Yes men: quei “pericolosi” collaboratori dei politici.
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Il successo e l’insuccesso di molte personalità della politica, come li conosciamo dalla storia e dalle cronache, si deve spesso alla capacità dei collaboratori e dei consiglieri. Non sembri strano, ma la molteplicità e l’incalzare degli impegni di un uomo politico, specialmente se con funzioni di governo, richiede necessariamente la collaborazione di esperti, naturalmente di fiducia. La storia ne conosce di queste persone che hanno svolto un ruolo importante accanto a grandi uomini. Anche essi spesso erano grandi, ma sapevano stare nell’ombra. Basti pensare ad Ermanno di Salsa, Gran Maestro dell’Ordine Teutonico e prezioso collaboratore di Federico II di Svevia, od a Costantino Nigra, accanto a Camillo di Cavour. Uomini straordinari, dediti al servizio del politico e dello stato. Di piena fiducia, impegnati ad assicurare con grande professionalità il supporto necessario alla personalità politica nella gestione del potere nella stesura di documenti o nell’espletamento di missioni “diplomatiche” delicate. I due citati come esempio ne sono una dimostrazione che ha lasciato un segno nella storia.
La ricerca di questi personaggi, la cui vita professionale necessariamente s’interseca con quella della personalità politica, non è facile. La fedeltà, ad esempio, che è certamente un valore prezioso in un contesto spesso di spietata concorrenza nella gestione del potere, non basta. Molti politici amano circondarsi di quanti sono prodighi di complimenti, di chi si rivolge loro per dire che è bravo, simpatico, intelligente, come tanti like ad ogni iniziativa, anche la più banale. Di questi personaggi ve ne sono a frotte, ovunque, giovani di partito, figli di amici, promesse della politica. Adulatori seriali, che ridono o sorridono ad ogni battuta, anche le più mediocri, convinti che sia quello il modo di farsi apprezzare. E se ciò avviene è da dubitare del livello del politico. Un dubbio, purtroppo, sempre più frequente, che fa rimpiangere la Prima Repubblica, quando per fare il ministro si doveva aver svolto funzioni di sottosegretario e parlamentare per almeno un paio di legislature. Quando la laurea era il diploma ordinario e i ministri erano spesso professori ordinari di università non di rado con lunga esperienza professionale. Da Segni a Moro, da Fanfani a Medici, da Leone a Gonella a Spadolini, per fare qualche nome.
Con il degrado della cultura anche la politica ha perso appeal. I professionisti affermati se ne tengono lontano e quanti scendono in lizza sono sempre più modesti, quanto ad esperienze di governo e professionali. E si circondano di persone altrettanto modeste, anzi spesso più modeste, come rivelano le ricerche sulla classe politica che più volte sono state richiamate, anche di recente.
E così il politico che ama anche essere adulato, perché è nella natura di chi ricerca il consenso, non si sottrae all’abbraccio mortale di questi personaggi i quali, anche quando appartengono ad una istituzione dello Stato, alti dirigenti dell’amministrazione pubblica, docenti universitari, magistrati amministrativi, ordinari o contabili, non sanno far valere la loro indipendenza. Vicini a politici spesso intolleranti e arroganti con i quali collaborano in forza di amicizie o di vicinanza politica temono di perdere il posto.
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