero alzare la penna dal foglio se il messaggio che arriva è quello di un blocco continuo dei progetti, per una valutazione troppo arbitraria e rigida sui ritardi. E, sempre secondo l’esecutivo, l’evidenza di questo messaggio e nelle due delibere approvate il 3 maggio (in realtà del 24 aprile, n.d.A.) dal Collegio del controllo concomitante, l’organo che monitora i programmi economici, tra cui anche il maxi finanziamento da 191,5 miliardi. E che è chiamato ad accertare “le gravi irregolarità gestionali”, cioè i rilevanti e ingiustificati ritardi nell’erogazione” dei fondi”.
Stupisce, al punto che nella giornata molti osservatori sono andati alla ricerca delle ragioni di questa presa di posizione, senza escludere nessuna ipotesi, come si sente dire nel caso delle indagini di polizia, compresa quella che si tratti di una faida tra magistrati contabili o di una presa di posizione governativa per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica i ritardi nella realizzazione dei programmi addebitandoli alla narrazione, che ritenevamo stantia, dei funzionari che alzano “la penna dal foglio” nel timore della responsabilità, non tanto contabile quanto “dirigenziale”. Polemica stantia, come hanno spiegato più volte tanto il Presidente della Corte, Guido Carlino, quanto il Procuratore Generale, Angelo Canale, segnalando come i magistrati facciano il loro dovere con equilibrio, senso di responsabilità e spirito di collaborazione che, tuttavia, non può consistere nel chiudere un occhio di fronte ad illegittimità nelle procedure di spesa. Infatti, sappiamo bene da anni che spesso l’Italia non è stata in condizione di utilizzare finanziamenti comunitari. A differenza di altri paesi che, invece, hanno portano a termine tutti i programmi finanziati.
Dello spirito di collaborazione della Sezione per il controllo concomitante dà conto il comunicato dell’Ufficio Stampa della Corte n. 22 del 20 aprile dove si legge che: “ammontano a 2 miliardi di euro i finanziamenti PNRR per i 124 progetti finalizzati al potenziamento, al completamento e alla manutenzione delle infrastrutture idriche primarie in tutta Italia, necessarie per migliorare la qualità dell’acqua e garantire il costante approvvigionamento nei centri urbani e nelle grandi zone irrigue.
È quanto emerge dall’analisi – approvata con Delibera n. 14/2023/CCC – che il Collegio del controllo concomitante della Corte dei conti ha condotto sullo stato di implementazione delle infrastrutture di derivazione, stoccaggio e fornitura idrica in tutto il territorio nazionale. Una forma di controllo particolare – ha puntualizzato la Corte – che ha interessato non solo l’investimento nel suo complesso, ma anche un campione dei vari progetti presentati, in virtù della crisi idrica che, da alcuni anni, sta colpendo il Paese.
Le criticità riscontrate dalla Corte, già nella fase della pianificazione, riguardano il rapporto tra l’individuazione dei sistemi idrici complessi e le singole opere da realizzare. La continuità, a livello nazionale, dell’approvvigionamento idrico e l’effettiva attenuazione delle dispersioni – osservano, infatti, i giudici contabili – non sono garantiti dai singoli interventi manutentivi o di ripristino, necessariamente limitati a specifiche aree, ma da un sistema complessivo di opere individuato preventivamente, che consenta la corretta misurabilità dell’obiettivo e delle singole fasi attuative.
In ogni caso, per taluni progetti (le dighe Rosamarina e Olivo), i soggetti attuatori hanno ammesso l’esistenza di problemi di copertura tali da imporre il ricorso a significativi finanziamenti aggiuntivi (pari anche al doppio dell’iniziale previsione di spesa) legati sia all’aumento dei prezzi di energia e materie prime, sia alle revisioni progettuali resesi necessarie.
Il notevole ritardo, rispetto al cronoprogramma degli interventi, con cui il Ministero delle Infrastrutture ha avviato il monitoraggio diretto sui soggetti attuatori in modo sistematico (Dicembre 2022), ha indotto la magistratura contabile a raccomandare al Ministero stesso un’assunzione più incisiva dei poteri di coordinamento, monitoraggio, rendicontazione e controllo per assicurare l’effettiva governance sull’investimento”.
Anche la deliberazione n. 17/2023, adottata nella Camera di consiglio del 26 aprile 2023, dà conto del contraddittorio instaurato con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al quale sono state rassegnate le conclusioni istruttorie alle quali il Ministero ha fornito i chiarimenti richiesti.
Si tratta, come già segnalato, di un controllo che “affianca l’azione amministrativa nei singoli segmenti di attuazione delle diverse misure ed interventi previsti dal legislatore”, intervenendo “su gestioni “in corso di svolgimento”, cioè “…gestioni non ancora concluse, in ordine alle quali sono possibili interventi correttivi tali da poter determinare il mancato avverarsi, o quanto meno l’interruzione, di situazioni illegittime o pregiudizievoli” attraverso correttivi “in corso d’opera, mirati anche alla prevenzione, come tali più efficaci di quelli essenzialmente preordinati a misure di riparazione del danno o all’indicazione di correttivi” (cfr. SS.RR. in sede di controllo, deliberazione n. 29/CONTR/09)”.
Nell’esercizio del controllo la Corte può segnalare irregolarità “(gravi irregolarità gestionali, gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione)” al Ministro competente “il quale può disporre la sospensione dell’impiego delle somme”. Inoltre, nei casi di “gravi irregolarità gestionali o rilevanti ed ingiustificati ritardi nell’erogazione di contributi”, può scattare la “responsabilità dirigenziale”, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 21, comma 1, del d. lgs. n. 165/2001.
Infine, “qualora accerti la presenza di ritardi o di carenze gestionali tali da non integrare la soglia di gravità prevista dalle disposizioni di cui alla legge n. 15 del 2009 e al d.l. n. 76 del 2020, il Collegio può indirizzare all’Amministrazione specifiche raccomandazioni e avvisi (warning), affinché venga stimolato un percorso autocorrettivo”.
L’investimento, che vede quale soggetto attuatore il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), prevede lo sviluppo di almeno 40 stazioni di rifornimento a base di idrogeno, nel quadro delineato dalla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2014/94/UE, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi. Per la realizzazione dell’investimento il PNRR prevede risorse per euro 230.000.000.
Segue una elencazione dettagliata dei progetti in ordine ai quali il Collegio ha accertato “il mancato conseguimento della milestone europea al 31.3.2023 M2C2- 14 “notifica dell’aggiudicazione di (tutti gli) appalti pubblici per lo sviluppo di almeno 40 stazioni di rifornimento a base di idrogeno in linea con la direttiva 2014/94/UE sull’infrastruttura per i combustibili alternativi”, tenuto conto che risultano ammesse a contributo n. 35 proposte progettuali (-12,5% rispetto all’obiettivo minimo pari a n. 40 proposte), per un importo totale pari a € 101.887.831,50 (44% delle risorse potenzialmente erogabili, pari a € 230.000.000)”.
Sono risultati che la Corte segnala al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti “ai fini della responsabilità dirigenziale ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
È questo il motivo per il quale i funzionari “potrebbero alzare la penna dal foglio”? O forse si vuole escludere qualunque responsabilità per chi, pur rivestendo una qualifica dirigenziale, non è capace di portare avanti i progetti finanziati dal PNRR?
Ma non è questo il governo “del merito”? O vale solo per gli studenti?
Infine, a proposito del rapporto Corte-Governo e dello stile che dovrebbe contraddistinguerlo voglio richiamare alcuni passi del discorso di Quintino Sella, Ministro delle finanze del Regno d’Italia, pronunciato il 1° ottobre 1862 in occasione dell’inaugurazione della Corte dei conti, il quale rivolgendosi ai magistrati precisava. “è vostro compito il vegliare a che il Potere esecutivo non mai violi la legge; ed ove un fatto avvenga il quale a vostro alto discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito il darne contezza al Parlamento. Delicatissimo ed arduo incarico, tanto che a taluno pareva pericolo l’affidarlo a Magistrati cui la legge accorda la massima guarentigia di indipendenza, cioè la inamovibilità. Questo timore non ebbi, no, o Signori, e non esitai a propugnare per voi così delicate attribuzione, ed il feci perché ho fede illimitata così nel senno civile degli italiani, come soprattutto in un regime di piena libertà e di completa pubblicità… a voi spetta quindi il tutelare la pubblica fortuna, il curare la osservanza della legge per parte di chi le debba maggior riverenza, cioè del Potere esecutivo, senza che abbia menomare quella energia e prontezza di esecuzione che in alcuni momenti decide dell’avvenire di un paese”.
Un uomo di governo come Quintino Sella non avrebbe mai ispirato una presa di posizione come quella recepita da La Repubblica. Neppure in tempi di “uomo solo al comando”. Il Cavaliere Benito Mussolini, al quale la Corte dei conti ha pure riservato non poche censure, non ha mai denunciato “invasioni di campo”.
Anzi era rispettosissimo delle osservazioni della Magistratura contabile come della Ragioneria Generale dello Stato alle quali voleva che gli uffici si adeguassero.
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