Trattori e transizione ecologica
“Non si paga per non coltivare la terra" dicono i trattori e hanno ragione.
In evidenza
La marcia su Roma dei trattori ha portato alla attenzione del cittadino, distratto dal carnevale e dal festival di Sanremo, il tema della transizione ecologica e della distribuzione dei costi, che non può essere emergenziale, ma che richiede un grande consenso e un piano strutturale che esiste e si compone di 175 pagine che tutti dovrebbero leggere e meditare (https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/PTE/PTE-definitivo.pdf).
“Il cambiamento climatico non costituisce soltanto un enorme problema ambientale, sociale ed economico, coinvolge anche la sfera etica e morale, ponendo seri problemi quanto a comportamenti da tenere, decisioni da prendere e responsabilità da assumere e condividere. Proprio perché si tratta di un fenomeno globale (sul totale mondiale delle emissioni di CO2 da combustibili fossili, il contributo dell’UE è pari a circa l’8,8% e quello italiano è meno dell’1%) strettamente connesso anche ai sistemi di produzione e alla struttura del commercio internazionale, il cambiamento climatico non può essere contrastato o risolto con impegni unilaterali ma richiede una cooperazione globale che comporta, a sua volta, una divisione equa degli sforzi e degli oneri da sopportare per essere accettata e messa in pratica. Molti dei Paesi e delle popolazioni più vulnerabili agli effetti del riscaldamento globale sono tra quelli che hanno storicamente emesso meno gas serra e che nei prossimi decenni andranno aiutati per allineare gli sforzi verso lo sviluppo sostenibile”. Lo si trova scritto nel piano del Governo.
“Dal produttore al consumatore: progettare un sistema alimentare giusto, sano e rispettoso dell’ambiente, così da ulteriormente valorizzare il cibo europeo non solo nella sua qualità, ma anche nella sua sostenibilità, migliorando le performance ambientali e climatiche dell’agricoltura, promuovendo le capacità di stoccaggio del carbonio nei suoli e nel sistema agricolo-forestale, stimolando un consumo alimentare sano e accessibile a tutti e favorendo lo sviluppo dell’agricoltura biologica e di precisione già al centro delle nuove strategie europee.”
Riporto, infine, le conclusioni: “Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai valori preindustriali e raggiungere la neutralità climatica nel 2050 sono solo alcuni degli obiettivi della transizione ecologica. Il Green Deal europeo ne prevede molti altri. Per tutelare la biodiversità si prefigge di creare aree protette per almeno il 30% dei territori e dei mari. Sul fronte dei rifiuti e dell’economia circolare vuole limitare i conferimenti in discarica all’8% e aumentare la quota di riciclo al 66% entro il 2035. In agricoltura intende dimezzare l’uso dei pesticidi e diminuire quello dei fertilizzanti del 20% entro il 2030, nonché far salire al 25% i terreni destinati ad agricoltura biologica. Sempre dal 2030 vuole rendere disponibile su larga scala l’idrogeno da fonte rinnovabile per usi industriali e nei trasporti.
Ma se gli obiettivi della transizione possono essere comuni, il cammino per raggiungerli dovrà invece seguire percorsi diversi e flessibili, secondo una logica allo stesso tempo globale e locale. Fatto salvo il budget mondiale di gas serra – pari a 580 miliardi di tonnellate di CO2 di emissioni cumulate – che il pianeta non può superare se si vuole contenere l’innalzamento delle temperature secondo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, l’adattamento alle nuove condizioni climatiche resta comunque una componente rilevante all’interno della strategia di contrasto da adottare, perché se anche gli obiettivi ambientali venissero centrati i tempi di recupero dell’ecosistema dall’emergenza climatica e ambientale saranno lunghi, in prospettiva sino a fine secolo, e ciò che si potrà ottenere sarà solo il ritorno ad una condizione climatica più stabile rispetto all’attuale. Per l’Italia la transizione ecologica non ha alternative, ma rappresenta anche un’opportunità unica ed indifferibile. Il Paese ha un patrimonio esclusivo da proteggere, culturale e naturale, che troppo sta soffrendo in termini di depauperamento e danneggiamento. L’Italia è l’unica nazione al mondo a poter vantare 55 siti UNESCO e ha il maggior numero (58.000) di specie animali in Europa. È però anche maggiormente esposta a rischi climatici, con 3 milioni di nuclei familiari che vivono in aree ad alta vulnerabilità, 40 aree costiere a rischio e un calo del 28% di terreni coltivati negli ultimi 25 anni.
Il sistema Italia registra storicamente un tasso di dipendenza del suo fabbisogno energetico vicino al 90%, una domanda di energia soddisfatta principalmente da fonti fossili tradizionali come petrolio e gas, mentre i vantaggi energetico-ambientali (un irraggiamento solare superiore del 30-40% rispetto alla media europea) sono stati ostacolati da difficoltà autorizzative che hanno frenato gli investitori e la crescita del settore. Rendere l’Italia più sostenibile vuol dire stimolare tutte le forze attive del Paese a innovare, sviluppando nuove conoscenze e capacità che potranno poi essere esportate con successo creando benefici diffusi, anche in termini occupazionali. Per le imprese, inoltre, il processo di transizione può tradursi in un nuovo valore aggiunto: sostenibilità per la competitività.
Il futuro perseguito con gli interventi delineati in questo Piano di Transizione Ecologica è dunque un futuro sostenibile. Per raggiungerlo serviranno istituzioni centrali e locali solide e in grado di collaborare tra loro, che saranno tanto più efficaci quanto più verranno istituiti meccanismi di dialogo e concertazione, tali da consentire un costante bilanciamento delle tre dimensioni – economica, ambientale e sociale – coerentemente con le politiche e gli investimenti pubblici. Tali meccanismi di interlocuzione e coordinamento – che dovranno interessare anche i territori, la società civile e le imprese – dovranno agevolare la programmazione, il monitoraggio e la valutazione dei progressi facendo riferimento ad un quadro di riferimento unico. Nel caso dell’Italia, le cornici di riferimento saranno rappresentate dagli impegni assunti a livello del Green Deal europeo, dal PNRR e dal PTE, in relazione stretta con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile che conterrà anche un Piano Nazionale per la Coerenza delle Politiche per lo Sviluppo Sostenibile. In questo modo l’Italia potrà tenere fede agli impegni internazionali presi per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con gli Accordi di Parigi. È in questo contesto che il MiTE, di concerto con gli altri dicasteri interessati, intende mettere in opera tutte le misure possibili per trasformare l’Italia in un campione mondiale della transizione ecologica”.
Altre Notizie della sezione
Le casse di previdenza dei professionisti
22 Novembre 2024La riserva di capitale anticiclico.
Verso nuovi diritti, tutele e garanzie per il lavoro autonomo
21 Novembre 2024Si riprende il percorso con Cgil.
Politica, un segnale dall’Umbria.
20 Novembre 2024Capirlo è fondamentale.