Di Pietro. Scagiona Meloni sul caso Almasri.
Aumentano le sortite revisioniste dall'esilio volontario nelle campagne molisane per l'ex magistrato di Mani Pulite ed ex ministro che definisce l’operato del Governo: "Scelta discutibile, non un reato".
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“Una scelta discutibile, ma non un reato”, sulla Stampa… “È assurdo che un atto politico qual è il rimpatrio del comandante libico Almasri venga messo in questione dalla magistratura”, sul Foglio. Così Antonio Di Pietro, ex magistrato del pool di Mani Pulite, ex ministro nei governi Prodi, ex leader di quella Italia dei Valori che diede un seggio di senatore a Luigi Li Gotti, oggi alla ribalta delle cronache per l’esposto che ha dato il via alle indagini su Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi per il caso Almasri.
C’è un nuovo Di Pietro che si riaffaccia nella cronaca politica già da alcune settimane, dopo un esilio volontario nelle sue campagne molisane, e che incidentalmente è una versione riveduta e corretta del vecchio Di Pietro su alcuni temi che riguardano la magistratura.
Ed è un Di Pietro per nulla corporativo, molto critico verso le proteste dei magistrati. “Anzichè uscirsene dall’aula con la Costituzione in mano, li inviterei piuttosto a rileggersela meglio, la Costituzione. Quel giorno ci sarà il Capo dello Stato, ci saranno esponenti del governo, rappresentanti del Parlamento: che si chiamino Giovanni, Maria, Franco o Michele sono istituzioni e girar loro le spalle è un’offesa. Avete visto Trump? Ne diceva di tutti i colori su Biden, che era seduto proprio accanto a lui. Ma Biden non s’è mosso, poteva alzarsi invece è rimasto lì. Perchè Trump era il presidente, l’istituzione”.
C’è poi il Di Pietro revisionista su sé stesso, che fa un bilancio di quel che è stato e dell’errore di fare politica. Stavolta al Fatto Quotidiano, 27 gennaio scorso: “Dovevo fermarmi, scegliere di fare davvero il Cincinnato. I miei primi 43 anni sarebbero bastati a colorare l’esistenza”… La politica “ha scolorito la mia vita da magistrato”.
Oggi Di Pietro scagiona il governo sul caso Almasry, anche se pone l’accento sulla “furbata” comunicativa di Meloni. Intervistato dalla Stampa, in prima istanza Di Pietro difende il suo ex senatore Li Gotti – “una persona squisita, professionalmente eccellente. Giorgia Meloni l’ha accusato di essere di sinistra solo per distogliere l’attenzione dalla comunicazione che ha ricevuto”, ma Li Gotti “ha esercitato un diritto del cittadino, che è quello di ritagliare dei fogli di giornale e di mandarli alla procura della Repubblica”. Dopodiché, Di Pietro rivolge un pensiero critico per il procuratore di Roma Francesco Lo Voi, che ha indagato mezzo esecutivo per i reati di favoreggiamento e peculato per il rimpatrio del Comandante della prigione libica di Mittiga, Osama Njeem Almasri: “Una cosa è valutare la scelta politica di rimandare in Libia il signor Almasri, che non condivido, un’altra è ipotizzare una responsabilità penale della premier e degli altri membri del governo”. In altre parole “ritengo che quella del governo sia una decisione politica non condivisibile, non un reato. Fosse dipeso da me quella persona sarebbe dovuta andare in galera, sia chiaro, ma non stiamo discutendo di questo. Se scendiamo sul terreno della responsabilità personale per ragioni di Stato, miniamo il principio dell’indipendenza dei poteri”.
E un pensiero critico per la “furbata della premier”, funzionale nel clima di oggi sulla riforma della giustizia: “Una riforma costituzionale, quale è quella della separazione delle carriere, dipenderà dal referendum costituzionale. Tutto ciò che si sta facendo in anticipo, prima della conclusione dell’iter parlamentare e del referendum, è una forzatura” e “trovo incongruo che un potere dello Stato scioperi contro un altro potere dello Stato. Queste manifestazioni poi, come girare le spalle all’esecutivo all’inaugurazione dell’anno giudiziario, mi sembrano forzature per non affrontare il referendum. Io invece ritengo che su una materia di questo genere – che non ci azzecca niente con la riforma della giustizia, perché questa è la riforma delle carriere dei magistrati – ci si debba attenere al percorso costituzionale”.
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