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Avvocati e Pmi, il 90% è soddisfatto delle "consulenze" ricevute ma i redditi restano al palo

I risultati dell'indagine condotta dall'Organismo Congressuale Forense in collaborazione con Confcommercio sulla soddisfazione delle MPMI (Micro-Piccole-Medie Imprese) del terziario rispetto ai servizi prestati dai legali

Avvocati e Pmi, il 90% è soddisfatto delle

Un libero professionista «a chiamata» che di solito lavora da solo, o comunque proviene da un piccolo studio, e che interviene “solo quando occorre”, venendo pagato “a tariffa” in base al servizio svolto. E che viene individuato attraverso il “passaparola” oppure è presente in azienda da anni grazie ad un rapporto ormai consolidato ma che è comunque capace di dare un contributo rilevante nella risoluzione dei problemi “organizzativi”, e dunque non solo nel contenzioso. A testimoniarlo il dato secondo cui il 91,8% delle imprese che hanno usufruito di consulenza e assistenza legale per aspetti organizzativi, commerciali, finanziari si ritiene soddisfatta del servizio ricevuto.

È la fotografia dell’indagine su ” Imprese e Avvocati ” condotta dall’Organismo Congressuale Forense in collaborazione con Confcommercio volta ad indagare il ricorso e la soddisfazione delle MPMI (Micro-Piccole-Medie Imprese) del terziario (esclusi il settore finance e i liberi professionisti) rispetto ai servizi prestati dagli avvocati. L’indagine, che verrà presentata al XXXV Congresso di Lecce in corso in questi giorni, è stata condotta su un campione di 1.600 MPMI, con specifico riferimento all’attività di assistenza e difesa nelle controversie civili e all’attività di assistenza stragiudiziale, approfondendo anche il tema della occasionalità/stabilità del rapporto e il grado di coinvolgimento del legale nelle scelte aziendali.

Ebbene, tra le imprese che hanno fatto ricorso ad un legale almeno una volta (il 73,3% del totale del campione), ben l’88,9% lo ha fatto non per richiedere il patrocinio giudiziale ma per ottenere prestazioni stragiudiziali; e tra queste si sono dette soddisfatte della prestazione ricevuta ben il 91,8%, dato quest’ultimo sostanzialmente in linea con il grado di soddisfazione delle imprese rispetto alle prestazioni giudiziali (82,3%).

Incoraggiante anche il dato secondo cui l’88,2% delle imprese che hanno usufruito di consulenza e assistenza legale nei diversi ambiti considera tale supporto un potenziale fattore proattivo per il miglioramento dell’azione strategica e operativa.

Desta invece preoccupazioni l’evidenza secondo cui il 63,4% del campione afferma di non aver mai sentito parlare della “giustizia complementare” che, tuttavia, ha dato esiti soddisfacente per il 73,4% di coloro che vi hanno fatto ricorso (il 73,9%). Non solo, il maggior ostacolo alle procedure alternativi verrebbe proprio dall’Avvocatura: per il 36,4% l’impossibilità di farvi ricorso risiederebbe nell’assenza di disponibilità al dialogo con la controparte, mentre per il 33,0% la “giustizia complementare” sarebbe sconsigliata dal legale di fiducia.

Quando poi si chiede una previsione circa lo sviluppo del ruolo che l’assistenza legale assumerà in futuro: per il 56,3% del campione si ridurrà, mentre per il 43,7% l’Avvocatura e i servizi legali saranno sempre più integrati e proattivi (supporto nella gestione di affari legali, organizzativi, commerciali, economici, etc.).

Tirando le fila, per l’Organismo Congressuale forense dall’indagine emerge che l’Avvocatura “potrà avere un ruolo significativo nella misura in cui saprà essere più integrata con le strutture aziendali, più coinvolta nelle esigenze strategiche”, un ruolo dunque da affiancare alla vecchia idea di una Avvocatura “volta esclusivamente alla tutela dei diritti in sé e per sé”, che pure rimane centrale.

Per Mariano Bella, Direttore Ufficio Studi Confcommercio, “Dalla indagine emerge in modo convincente lo iato tra perdita di redditività della professione, rispetto all’elevato grado di soddisfazione espresso dalle imprese per i servizi legali”. Insomma le Pmi sono soddisfatte ma i redditi degli avvocati restano in crisi. Sul punto dunque “l’unica conclusione possibile, ancorchè davvero generica, è ‘rivalorizzare’ il ruolo dell’avvocato nell’assistenza e nella consulenza”. Inoltre, aggiunge Biella: “Altro punto dirimente, in prospettiva, riguarda la scelta dell’avvocatura di puntare di più sulla giustizia complementare”.

Secondo Valter Militi presidente di Cassa forense nel ‘sentire’ delle imprese ci sono “luci e ombre”. “Da un lato – afferma – emerge come, al di là dei processi standardizzati o informatizzati, la maggior parte continuino a premiare un rapporto fiduciario con i professionisti, dall’altro si percepisce la loro necessità di poter contare su un ausilio più immediato e risolutivo. Un avvocato specializzato e tecnicamente preparato, ma anche creativo, innovativo, in grado di ideare e articolare nuove soluzioni e strategie per clienti che hanno problemi legali complessi o sfide importanti da affrontare”.

Entrando più nel dettaglio della ricerca, viene fuori come negli ultimi 10 anni, tra le imprese che si sono servite di un legale, l’88,9% vi ha fatto ricorso per una consulenza e assistenza su aspetti organizzativi, commerciali e finanziari. Il 27,8% invece per la gestione di un contenzioso civile. Mentre tra le principali ragioni del mancato ricorso all’assistenza figura l’assenza di problemi legali (89,6%).

Se poi si guarda agli ambiti in cui l’avvocato fornisce la propria assistenza, primeggiano i contratti, a seguire la privacy, le questioni fiscali, il recupero crediti, la sicurezza sul lavoro, le risorse umane, rapporti con la Pa, tutela dei consumatori, la difesa della proprietà intellettuale e la legge 231. In tutti questi settori la soddisfazione si attesta sopra al 90%. Solo per il «Recupero crediti» il giudizio scende all’88 percento.

In particolare, per le aziende, la consulenza legale comporta una importante riduzione di conteziosi (42,5%) e il vantaggio di operare in trasparenza e integrità (35,7%). Mentre la principale forma di remunerazione per l’assistenza legale nei diversi ambiti dell’impresa è il corrispettivo tariffario sulla base del servizio.

Venendo ai contenziosi, il 45,0% ha agito come parte attrice mentre il 20,9% si è difesa come parte convenuta. Il 34,1% delle imprese è stata coinvolta in contenziosi sia come parte attrice che convenuta. Il 63,3% ha gestito la disputa per mezzo delle diverse forme di risoluzione alternativa. Al contrario solo il 5,6% ha fatto ricorso esclusivamente alla causa civile per gestire le controversie. La mediazione è la forma di risoluzione alternativa a cui hanno fatto maggiore ricorso le imprese (41,2%). Segue la negoziazione assistita (28,6%) e il tentativo di conciliazione (28,1%).

A determinare la scelta di andare in causa, nel 62,4% dei casi il procedimento è stato avviato su parere del legale “sulla base dei possibili scenari”. Di contro, il 37,6% ha scelto autonomamente questa forma di risoluzione. L’82,3% si dichiara soddisfatta dell’assistenza e consulenza legale ricevuta, ponendo l’accento sui risultati ottenuti (53,7%) e la correttezza ed efficacia del proprio legale (49,6%).

Infine, i margini di miglioramento riguardano la lungaggine delle procedure e il costo (64,7%), oltre alla possibilità di un trattamento economico di maggiore favore (16,3%).

Da Il Sole 24 ore

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