Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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Viaggio nella Bolkestein.

Un ventennale e strepitoso romanzo con due colpevoli: destra e sinistra

Viaggio nella Bolkestein.

 

La memoria corta aiuta i politici a farla franca: cambiano posizione e nessuno se ne ricorda. Ma per fortuna ci sono le impronte digitali che smascherano i veri colpevoli, talvolta insospettabili. Prendiamo la Direttiva Bolkestein, in base alla quale le spiagge andrebbero messe a gara, idem gli spazi pubblici destinati al commercio. Se si domanda alla gente, è la destra a difendere gli ambulanti e i balneari, laddove la sinistra si erge a baluardo della libera concorrenza contro quanti tramandano le concessioni di generazione in generazione. Biechi populisti da una parte, sinceri europeisti dall’altra. Le tracce di DNA, però, raccontano tutt’altra storia che ci riporta al 2006, quando la Bolkestein (più correttamente: Direttiva servizi) venne varata.

Prima scoperta. In sede di Parlamento europeo votarono a favore gli allora Ds e la Margherita (che poi si fusero nel Pd) ma pure Forza Italia. La destra-destra di An si astenne, non perché fosse contro la Bolkestein o la giudicasse troppo “liberale”, ma in quanto teneva banche e finanza al riparo dalla libera concorrenza, e non sembrava corretto. Comunque non fecero barricate. La Lega a Strasburgo votò contro insieme con Verdi, ex- comunisti e i radicali della Rosa nel pugno, questi ultimi perché lo giudicavano un compromesso al ribasso. A quel punto si trattava di applicarlo in Italia, cosa che il secondo governo Prodi non fece, guardandosene bene. Chi fu invece finalmente a “recepire” la Direttiva della discordia, quando già provocava proteste di cui le cronache erano colme?

Fu il quarto governo Berlusconi, di cui faceva parte la Lega, con il decreto legislativo 26 marzo 2010 n.59 approvato da un consiglio dei ministri dove sedevano, tra gli altri, Giulio Tremonti (il quale oggi giudica la Bolkestein “obsoleta”) e l’allora ministro della Gioventù, Giorgia Meloni. Non risulta che l’attuale premier abbia alzato la voce per difendere ambulanti o balneari; né lei si oppose l’anno successivo, oppure la Lega, quando il governo elaborò la cosiddetta legge comunitaria che metteva ufficialmente fine al rinnovo automatico delle concessioni: per i balneari una legnata tra capo e collo che forse si meritavano, o magari no, ma non è questo il punto.

Il dato incontestabile è che la Direttiva venne allora recepita dall’Italia, a differenza di quanto il mese scorso, per esempio, è accaduto sul Mes. Bisogna capire il momento storico, con il Cav tormentato da “olgettine” e scissioni, dalla crisi valutaria e dallo spread al galoppo. Non era il caso di sfidare l’Europa pure sulla Bolkestein. Sia come sia, resta acclarato che a introdurla in Italia fu il centrodestra, non la sinistra. E ne va dato atto a Silvio Berlusconi in uno dei suoi rari slanci autenticamente liberali, salvo che, come suo solito, poi se ne pentì.

Da quel momento iniziarono disapplicazioni e rinvii delle concessioni, perché nessuno osava fronteggiare la protesta delle categorie interessate che si avventavano come sciame d’api contro i nemici veri o presunti. Contrariamente a quanto generalmente si racconta, il Pd ha sempre retto il sacco ai balneari perché nelle regioni “rosse” ce ne sono un bel po’ e portano voti. Non si troverà una sola mossa contro di loro. Cosicché la prima proroga per le spiagge, in barba all’Europa, risale al 2012. A concederla fu, sembra incredibile, il governo guidato da un campione del libero mercato, già Commissario Ue al Mercato interno e poi proprio alla Concorrenza, Mario Monti: chi l’avrebbe mai detto?

La successiva proroga venne introdotta da Giuseppe Conte (governo giallo-verde) esagerando, addirittura fino al 2033. Talmente eccessiva che il Tar e il Consiglio di Stato l’hanno poi cancellata. È allora intervenuto l’europeista Draghi con un ulteriore mini-rinvio al 31 dicembre 2023, prolungato poi da Meloni fino allo scadere di quest’anno. Però al prezzo di un garbuglio giuridico che il presidente della Repubblica è stato costretto a segnalare nella sua ultima lettera di richiamo. Oltre che il caos normativo si rischia il ridicolo perché 18 anni non sono bastati per venirne a capo. La destra se l’è cantata e suonata, la sinistra le ha fatto la “ola”.

C’è stata senza dubbio ingenuità nei balneari e pure negli ambulanti. Hanno creduto di rinviare in eterno l’inevitabile affidandosi a pasticcioni demagoghi che li aizzavano. Cosicché in passato si sono opposti a qualunque tentativo di mediazione con Bruxelles, tipo quello cui forse adesso sarà costretta Meloni. Hanno preferito scommettere su soluzioni improbabili tipo taroccare la lunghezza delle coste per dimostrare che di spiagge ce n’è in abbondanza e non serve liberalizzare. Ma prendersela con loro sarebbe ingiusto perché qualcuno (vedi il Twiga) fa soldi a palate mentre altri sono gente che sbarca il lunario e sentono sulla pelle l’ingiustizia di Sua Maestà il Mercato implacabile nei loro confronti e non altrettanto in altri casi; ad esempio sulle concessioni autostradali, tacitamente rinnovate dal governo Renzi nella semi-indifferenza dell’Unione che si svegliata in ritardo, forte coi poteri deboli e debole coi poteri forti.

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