Vi spiego perché ha ragione Meloni e non la giudice
Colloquio con Domenico Cacopardo giurista e scrittore, già consigliere di Massimo D'Alema premier: "Non spetta ai giudici dire quando un Paese è sicuro e quando no. Dopo la decisione di Roma ci troviamo di fronte a un effetto irragionevole: tutti gli egiziani e i bengalesi possono chiedere di venire in Italia. La sinistra sbaglia: deve adottare un'ottica togliattiana".
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“L’applicazione automatica della sentenza europea sui Paesi sicuri produce l‘effetto irragionevole per cui l’Italia si vedrebbe costretta ad accogliere chiunque provenga dall’Egitto e dal Bangladesh. In realtà non spetta alla magistratura definire i Paesi sicuri. E sbaglia anche la sinistra a cavalcare in questo modo un tema che porta consensi a Meloni. Togliatti non lo avrebbe fatto”.
Domenico Cacopardo è stato magistrato in Consiglio di Stato, dirigente pubblico in più gabinetti ministeriali, scrittore. Uomo di sinistra – iscritto al Partito Comunista – è stato capo dell’ufficio legislativo quando Massimo D’Alema era a Palazzo Chigi. Sulla mancata convalida dei 12 migranti egiziani e bengalesi nel centro di Gyader in Albania, Cacopardo ha una posizione che probabilmente non dispiacerebbe a Giorgia Meloni.
Domanda. Partiamo proprio da qui: lei è di sinistra, vero?
Risposta. Certo. Sono stato comunista e poi progressista per tutta la vita. Ho particolarmente apprezzato il pensiero e l’opera di Palmiro Togliatti, secondo il quale la posizione di un grande partito di sinistra era di puntare a grandi battaglie verso il corpo grosso dell’elettorato per conquistare il consenso. Non a battaglie minoritarie. Ma capisco che è un tema che non c’è nella testa di questi giovanotti che oggi guidano il Pd.
- Veniamo alla decisione del tribunale di Roma sulla mancata convalida del fermo a carico dei 12 migranti trattenuti in Albania e ora trasferiti in Italia. Perché non condivide?
- Bisognerà leggere la decisione nel complesso. Per ora possiamo basarci sul comunicato stampa che ne riassume gli estremi. Il tribunale di Roma ha deciso di non convalidare il trattenimento perché i 12 migranti vengono dall’Egitto e dal Bangaldesh che non sono considerabili sicuri ai sensi di una sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre scorso, che impone il principio della sicurezza del Paese di provenienza nella sua integrità e totalmente. Il primo problema che sollevo è che se è il Tribunale di Roma a stabilire per questa via quali Paesi sono sicuri e quali no, ne discende logicamente che tutti i cittadini del Bangladesh e dell’Egitto hanno diritto a essere accolti in Italia e altrove. La conseguenza è paradossale perché, ripeto, attribuisce a tutti i cittadini di quei paesi il diritto a essere accolti in Italia.
- E perché trova che questa conclusione sia contestabile?
- Per un principio generale del diritto per la quale non ci può essere una decisione del giudice o del legislatore che sia irragionevole nei suoi effetti. E’ il sistema che non lo ammette. Io vengo dalla giurisprudenza amministrativa e noi, come tutti i magistrati, sappiamo che dove l’applicazione della norma è irragionevole, vuol dire che c’è un vizio. Questo ovviamente può esserci stato nella decisione a monte della corte di giustizia europea o in quella del tribunale di Roma.
- Come avrebbero dovuto decidere?
- Se uno guarda la direttiva ispiratrice della sentenza europea e per proprietà transitiva di quella italiana il focus da cui si parte è il caso personale. È il richiedente che deve dimostrare l’insicurezza del paese, non lo Stato nel quale viene ricevuto e sta trattando la sua pratica. Questo significa che i Paesi sono sempre sicuri solo in modo parziale. Ma è la persona che deve testimoniare che tornare in quel paese per lui sarebbe fonte di pericolo. Faccio un esempio: gli Stati Uniti. In alcuni Stati di quel Paese che ha ordinamento federale vige la pena di morte. Ma noi non per questo lo consideriamo totalmente non sicuro. Il caso si porrebbe se un cittadino statunitense venisse respinto sapendo che questo comporta per lui di essere sottoposto a esecuzione capitale. Semplifico: la definizione di Paese sicuro non spetta al giudice. È un’analisi che comporterebbe un’amministrazione particolare che i tribunali non hanno. E’ per forza di cose un provvedimento amministrativo, ancorato ai criteri fissati dall’Unione europea, che individua i paesi sicuri e quelli non sicuri. È invece irragionevole e ingestibile l’idea che sia la magistratura a stabilire quale Paese è sicuro e quale no.
- Il problema però sta a monte. Il Tribunale di Roma ha applicato una sentenza della Corte di giustizia europea.
- Dico di più: è un problema che dovrebbe porsi la nuova Commissione e il nuovo Parlamento. Perché sono queste istituzioni a dover affrontare in chiave diversa il problema delle migrazioni sollevando le Corti e gli Stati dall’incombenza di decisioni contestabili. Ovviamente non è la prima volta che questi organismi si imbattono nel problema dei Paesi sicuri. E c’è stata una condivisione anche da parte del governo italiano. La decisione della corte europea ora ci mette di fronte a un’evidenza irragionevole: se il principio è che gli Stati sono sicuri e insicuri nella loro integrità e completezza, è difficilissimo trovare qualcuno che lo sia. Bisogna partire dalla condizioni particolari della persona. Nel recepire la decisione europea il tribunale di Roma avrebbe dovuto porsi il problema. Spesso la giustizia ordinaria si è disabituata alla valutazione sulla irragionevolezza degli effetti della norma, ma è anche vero che non se ne può fare a meno.
- Ma lei cosa pensa dei Cpr in Albania?
- R. Non ho una posizione favorevole. Certamente in termini numerici quelle strutture non risolvono il problema allocando 3mila persone. Surettiziamente si è detto che è stato introdotto un deterrente, per cui la non certezza di arrivare nel suolo comunitario costituirebbe un disincentivo a partire. Si vedrà. Quel che posso dire è che il problema andrebbe affrontato in maniera diversa anche dalla sinistra. Osservo con timore il crescere di una posizione estrema del Pd, di Avs e del M5s. E con timore altrettanto serio vedo gli effetti in Europa della crescita di un movimento neonazista in Germania che su temi come questi attrae molti consensi. In Italia è finita l’apoteosi della Lega, ma è subentrata una posizione egemone di Fdi, e in questo pesa molto la rappresentanza di tutti coloro che per motivi anche psicologici – e spesso non condivisibili – temono l’immigrazione. La sinistra trova avrebbe chiaro che questa polemica porta grano al mulino di Meloni.
- Meloni ha detto che la magistratura è chiamata a collaborare col sistema Paese e invece adotta decisioni pregiudiziali.
- La collaborazione tra le istituzioni è il cardine del sistema istituzionale. Ma in un sistema in cui le competenze sono ben definite dalla divisione dei poteri. Il tribunale di Roma ha operato nel merito delle sue attribuzioni. Se la sua decisione si presta a critiche nel merito, critiche come le mie, non è perché sono frutto di un pregiudizio antigovernativo. C’è un pregiudizio, invece, nel recepimento della sentenza europea, che è stata recepita tal quale, senza entrare nel merito.
Torniamo a Togliatti. Lei ha detto che aveva a cuore le grandi questioni popolari. Come avrebbe operato?
Togliatti ha portato il Partito comunista ad essere un cardine del sistema istituzionale italiano proprio in questo modo, e in una congiuntura difficile come poteva essere la divisione tra blocchi. Il nuovo Millennio ci mette davanti agli occhi che la democrazia non è un dato scontato. Che va difesa. In Italia ha vinto le elezioni una coalizione di centrodestra che si regge su un partito postfascista. Dopo aver introdotto il sistema maggioritario, abbiamo maggioranze come quella formatasi del 2022 che splittate all’intero elettorato raggiungono a male pena il 30 per cento. Abbiamo istituzionalizzato un sistema ontologicamente di minoranza. Bisogna portare a votare coloro che non votano per evitare che la situazione si consolidi. E se la sinistra non adotta un’ottica togliattiana, e in questo caso non risponde all’elettorato che vive con timore la presenza dei migranti, ma semplicemente lo nega, le persone non vanno a votare. Il rischio è che col premierato il circuito tra potere esecutivo e legislativo si saldi. E non ci resta che sperare nel referendum.
di Alfonso Raimo su Huffpost
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