Sfatiamo un mito: i professionisti non sono una categoria privilegiata
Sotto il profilo reddituale, non sono in situazioni molto diverse da quelle di lavoro dipendente. Senza contare i rischi del mercato
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L’ultimo rapporto dell’Adepp, l’Associazione degli Enti Previdenziali Privati, presentato a Roma nei giorni scorsi restituisce un quadro piuttosto sconfortante per i professionisti italiani. Il loro reddito reale, deflazionato, è sceso di quasi il 15% negli ultimi 15 anni e nell’ultimo anno di analisi il reddito nominale ha fatto registrare una diminuzione del 2,88%. Il dato medio reddituale dei rappresentanti di tutte le categorie al 31 dicembre scorso era pari a 36mila euro. Con gli under40 sotto i 23.000 euro e le donne di tale fascia di età ferme a poco più di 17mila euro. Notevole il “gap” reddituale fra Nord e Sud del Paese, perché i professionisti meridionali dichiarano entrate mediamente più basse del 50 per cento, rispetto ai colleghi attivi nel Nord.
Appare evidente che siamo molto lontani dal percepito comune che vede i professionisti come categoria sociale privilegiata. Tutt’altro. L’analisi sui nuovi iscritti evidenzia, inoltre, due punti fondamentali. Il numero di nuovi iscritti alle Casse di Previdenza sta diminuendo negli anni. Nella platea dei nuovi iscritti vanno scomparendo le differenze di genere che permangono solamente per i professionisti di età avanzata.
Se si analizza l’andamento degli iscritti secondo l’area professionale si nota che la crescita complessiva più marcata, per l’anno 2021, è associata all’area Sanitaria. L’area che ha avuto la maggiore crescita, se si considera tutto il periodo dal 2005 al 2021, è stata quella Giuridico Economico e Sociale. Il dato è influenzato dalla riforma attuata nel 2014 dalla Cassa Forense che ha comportato l’iscrizione d’ufficio degli avvocati iscritti alla Gestione Sperata Inps a Cassa Forense, incrementando del 25,71% il numero degli iscritti in un solo anno (2014). La crescita, comunque, è rimasta elevata anche negli anni successivi facendo registrare un incremento complessivo di 68 punti percentuali.
Il rapporto tra reddito e fatturato per le diverse fasce d’età e per i due generi evidenzia chiaramente come questo tenda a scendere con l’aumento dell’età del libero professionista. Si noti, inoltre, una maggiore differenza tra reddito e fatturato nei professionisti uomini rispetto alle donne. Tra le cause il Rapporto ipotizza che, in molti casi, l’attività professionale sia in realtà un’attività svolta in favore di altri professionisti (rendendola più simile a quella di lavoro dipendente/collaboratore) con la conseguenza che il fatturato coincide quasi completamento con il reddito. Ciò è particolarmente rilevante per i giovani e le donne. Altre cause possono essere ricercate nelle diverse specializzazioni scelte dalle professioniste donne per poter conciliare vita familiare e lavoro professionale.
Per quanto attiene le professioni economiche di commercialista e consulente del lavoro la situazione sostanzialmente non cambia.
Il reddito mediano dei commercialisti, come risulta dal Rapporto 2022 della Fondazione Nazionale Commercialisti, è di euro 35mila. Le differenze territoriali sono molto marcate. Si passa dai 48mila euro di mediana al Nord ai 22mila euro al Sud. Il numero dei commercialisti iscritti alle due casse di previdenza di commercialisti e ragionieri (che effettivamente esercitano l’attività) è di circa 100mila di cui 35mila donne e 65mila uomini.
Il reddito medio dei consulenti del lavoro è di 33mila euro. Con notevoli differenze territoriali. Al Nord il dato sale a 60mila euro mentre al Sud si attesta a 22mila euro. Il numero dei professionisti iscritti alla cassa di previdenza dei consulenti del lavoro è di poco superiore ai 25mila di cui 12mila donne e 13mila uomini. Si può notare come, a differenza di altre professioni, i consulenti del lavoro presentano una sostanziale parità di genere.
In conclusione possiamo affermare che le attività professionali, sotto il profilo reddituale, non sono molto diverse da quelle di lavoro dipendente. Con 36mila euro lordi annui che al netto delle imposte si riducono a 25mila, i professionisti non sono da considerare una categoria privilegiata. Al contrario, assumono il rischio del mercato, che, soprattutto in questi anni difficili, può ulteriormente ridurre i loro redditi.
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