Riprogettare diverse forme associative dell’attività
Il presidente Inarcassa, Giuseppe Santoro, in un videomessaggio inviato al 66° Congresso nazionale degli ordini degli ingegneri d’Italia
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“Ripensare le nostre professioni significa anche riprogettare il nostro modo di lavorare e le diverse forme associative dell’attività professionale. Il lavoro non è più lo stesso e continuerà a cambiare ancora. Le sue mutazioni si nascondono tra le pieghe di norme in continua evoluzione, nelle esigenze della collettività, nella difesa e sostenibilità di un ambiente terribilmente fragile, nella gestione di emergenze sanitarie un tempo impensabili. La flessibilità da un lato e la specializzazione di arti e mestieri dall’altro, sono le sollecitazioni che giungono da un’economia sempre più in trasformazione, sempre più tecnologica e virtuale”. A dirlo il presidente di Inarcassa, Giuseppe Santoro, in un videomessaggio inviato al 66° Congresso nazionale degli ordini degli ingegneri d’Italia dal titolo ‘Confini – Linguaggi, progetti e idee per un futuro sostenibile’ che si è aperto oggi a Genova.
“Al tempo stesso – osserva – siamo un Paese che invecchia. E la vecchiaia, si sa, è un confine invalicabile. Siamo un Paese che ancora mal riesce ad avere una visione da offrire alle prossime generazioni, che ragiona e agisce sull’onda delle emergenze. Una miopia che ha colpito tutte le aree produttive, e non certo da oggi. Ecco, se non superiamo questo limite e non riprendiamo a ragionare sul futuro, sulle aperture e non più sulle chiusure, su quelle che saranno le nostre platee di interlocutori e le nostre risorse disponibili, se non impareremo ad andare al di fuori degli schemi, aprendo i nostri recinti per attrarre nuove professioni e nuove idee, allora davvero affonderemo nei nostri stessi confini.
Il tema dei confini – prosegue – ci esorta ad aprire nuovi scenari di sviluppo, richiamandoci all’innovazione e al coraggio. Per riuscirci occorre sconfinare un presente che trascina retaggi di mestieri nati nei primi del ‘900, regolamentati da leggi deteriorate e vetuste. Oggi siamo di fronte a professioni irriconoscibili, mentre si affacciano nuove qualifiche, nuove attività e nuovi modi di operare. Per non ‘estinguerci’ e non finire marginalizzati dai mercati – sottolinea -, la strada da percorrere non può che essere quella dell’aggregazione: laddove ogni attore conserva la propria identità mantenendo la propria autonomia, anche alla luce di quelle specificità che caratterizzano ciascuna professione, per sfruttare al meglio le economie di scala. Se il nostro Paese – suggerisce – vorrà tornare a correre, è questo l’impegno che dovremo saper prendere. Alle istituzioni spetterà l’onere di incoraggiare lo sviluppo delle diverse forme di aggregazione societaria, semplificando la burocrazia, chiarendo la normativa, e soprattutto snellendo la fiscalità vieppiù a favore dei giovani senza condizionamenti forfettari o di sorta, al fine di porre in essere condizioni migliori per competere sul mercato del lavoro”.
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