Quando la verità … viene a galla
Dopo la passerella, anche fotografica, dei partecipanti agli Stati Generali dell’Adepp, la Bicamerale di controllo sugli enti previdenziali ha audito, il 16 maggio 2024, Assogestioni che ha rilasciato agli atti una memoria, leggendo la quale si scopre la verità!.
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«Cresce l’investimento delle Casse di previdenza nell’economia italiana nel 2022, con un aumento di 1,3 punti percentuali rispetto al 2021 e un ammontare che sfiora i 37 miliardi di euro. A darne notizia è la stessa Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) nel “Quadro di sintesi” dei dati relativi al patrimonio degli enti previdenziali di I livello e alla loro gestione finanziaria a fine 2022 (oltre al confronto con gli anni precedenti). La relazione mette in luce gli aspetti più significativi del settore e indica come il risparmio previdenziale intermediato da Casse di previdenza e Fondi pensione a fine 2022 abbia raggiunto 309,4 miliardi di euro: il 16,2% del Pil di cui 103,8 miliardi di euro fanno capo alle Casse di previdenza (in calo rispetto ai 107,9 miliardi di risorse complessive indicati a fine 2021)».(Fonte: Fundspeople).
Per capire quello che verrò dicendo, bisogna aver chiaro un concetto che è questo: le Casse di previdenza dei professionisti gestiscono la previdenza obbligatoria di primo pilastro. I fondi pensione, invece, gestiscono la previdenza complementare, che è volontaria.
Le Casse, con l’art. 15 della legge 05.03.2024, n. 21 (ddl capitali), sono diventate investitori istituzionali come i fondi pensione ma non dispongono a tutt’oggi, dopo 13 anni, di una normativa investimenti cogente.
“La COVIP fornisce una fotografia non del tutto rassicurante”, scrive nella sua memoria Assogestioni. “Nell’ultima relazione per l’anno 2022 emerge come il 38% degli iscritti alla previdenza complementare abbia scelto di far confluire i propri contributi (volontari) in un comparto garantito. Il 39,7% si è affidato a comparti bilanciati mentre soltanto il 9,2% degli iscritti ha optato per un comparto azionario. Tale aspetto influenza anche le politiche di investimento dei fondi pensione, orientate in larga parte verso classi di attività meno rischiose: Ne consegue che il portafoglio tipico dei fondi pensione è di tipo tradizionale, caratterizzato in buona parte da titoli di Stato per una percentuale del 37,1%. Una simile composizione degli investimenti, al di là dell’acquisto dei titoli di Stato italiani, difficilmente può apportare un concreto e significativo sostegno all’economia del Paese. Infatti, i dati forniti dalla COVIP evidenziano come i fondi pensione, nonostante i progetti avviati negli ultimi anni, abbiano dato un contributo modesto all’economia italiana. Le Casse di previdenza, invece, sebbene abbiano, nel complesso, un patrimonio inferiore rispetto a quello dei fondi pensione (a fine 2022, 103,8 miliardi le Casse e 205,6 miliardi i fondi pensione), detengono un investimento nell’economia italiana maggiore rispetto a quello delle forme pensionistiche complementari. Come sottolineato anche dalla COVIP, dei 13,2 miliardi di euro destinati alle imprese italiane, 7,9 miliardi provengono dalle Casse di previdenza e i restanti 5,3 miliardi dai fondi pensione. Preliminarmente occorre ricordare che, nel 2022, i fondi pensione, nell’ambito degli investimenti domestici, hanno investito 2,3 miliardi in OICR alternativi (di cui 1,8 miliardi in fondi immobiliari) mentre le Casse di previdenza hanno investito circa 16 miliardi (di cui circa 14 in fondi immobiliari). Dal sondaggio effettuato da Mefop risulta che tutte le Casse intervistate hanno effettuato investimenti alternativi mentre soltanto la metà dei fondi pensione hanno incluso asset alternativi nei loro portafogli”.
Questi dati ci dicono una verità importante, per chi li sa leggere, e cioè che gli iscritti (volontari) ai fondi pensione sono molto prudenti privilegiando asset garantiti, mentre gli iscritti (obbligati) alle Casse di previdenza, che non hanno alcuna voce in capitolo, si trovano esposti ad asset molto più rischiosi che, come ho ricordato più volte, comportano la volatilità delle pensioni.
Sarebbe tempo e ora che il decisore politico facesse una seria riflessione, prima che sia troppo tardi!
“Dal nostro punto di vista – ha detto Assogestione – non vediamo la necessità di un intervento pubblico verso Casse di previdenza e fondi pensione, affinché siano capaci di investire nel private equity, perché questo tipo di operazioni finanziarie non si improvvisano, è un mestiere complicato, visto che non è un asset liquido. E, se si sbaglia, si paga” (Fonte ANSA del 16.05.2024).
Peccato che a pagare, se va male, non sia il management ma gli incolpevoli iscritti, obbligati ad esserlo.
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