Giampiero Massolo: "Nel grande negoziato fra Trump e Putin, l'Ucraina scompare"
L'ambasciatore, ex segretario generale alla Farnesina, a Huffpost: "Kiev teme di essere sacrificata in nome di una logica più complessiva. Gli europei aspettano le reazioni ucraine per allinearsi.
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Mentre Putin vuole ristabilire l’onore perduto, tratta solo con Trump e sta negoziando oltre la tregua: cerca di inserire fin d’ora quanti più elementi possibile di quello che lui immagina sia l’assetto definitivo del dopoguerra”
C’è un grande negoziato – quello bilaterale tra Stati Uniti e Russia – che rischia di inghiottire il negoziato sulla guerra in Ucraina, che è fondamentale per Kiev ma anche per gli europei. Da New York, dove si trova per presentare la versione inglese del suo libro Realpolitik, l’ambasciatore Giampiero Massolo commenta per HuffPost l’esito della telefonata tra il presidente americano Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin.
Giampiero Massolo, ora che il negoziato tra Trump e Putin è ufficialmente partito, come commenta questo calcio d’inizio?
Intanto, anche se molto parziale rispetto alle attese americane e a quanto aveva già accettato Zelensky, c’è stato comunque un risultato, vale a dire l’idea di una disponibilità di Putin ad accettare una tregua limitatamente agli obiettivi delle infrastrutture energetiche, con la possibilità di scambi di prigionieri e l’ipotesi di ragionare anche sugli attacchi nel Mar Nero. Si badi: questo tipo di tregua era stata proposta anche da Zelensky (obiettivi energetici e nel Mar Nero), ma Trump lo aveva portato ad accettare una tregua complessiva senza condizioni. Putin, da un lato, fa un passo nei confronti di Trump, dicendo sì a una tregua parziale; dall’altro lato, rende molto chiari due punti.
Quali?
Il primo è che il suo concetto di negoziato sulla tregua è diverso da quello americano e ucraino. Il secondo è che questo negoziato lo vede esclusivamente come bilaterale, con il presidente degli Stati Uniti.
A cosa punta il negoziato di Putin?
Putin dice: per avere una tregua complessiva, quindi non limitata, c’è bisogno che cessino gli aiuti occidentali all’Ucraina. Il che è chiaramente inaccettabile per gli europei, ma anche per gli americani, poiché corrisponderebbe a un indebolimento immediato della parte ucraina, mentre dall’altra parte la tregua consentirebbe ai russi di ricostituire le proprie posizioni. Questo denota in maniera rilevante che Putin negozia oltre la tregua, e cioè cerca di inserire fin d’ora, in questo negoziato con gli americani, quanti più elementi possibile di quello che lui immagina sia l’assetto definitivo del dopoguerra. In secondo luogo, dimostra di voler negoziare questo direttamente con gli Stati Uniti, nell’ambito di un negoziato più ampio che non riguardi soltanto l’assetto in Ucraina, ma più complessivamente il rapporto tra Usa e Russia. Si è parlato di un negoziato sull’energia, sull’Artico, sul disarmo nucleare, di cui l’Ucraina forma soltanto una parte.
E la priorità di Trump qual è?
Trump, in questo momento, è molto più interessato a un cessate-il-fuoco che non a prevedere fin d’ora un quadro così ampio e così complessivo. Vedremo fino a che punto – in nome di un reset delle sue relazioni complessive con Putin, dove vede dei vantaggi anche per sé – cambierà prospettiva. Ma, evidentemente, se cambia prospettiva significa che la tregua che lui vorrebbe e si era impegnato a ottenere in campagna elettorale si allontana, perché ci vorrà più tempo per negoziarne i contorni.
In questa partita a due, cosa resta da fare a ucraini ed europei?
Gli ucraini, che già dicono che i russi si impegnano in una tregua parziale salvo poi non rispettarla (anche adesso ci sarebbero degli attacchi di droni russi a 360°), si trovano in una condizione in cui sono sempre a rischio e temono di essere sacrificati in nome di una logica più complessiva. Gli europei aspettano le reazioni ucraine, per poi allinearsi. Da parte degli Usa, non ci sono segnali di voler coinvolgere l’Europa in questo negoziato. Bene fanno gli europei a cercare di segnalare – in modo efficace e realistico – la propria prontezza ad assumere responsabilità crescenti in Ucraina, ma certo è difficile fare ipotesi su come partecipare alle garanzie di sicurezza all’Ucraina se ancora non sappiamo dove andrà il negoziato.
Putin cerca una riabilitazione a tutti i livelli (giuridico, economico, diplomatico e così via)… ci riuscirà?
“Putin ha chiaramente un problema di riconoscimento di status. Gli Stati Uniti di Obama hanno negato alla Russia lo status di grande potenza. La Russia ha perso la Guerra Fredda. Nell’interpretazione di Putin, la Russia è stata umiliata, e quindi tutta la logica putiniana mira a ristabilire l’onore perduto. Da questo punto di vista, l’America ha nei confronti della Russia un potere fortissimo: è l’unica potenza al mondo a essere in grado di restituire status alla Russia. Mosca, con grande evidenza, vuole negoziare con Washington. Questa leva del reintegro dello status dovrebbe essere sfruttata dal presidente Trump, essendo di per sé fortissima, indipendentemente da quello che potrebbe essere il rapporto di scambio tra Stati Uniti e Russia. Putin sta cercando di andare incontro al presidente degli Stati Uniti (tregua parziale ma comunque gesto nei confronti di Trump), dopodiché gli offre un negoziato complessivo nel quale ci sono elementi che interessano anche agli Stati Uniti: l’ipotesi in circolazione (vedremo quanto fondata) di un riorientamento del rapporto tra Mosca e Pechino, l’idea dello sfruttamento delle risorse energetiche russe, la spartizione dell’Artico, la possibilità di una ripresa dei negoziati missilistici… Per una potenza come gli Stati Uniti, che vuole concentrarsi sull’avversario principale che è la Cina, la prospettiva di poter ‘giocare’ la Russia contro la Cina è ben vista (ammesso che ci si riesca), poiché significa volgersi verso Pechino avendo un avversario solo e non due”.
Rispetto a questa scala globale in cui ragionano Putin e Trump, le questioni ucraine – i territori occupati, le garanzie di sicurezza – hanno una dimensione locale… Qual è il rischio di questa sproporzione?
“Il rischio è che il negoziato ucraino diventi un ‘di cui’ del grande negoziato tra Trump e Putin. Questo ‘di cui’, per Putin, è talmente poco importante che ha invaso l’Ucraina. Per Trump non conta più di tanto, mentre è molto importante – oltre che ovviamente per gli ucraini stessi – per gli europei. Per noi, come finisce quel negoziato è assolutamente essenziale ai fini di quale potrà essere il rapporto di sicurezza complessivo all’interno dell’Europa”.
Che soluzione vede per la guerra in Ucraina?
“È presto per fare previsioni. Mi aspetto che il negoziato russo-americano continui. Mi aspetto che, dopo un probabile accordo su questa tregua limitata (di cui non va comunque sottovalutata l’importanza, perché sarebbe una base sulla quale costruire incrementalmente), si possa iniziare a immaginare un assetto in Ucraina, cosa che non sarà né facile né breve”.
Cosa possiamo fare noi europei, a parte stare a guardare?
“Noi dobbiamo assolutamente, quali che siano gli atteggiamenti di russi e americani, prendere il nostro destino nelle nostre mani. È chiaro che non possiamo prescindere, per il futuro prevedibile, dall’ombrello americano. Però questo ombrello non è più gratis – bisogna guadagnarselo – ed è necessario fare in modo che la dipendenza da esso possa essere negli anni ridotta, resa compatibile anche con una difesa europea”.
Zelensky continuerà a essere uno dei protagonisti di questa storia?
“Se si interpretano i segnali, l’impressione è che prima o poi arriverà il momento in cui ci saranno le elezioni in Ucraina. È difficile continuare a procrastinare questo momento. Quanto più si consolida la tregua, per non parlare di un futuro accordo di pace (ammesso che mai ci sarà), tanto più si avvicinano le elezioni in Ucraina”.
Molti analisti sostengono che Putin, rispetto a Trump, abbia dalla sua parte il vantaggio di essere un negoziatore esperto, mentre Trump ha più le caratteristiche di un venditore. Cosa ne pensa?
“Non penso che Putin abbia questo vantaggio. Entrambi parlano in nome di interessi precisi – Trump dandone un’interpretazione forse più subitanea e transattiva, Putin pensando più al medio o al lungo termine – ma alla base ci sono interessi, non tecniche negoziali”.
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