Il futuro del Ssn e la rivoluzione delle cure: parla Filippo Anelli
Fin da bambino Filippo Anelli sognava di cambiare il mondo e aiutare gli altri. Come insegnante magari, o anche come medico.
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Crescendo poi il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) ha scelto “la via della scienza”, declinata però sempre con una ostinata attenzione all’altro, convinto che “il dramma di chi è posto di fronte alla propria vulnerabilità non possa restare senza risposte”.
Ma anche consapevole che “siamo alla vigilia di una rivoluzione, con cure innovative capaci di cambiare la storia delle malattie” e un Servizio sanitario nazionale (Ssn) fragile come non mai. “Dobbiamo esserne consapevoli, per introdurre interventi efficaci. Solo in questo modo i benefici della ricerca saranno per tutti”.
Presidente, la relazione medico-paziente sembra essere ridotta ai minimi termini. Cosa sta succedendo?
Sempre di più il Ssn va stretto ai medici: sono molti quelli che se ne vanno, i concorsi vanno deserti, i carichi di lavoro aumentano e l’idea di un’organizzazione della sanità aziendalistica mette in difficoltà i medici, mentre la parte più nobile della professione viene sacrificata perché manca il tempo. L’alternativa? Aumentare il numero dei professionisti e rendere attrattivo questo lavoro. Dal 2010-15 il capitolo di bilancio su cui si è inciso di più ogni anno è stato quello del personale, dunque oggi i colleghi sono pochi e costretti a dedicare tutto il tempo alle cure, sacrificando il rapporto medico-paziente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Parliamo dei numeri: che dati emergono dal vostro Osservatorio?
Secondo il questionario dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie (Onseps), sottoposto attraverso i 106 Ordini territoriali dei medici chirurghi e degli odontoiatri a tutti i 480mila iscritti, nel 2023 sono stati 2.897 i medici aggrediti: quasi otto al giorno. E, sempre analizzando i dati dello stesso Osservatorio, le segnalazioni complessive nel corso dell’anno sono state oltre 16.000 sull’intero territorio nazionale (Sicilia esclusa), con circa 18.000 operatori coinvolti. La miscela esplosiva della sofferenza che incontra una difficoltà legata alle attese rischia di generare una violenza che non è mai giustificabile, ma è la realtà.
Dopo gli ultimi episodi la preoccupa la fuga dalla professione (e dal Ssn)?
Il problema è che la cittadinanza non ha ancora coscienza di ciò a cui andiamo incontro con la perdita del Ssn. Il nostro lavoro è leggere i sintomi: 4,5 mln di cittadini secondo l’Istat rinunciano alle cure e questo è segno di un sistema che sta per implodere. Siamo alla vigilia di una rivoluzione, con l’arrivo di terapie innovative straordinarie: riusciamo a curare malattie un tempo incurabili, con terapie one shot capaci di risolvere patologie geniche devastanti. Ma se la sanità pubblica finirà, il beneficio sarà per pochi. Credo che non ne abbiamo consapevolezza: o si decide di investire sul Ssn e sui suoi professionisti, oppure per farci curare non resterà che attrezzarsi con la carta di credito.
Come valuta gli ultimi interventi annunciati dal ministro della Salute?
Le aggressioni hanno molte cause. Il Governo è intervenuto in maniera molto adeguata, a mio parere, con l’arresto in flagranza differita, da noi chiesto e che potrebbe essere un segnale molto forte per mettere le Forze dell’ordine nelle condizioni di arrestare un aggressore anche lontano dal luogo della violenza. C’è poi il tema legato all’intervento annunciato dal ministro per l’assunzione del personale: un altro passo avanti, atteso per il 2025. Considerata la fuga degli operatori, l’eliminazione del tetto di spesa per il personale e l’aumento delle retribuzioni sono due elementi cardine per rendere stabile il sistema. Sarà importante passare dalle parole ai fatti, partendo dalla consapevolezza del rischio di perdere il Ssn. Solo così gli interventi saranno davvero incisivi.
L’odio corre sui social, insieme alla disinformazione…
I dati che arrivano dalle indagini demoscopiche ci dicono che la stragrande maggioranza dei cittadini ripone fiducia nei medici. Certo, ci preoccupano gli attacchi e le manifestazioni ostili sui social, un fatto profondamente ingiusto che deve spingere a una seria riflessione: il sistema è imperniato su priorità di carattere economico che sacrificano quelle di tipo umano. Ma la vera umanizzazione non sta nei colori, in belle sale d’attesa, quanto nel ripristinare un rapporto diretto con le persone, che vivono un profondo disagio. Quando si fanno i conti con la malattia, si è posti di fronte alla propria vulnerabilità e fragilità e questa lacerazione non può restare senza risposte. Questo è il lavoro che devono fare i professionisti sanitari: comprendere che dietro una patologia c’è un profondo disagio e che la persona non va lasciata sola. Questa caratteristica della medicina oggi è sacrificata sull’altare dell’economia.
Colpisce il rifiuto della scienza e dei vaccini, come se lo spiega?
Qui ha agito la disinformazione, che non mette le persone nelle condizioni di decidere. Porre sullo stesso piano scienziati con chi vende fumo è stata a mio parere un’operazione deleteria, perché non ha consentito di farsi un’idea corretta. Quanto al timore sui vaccini, consideriamo che quegli stessi prodotti usati contro Covid saranno domani strumento di soluzioni straordinarie contro i tumori.
A questo punto della carriera, quali sono i suoi obiettivi?
Il principale è dar vita a una nuova squadra per affrontare il nuovo quadriennio, che ha come primo step l’approvazione del nuovo Codice deontologico: siamo oramai agli sgoccioli e sicuramente l’anno prossimo il Codice sarà approvato. L’altro grande obiettivo è promuovere sempre di più l’umanizzazione delle cure, che passa attraverso una rielaborazione dei modelli organizzativi e dell’assistenza, dove il rapporto con il paziente venga valorizzato. Al terzo punto voglio ricordare l’impegno nel far comprendere quanto straordinarie siano le potenzialità di cura dei medici. Possiamo, come categoria, dare un contribuito straordinario alla crescita dell’umanità. Veder sprecato denaro in armi che creano distruzione e sofferenza quando si potrebbe usarlo per dare speranze e cure alle persone è un grande cruccio.
Infine un passo indietro: da bambino che mestiere avrebbe voluto fare da grande?
Quando ero piccolo sognavo un mondo diverso (sorride, ndr), ma devo dire che anche allora pensavo a fare il medico o l’insegnante. Ricordo la voglia di poter cambiare il mondo, di dare il mio contribuito e aiutare gli altri.
Se dovesse dare un consiglio a un giovane alle prese con la scelta della facoltà universitaria, cosa gli direbbe?
Ci sono due cose che rendono questo mondo migliore: gli studi umanistici, che arricchiscono e alimentano il desiderio di comprendere l’umanità, e la scienza. A un giovane direi di seguire la propria inclinazione, scegliendo una di queste due grandi strade.
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