Anno: XXVI - Numero 43    
Lunedì 3 Marzo 2025 ore 14:00
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Zelensky, la dignità di un uomo di stato.

Tra tutti i commenti mi è sembrato particolarmente appropriato quello del Sen. Carlo Calenda, leader di Azione, il quale ha sottolineato come Zelensky abbia avuto “più dignità di tutti i leader europei che sono andati là.

Zelensky, la dignità di un uomo di stato.

Sono in gran parte d’accordo i commentatori della stampa italiana e internazionale i quali in questi giorni scrivono che non si era mai vista una scena come quella andata in onda venerdì sulle tv del mondo intero, con un Capo di Stato oggetto di una incredibile aggressione, sbeffeggiato perfino nel suo abbigliamento, in concorso tra il Presidente degli Stati Uniti d’America, il Vicepresidente ed un gruppo di giornalisti evidentemente convocati per la bisogna. Un agguato in piena regola, dunque, nel quale è emersa tutta la pochezza dell’attuale leadership americana caratterizzata da un gretto egoismo, in parte contrario alla storia di quel grande paese ed ai legami che ha saputo nel tempo mantenere con l’Europa, il continente dal quale provengono in gran parte gli abitanti degli Stati Uniti.

Tra tutti i commenti mi è sembrato particolarmente appropriato quello del Sen. Carlo Calenda, leader di Azione, il quale ha sottolineato come Zelensky abbia avuto “più dignità di tutti i leader europei che sono andati là. Si è trovato davanti a due bulli che con un tono di nonchalance gli hanno criticato il vestito perché lui, come è noto, è in mimetica perché comanda un popolo in guerra. L’hanno preso in giro, l’hanno irriso perfino i giornalisti dentro lo Studio Ovale. Lo l’hanno attaccato, gli hanno spiegato come vanno le cose in Ucraina senza esserci mai stati. Trump non sapeva neanche la data di quando era iniziato il conflitto in Ucraina”. Il Presidente ucraino “non si è piegato, ha risposto come fanno i leader, non come hanno fatto i nostri leader, tutti i leader europei che sono andati là. Sono stati a sentire Trump. Sì, certe volte lo hanno corretto piano piano per non farlo arrabbiare”. Rivolgendosi ai leader europei Calenda ha detto ”non avete capito niente. Trump è un bullo non prenderà prigionieri e ricordatevi della vostra storia inglesi, italiani, francesi, tedeschi, ritrovate un po’ di orgoglio nazionale andate a guardare quello che fa Zelensky e dopo averlo trovato riunitevi fate una strategia insieme rispondete a questo bullo che sta prevaricando come se fossimo dei vassalli, noi che abbiamo costruito la cultura occidentale. Scopritevi per una volta un po’ sovranisti e orgogliosi della vostra storia”.

Anche la vicenda dei dazi minacciati da Trump dovrebbe far riflettere i leader europei. E per la verità qualche barlume di dignitosa reazione è parso di sentire fra le righe delle dichiarazioni di primi ministri o ministri degli esteri dei paesi europei i quali forse oggi si rendono conto che la classe dirigente dei ventisette stati che compongono l’Unione Europea non ha saputo garantire al continente quella dignità internazionale che è forza politica capace di assicurarle lo sviluppo economico e sociale dei paesi in un contesto di pace e di diffusa prosperità.

Perché, come dice Calenda, L’Europa è il centro della cultura occidentale. Quella cultura che nel corso dei secoli ha dato forza al pensiero che dalle rive dell’Egeo alle sponde del Tevere ha assicurato una grande civiltà. E l’Europa di oggi non è soltanto un’Europa culturale. È anche una grande realtà economica di cui forse non si è assunta consapevolezza, perché oltre 400 milioni di abitanti con una grande storia alle spalle, industriale, economica, commerciale è un adeguato interlocutore dei soggetti che operano sul piano internazionale, cosa che non può fare un singolo stato, anche il più ricco e il più forte. 

E questa iniziativa di Trump, che vuole imporre dazi e che oggi nega l’importanza della difesa dell’Ucraina dall’aggressione della Federazione russa, per evidenti scopi egoistici di una politica americana forse anche miope, dimostra che è il tempo che l’Europa recuperi con orgoglio la propria storia e vada verso un’unità politica che realizzi delle scelte condivise ponendosi come interlocutore delle grandi potenze di oggi, gli Stati Uniti d’America, la Cina, l’India, il Brasile, perché questo e non altro è il futuro possibile del nostro Continente.

 

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