Vi racconto il fallimento della politica visto dal profondo di queste celle
Nella lettera dal carcere di Gianni Alemanno, detenuto a Rebibbia dal 31 dicembre 2024, la frustrazione dei detenuti che ascoltano il dibattito parlamentare alla radio.
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La lettera di Gianni Alemanno, pubblicata sulla sua pagina Fb, detenuto a Rebibbia dal 31 dicembre 2024, racconta la frustrazione dei reclusi dopo il dibattito parlamentare sull’emergenza carceri.
DIARIO DI CELLA 1
Rebibbia, 23 marzo 2025, 82esimo giorno di carcere
Giovedì scorso ho assistito a uno spettacolo senz’altro raro nelle celle di un carcere. Tanti detenuti, forse per la prima volta nella loro vita, ascoltavano intenti, attorno ai tavoli delle loro celle, la radio. Che c’è di strano? Lo strano era che non ascoltavano una partita di calcio o un programma della De Filippi (che qui, come in tutta Italia, va per la maggiore). Ascoltavano un dibattito parlamentare.
Capite? Ascoltavano i deputati durante la seduta straordinaria della Camera sull’emergenza carceri. Nonostante anni di delusioni, davano ancora una volta credito alla politica, speravano in un segnale di attenzione per una situazione veramente indegna e insostenibile. Ma questo segnale non è arrivato.
Il dibattito, imperniato sulla mozione di maggioranza e su due mozioni dell’opposizione (Giachetti per Pd, Azione, IV e AVS; D’Orso per M5S), si è svolto secondo i più banali e prevedibili dei cliché. Il centrodestra, a parte qualche frase di circostanza sulla necessità di aiutare la riabilitazione dei detenuti, ha fatto prevalere nel voto la linea securitaria della “certezza della pena”, ovvero “più i detenuti stanno i carcere, meglio è”.
Le opposizioni – con poche eccezioni come Giachetti e la Boschi, che hanno persino citato la lettera inviata ai Direttori del Tempo e dell’Unità da me e dallo scrivano Fabio Falbo sulla situazione delle carceri – si sono più che altro concentrati sulle polemiche contro il governo, mettendo in secondo piano ogni tentativo di trovare un’intesa trasversale per affrontare seriamente il problema.
La capogruppo Pd Serracchiani è riuscita a infilare nel suo intervento perfino la polemica sul Manifesto di Ventotene (?!). Alla fine non è stato facile sostenere gli sguardi delusi dei colleghi di cella e di reparto, le domande “e allora?”. “E allora niente, non hanno capito nulla e non succederà niente, nonostante il Giubileo, gli appelli del Papa e della Cei, le denunce degli organismo europei, le esortazioni di tanti personaggi di rilievo” ho dovuto ripetere decine di volte.
E in effetti non hanno capito, o non hanno voluto capire. In un aula formata prevalentemente da deputati non eletti dal popolo, ma scelti dai vertici dei partiti, conta solo l’ordine di scuderia, il messaggio demagogico da far rimbalzare sui media. “Abbiamo difeso la certezza della pena” diranno a destra, “abbiamo denunciato l’insensibilità sociale delle destre” ribatteranno a sinistra.
Ma la realtà è un’altra cosa, è rimasta mille miglia lontana da Montecitorio. Una realtà fatta di carceri sovraffollati, dove la riabilitazione è quasi sempre una chimera, dove l’esperienza carceraria è solo una leva per moltiplicare la recidiva. Non solo: non ci si rende conto che prima ancora di inventare nuove leggi, bisognerebbe ottenere l’applicazione di quelle esistenti, che troppo spesso rimangono lettera morta con Tribunali di Sorveglianza ed educatori in grave carenza di organico (per non parlare di una Polizia penitenziaria ridotta allo stremo).
Il centrodestra, in particolare, non capisce che non sarà credibile fino a quando limiterà la sua polemica sulla giustizia solo alle inchieste sulla politica e terrà separato il tema della sicurezza da quello della legalità. Dal canto suo l’opposizione di sinistra continuerà a concentrare i suoi attacchi solo sugli avversari di governo, perché non osa mettere in discussione gli altri apparati dello Stato.
La politica delude. Se delude per un problema relativamente semplice come quello delle carceri, come potrà dare risposte a problemi epocali come quello delle guerre, del fallimento dell’Unione Europea, della fine della globalizzazione liberale? Ma noi non ci fermeremo, anche dal profondo di queste celle continueremo a combattere.
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