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Avvocati monocommittenti, ripresentata la proposta di legge per la tutela

La Pdl n. 735/2022 mira all’abolizione dell’incompatibilità tra la professione di avvocato e il lavoro subordinato presso lo studio di un altro avvocato

Avvocati monocommittenti, ripresentata la proposta di legge per la tutela

Riprende il percorso parlamentare a tutela degli avvocati monocommittenti. La Vicepresidente della commissione Lavoro della Camera ha ripresentato la proposta di legge n. 735 dello scorso dicembre (testo in calce), che mira all’abolizione dell’incompatibilità tra la professione di avvocato ed il lavoro subordinato presso lo studio di un altro avvocato.

Dietro al lavoro di un avvocato che collabora in uno studio legale, si maschera  spesso un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente, tanto è vero che non è difficile rintracciarvi tutti gli indici presuntivi della subordinazione elaborati dalla giurisprudenza, come il potere direttivo, organizzativo e gerarchico del dominus sul collega che collabora nel suo studio. Questo è quanto si legge nella relazione introduttiva alla proposta di legge n. 735 dello scorso dicembre 2022 e appena ripresentata dalla deputata Gribaudo, Vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera.

Se il rapporto tra il dominus ed il collaboratore a partita iva maschera un rapporto subordinato, tuttavia quest’ultimo non gode di una tutela contrattuale definita e spesso neanche di una congrua retribuzione. In Francia sono chiamati avvocati sans papier, in Italia, meno elegantemente, sono denominati “precari”, perché possono perdere in qualunque momento il lavoro senza nemmeno un preavviso, non hanno diritti e garanzie e difficilmente potrebbero riconvertirsi in altro ruolo se a quaranta o cinquant’anni uscissero dallo studio del titolare.

Il paradosso, scrivono i presentatori della proposta di legge, sarebbe poi che questa situazione è non solo tollerata ma addirittura favorita dalla stessa legge professionale degli avvocati, che all’art. 18 comma 1 lett. d) sancisce l’incompatibilità dell’esercizio della professione con qualunque lavoro subordinato, e dunque impedisce la contrattualizzazione della situazione di fatto in cui operano moltissimi legali. La distorsione tutta italiana, proseguono i deputati nella relazione al testo, è che questi avvocati, non hanno le libertà tipiche della libera professione, mancano delle garanzie dei lavoratori subordinati, ma pagano le tasse e gli oneri previdenziali come il loro datore di lavoro.

Nulla di simile si riscontra in altre categorie professionali come quelle dei medici, degli architetti, degli ingegneri, dei commercialisti e dei consulenti del lavoro, che possono essere tranquillamente assunti come dipendenti di un altro professionista che esercita la stessa attività lavorativa.

Il testo di legge presentato, si propone di far decadere l’incompatibilità tra la professione forense ed il lavoro subordinato o parasubordinato, quando venga svolto in via esclusiva presso lo studio di un altro avvocato, di un’associazione  professionale, o di una società tra avvocati o multidiscipinare. Naturalmente, non si tratta di permettere l’assunzione dell’avvocato per qualunque tipo di lavoro subordinato, ma solo per l’esercizio della professione forense in studi legali di altri avvocati. La prospettiva è che si aprano le porte alla contrattazione collettiva per la definizione di tutti gli aspetti del nuovo rapporto di lavoro, ma anche di disincentivare la concorrenza sleale e valorizzazione collaborazioni genuine, evitare la strumentalizzazione della partita Iva e razionalizzare le modalità organizzative della professione forense.

Dall’altra parte la proposta porta con sé alcuni problemi, come la questione della previdenza e la ripartizione del carico contributivo tra avvocato datore e avvocato dipendente, ma anche il diritto di esclusiva, ed il mantenimento inalterato della natura di professione intellettuale, indipendente e liberale. Per sciogliere questi nodi, la proposta rimanda ad appositi decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanare dopo opportuno confronto con le parti sociali, con il Cnf, con OCF, con le associazioni più rappresentative degli avvocati e con la Cassa forense.

 

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