Sciopero trasporti. Non se ne può più.
Non si capisce perché la nobiltà del motivo e i diritti dei lavoratori e sindacati (quelli di scioperare) debbano manifestarsi creando danni ai consumatori.

Venerdì 8 novembre sciopero nazionale dei trasporto pubblico locale. Modalità più “cattive” del solito (niente fasce di garanzia) perché, oltre ai contratti che non vengono mai rinnovati quando dovrebbero (scaduti lo scorso 31 dicembre… bontà delle parti…), i sindacati (grossomodo tutti, inclusi i cosiddetti confederali) vorrebbero “provare ad aprire nel Paese una riflessione su un sistema di mobilità collettiva che, senza una riforma di sistema, rischia gradualmente di sparire, ormai non più solo nelle zone a bassa domanda, ma anche nei medi centri urbani e nelle grandi città”.
Intento nobile. Ma non si capisce perché la nobiltà del motivo e i diritti dei lavoratori e sindacati (quelli di sciopero) debbano manifestarsi creando danni ai consumatori.
Già l’altro giorno, causa sicurezza precaria a seguito accoltellamento di un controllore, lavoratori e sindacati delle ferrovie l’hanno voluta evidenziare facendo pagare i consumatori… e venerdì prossimo uguale.
Per aprire questa “riflessione” il metodo è prendere a calci nei denti i consumatori. E’ ormai certezza che, sindacati e imprese di trasporto, giocano sul fatto che i consumatori non contano nulla e sono solo pupazzi nelle loro mani. Roba da trogloditi della politica. E non ci vengano a dire “diritto di sciopero” bla bla. Quello che succede con questi scioperi è l’esercizio di un diritto calpestando altri diritti (mobilità e libertà individuale).
Non se ne può più.
Non stupitevi, sindacati e imprese di trasporto, di essere considerati alla stregua di arroganti vessatori. Non è così che si avviano riflessioni e riforme. Questa è barbarie.
Articolo di Vincenzo Donvito Maxia
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