Professionalità e indipendenza.
Il caso della nomina del nuovo Ragioniere Generale dello Stato.
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Nel presentare la persona designata quale nuovo Ragioniere Generale dello Stato il Ministro dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ne ha sottolineato l’elevata professionalità. Con ciò dimenticando un altro requisito fondamentale di quella carica, tradizionalmente garantito attraverso l’individuazione di soggetti appartenenti alla struttura e cresciuti prevalentemente all’interno dell’Ispettorato Generale del Bilancio che il Ragioniere Generale dello Stato, pur essendo un funzionario della Pubblica Amministrazione, ha il compito di assicurare la corretta gestione delle risorse pubbliche dal punto di vista del rispetto delle norme e delle disponibilità di bilancio.
La Ragioneria Generale, in sostanza, appartiene a quelle istituzioni che, pur non dotate di autonomia rispetto al Governo, come ha, invece, la Corte dei conti, che è una magistratura, sono deputate ad una funzione di garanzia così come negli anni più recenti si è fatto con l’istituzione delle autorità indipendenti proprio a garantirne una funzione che per lo Stato è assolutamente importante.
Con le sue parole il ministro ha dato dimostrazione di non avere a cuore il ruolo dell’indipendenza perché, come si insegna ai magistrati al momento dell’ingresso in carriera, si deve essere indipendenti ma bisogna anche apparire tali. Ed è evidente che una persona, ancorché professionalmente dotata, la quale abbia svolto funzioni di diretta collaborazione con il ministro, prima come sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, poi come responsabile dell’economia, questa indipendenza non l’ha, indipendentemente dal massimo impegno che può porvi.
La scelta del Ministro e del Governo – il Ragioniere Generale è nominato con deliberazione del Consiglio dei Ministri – ha un risvolto negativo anche all’interno dell’amministrazione. Perché se la Ragioneria Generale ha allevato i suoi funzionari all’assoluta indipendenza e i governi hanno scelto i Ragionieri generali al suo interno, è evidente che il corpo dei funzionari senta un vulnus recato alla propria professionalità e indipendenza esercitata nel corso del tempo.
Chi ha avuto occasione di discutere e affrontare con funzionari della Ragioneria Generale il tema della copertura di spese e della utilizzazione di risorse rinvenibili all’interno dei capitoli del bilancio, ad esempio in ragione dei tempi della spesa, in modo tale da garantire al governo risorse necessarie nell’immediato, sa che, qualunque sia la cultura politica personale del funzionario, questa non è mai emersa perché governi di destra o di sinistra hanno trovato in quei funzionari sempre dei servitori dello Stato gelosi della propria indipendenza.
Il riflesso negativo della nomina di un estraneo, ce ne sono stati altri ma con una discreta dose di autonomia, come Daniele Franco, proveniente dalla Banca d’Italia, è nel fatto che i funzionari possono essere indotti ha compiacere il politico di turno, che sia al governo o all’opposizione, nella speranza di avere, all’occasione, un aiuto per raggiungere una posizione rilevante all’interno della struttura.
È vero che c’è in dottrina chi questa indipendenza del ruolo della Ragioneria l’ha minimizzata, anzi ha ritenuto che dovesse essere eliminata tant’è che alcuni hanno proposto di sottoporre la Ragioneria Generale alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri, in questo caso aumentando l’importanza del ruolo della Corte dei conti che è il controllore esterno della legittimità degli atti e della loro correttezza dal punto di vista contabile.
Qualcuno ricorderà che un Presidente del consiglio, Giulio Andreotti, incaricò come Capo di Gabinetto (all’epoca non c’era il Segretario Generale) il Ragioniere Generale dello Stato Vincenzo Milazzo perché voleva avere da Palazzo Chigi il controllo della gestione del bilancio.
Ecco quindi che, anche sotto questo profilo, la scelta del ministro Giorgetti può far ritenere che il Governo intenda andare verso una limitazione dell’indipendenza della Ragioneria Generale attraverso un passaggio dell’affidamento ad un estraneo per poi inserire quel Dipartimento nella Presidenza del consiglio. Cosa che, immagino, piacerebbe molto a Giorgia Meloni perché, in qualche modo, ne rafforzerebbe il ruolo nella prospettiva del “premierato”. Ma alla stessa Presidente del Consiglio vorrei ricordare che un suo predecessore, che si era attribuito poteri straordinari, Benito Mussolini, aveva un rispetto altissimo della Ragioneria Generale dello Stato e della Corte dei conti. Della prima diceva ai suoi Ministri di rispettare le indicazioni e della seconda non osava mettere in dubbio i poteri perché all’occorrenza ricorreva alla registrazione “con riserva”. I tempi cambiano, la Ragioneria Generale vede limitata la sua indipendenza e sulla Corte dei Conti spirano venti di bufera ad iniziativa di esponenti del partito della Presidente del consiglio. Che lo faccia perché vuol dimostrare di essere lontana da Benito Mussolini?
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