Anno: XXV - Numero 212    
Martedì 19 Novembre 2024 ore 14:00
Resta aggiornato:

Home » “Con questa legge elettorale Meloni può diventare la Merkel italiana”

"Con questa legge elettorale Meloni può diventare la Merkel italiana"

Roberto D'Alimonte: Con questa legge elettorale Meloni può diventare la Merkel italiana.

Intervista a Roberto D’Alimonte politologo della Luiss: “Finché Pd e M5s litigano non esisterà nessuna alternativa. Se non cambia il sistema elettorale – e dubito che la destra lo farà, a meno che passi il premierato che mi sembra ancora in alto mare – Meloni potrebbe durare a lungo”. Le spine dei due vicepremier? “Salvini e Tajani da soli dove andrebbero?”

Roberto D’Alimonte, politologo e professore di Sistema politico italiano alla Luiss di Roma, analizza con Huffpost lo scenario alla ripresa autunnale: “Giorgia Meloni non ha rivali nel partito e nella coalizione, mentre il secondo polo dell’opposizione è tutto da costruire”. Dunque, “se non cambia la legge elettorale, la premier potrebbe essere Angela Merkel italiana”.

Domanda. Professore, proviamo a misurare la temperatura della politica, partendo dal governo a due anni dal suo insediamento. La premier Giorgia Meloni è reduce da due brutte notizie: la mancata elezione in Parlamento del suo candidato alla Corte costituzionale e l’abbassamento delle stime di crescita da parte di Bankitalia. Inciampi di passaggio o inizio di un logoramento?

Risposta. Le espongo la mia prospettiva: Meloni non ha niente da temere. I due eventi citati non intaccano il fatto che è a Palazzo Chigi e ci resterà. È naturale che all’interno di una coalizione ognuno coltivi il suo orticello, ma nonostante le fibrillazioni questo governo non ha alternative e la premier non ha rivali all’interno del partito né della coalizione. È un dato di fatto: se non decide lei di ritirarsi, Meloni durerà.

  1. Insomma, gli oppositori interni ed esterni devono sperare che Meloni cambi idea e voglia dedicarsi a fare la mamma, come disse Guido Bertolaso durante la campagna elettorale per il Campidoglio?
  2. Impossibile. Meloni ha l’ambizione di cambiare l’Italia e fare la storia. Che poi abbia le qualità e ci riesca, è un altro discorso e vedremo come finirà. Ma certo la premier si pone questo obiettivo di lungo termine. Del resto a chi passerebbe la mano? Al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari o al ministro Guido Crosetto? Dentro la coalizione di centrodestra è in una posizione ancora più forte di Silvio Berlusconi quando ne era il leader.
  3. Eppure, la maggioranza si divide su tutto: extraprofitti, alleanze in Europa, tasse, ius scholae, adesso il catasto del superbonus. Davvero sono dissensi fisiologici?
  4. In parte sì: Matteo Salvini si è intestato il tema dell’immigrazione, Antonio Tajani lo storico mantra berlusconiano del no all’aumento di tasse. Ma ripeto: questo governo è stabile per mancanza di alternative. Se Salvini aprisse la crisi dove andrebbe? Partiamo dai numeri: a Montecitorio la Lega ha 65 deputati, ovvero il 16,3% del totale, quasi il doppio dell’8,8% preso alle politiche. Laddove FdI che alle elezioni ha preso il 26% ha 117 deputati, ovvero il 29,3% del totale. Pensa che Salvini farebbe un altro Papeete per dimezzare gli eletti?
  5. E se al posto di Salvini arrivasse il generale Vannacci?
  6. Vannacci può fare un partito fuori dalla Lega ma non conquistarla. Salvini si salva perché la Lega del Sud è vincolata a lui mani e piedi, quei dirigenti sono diventati il suo nocciolo duro. Nel settentrione è diverso perché esiste ancora, sotto sotto, la vecchia Lega Nord. Lì Salvini rischia ma non più di tanto: non c’è una sfida aperta e le manovre sotterranee non bastano. Se poi il futuro leader leghista fosse Luca Zaia, Meloni ne sarebbe rafforzata.
  7. Forza Italia può avere una prospettiva centrista scissa da questa coalizione?
  8. FI ha fatto un piccolo miracolo, la maggior parte degli analisti credeva che si sarebbe sgretolata dopo la morte di Berlusconi e invece ha preso più voti dell’ultima campagna elettorale del Cavaliere. Non ci siamo accorti che ha messo radici a livello locale, con una classe dirigente che funziona. Anzi ha fatto un doppio miracolo, prendendo anche più voti della Lega. È l’unico dei tre partiti di centrodestra a poter immaginare sulla carta un futuro con il Pd e un terzo polo.
  9. Tajani è la vera spina nel fianco della Meloni?
  10. Ho detto sulla carta. Sulla base delle Europee Pd, FI più Renzi, Bonino e Calenda hanno preso il 40,9%. La soglia minima per essere competitivi nei collegi uninominali del Rosatellum, dove si gioca la partita, è il 40%. Ma è un valore virtuale: nessuno può stimare quanti elettori Pd e FI abbandonerebbero i propri partiti in questo scenario. E poi chi sarebbe il leader? Il Mario Draghi che ha visto Marina Berlusconi?
  11. Conclusione?
  12. In politica non bastano i numeri virtuali, oggi non ci sono le condizioni per un governo di centro che veda insieme Pd e FI. Questo esecutivo è stabile, e due elementi lo rafforzano: il fallimento del progetto di terzo polo e l’instabilità dell’opposizione. Finché Pd e M5s litigano non esisterà nessuna alternativa. Se non cambia il sistema elettorale – e dubito che la destra lo farà, a meno che passi il premierato che mi sembra ancora in alto mare – Meloni potrebbe essere Angela Merkel italiana e durare a lungo.
  13. Il rebus del campo largo mette alla prova i più raffinati enigmisti. Come finirà?

R- Non ho la sfera di cristallo. Vedremo intanto se M5s dopo la costituente sarà ancora un partito unito e con quale profilo. Ma il tema cruciale è un altro: non parlerei di campo largo o stretto bensì di costruire un secondo polo competitivo con un programma, na comunicazione e soprattutto un leader credibili. Mi auguro che ci si riesca perché l’Italia ne ha bisogno per essere una democrazia responsabile ed efficiente. Ma oggi il secondo polo non esiste e il terzo non è mai esistito. Ecco perché nel 2022 il centrodestra ha vinto nell’80% dei collegi uninominali ottenendo quasi il 60% dei seggi con il 43% dei voti.

  1. Ultima domanda: Elly Schlein e Giuseppe Conte si accapigliano su Matteo Renzi che vale il 2%. È l’uomo nero o un genio?
  2. Renzi è sopravvalutato, e da comunicatore provetto usa i media per apparire un partner credibile. Trovo insensato che i partiti principali di un futuro secondo polo litighino su di lui.

Da Huffpost

© Riproduzione riservata

Iscriviti alla newsletter!Ricevi gli aggiornamenti settimanali delle notizie più importanti tra cui: articoli, video, eventi, corsi di formazione e libri inerenti la tua professione.

ISCRIVITI

Altre Notizie della sezione

Archivio sezione

Commenti


×

Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.