Avvocati, solo 293 specializzati
Linee guida per avviare i corsi A otto anni dal regolamento, aperto il canale di accesso per i dottori di ricerca
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Sulle specializzazioni degli avvocati un altro piccolo passo avanti ma la strada per riconoscere i titoli a chi può vantare lunga esperienza o studi specialistici resta ancora lunga. Tanto che a oggi, otto anni dopo il varo della prima normativa si contano meno di 300 (293 per l’esattezza) professionisti specializzati sull’esercito di oltre 240mila avvocati.
La scorsa settimana il Consiglio nazionale forense ha diramato le linee guida per le convenzioni per i corsi di specializzazione: un passaggio atteso da tempo, un altro tassello di questa vicenda che si trascina dal 2015 ma che non completa l’intricato groviglio di adempimenti necessari per far davvero partire le specializzazioni.
Il quadro è talmente complesso che, appunto, serve un passo indietro al 2015 quando con il Dm 144 (attuativo della legge forense) sono stati individuati i due percorsi (l’esperienza maturata sul campo e i corsi di formazione) attraverso i quali gli avvocati avrebbero potuto ottenere un titolo, l’unico di fatto spendibile pubblicamente, di specializzazione in alcune macroaree del diritto: non solo civile e penale, ma anche tributario, del lavoro e della famiglia, solo per citarne alcune. Il decreto però è stato bersagliato da ricorsi e parzialmente annullato. L’ha corretto e integrato un altro decreto nel 2020 (che ha anche dato la possibilità ai dottori di ricerca di avere il titolo di avvocato specialista), a sua volta investito da critiche e ricorsi. Tanto che, di fatto, la normativa si è stabilizzata solo da poco più di un anno e mezzo, dopo la pronuncia del Tar Lazio del febbraio 2022.
Da allora ha preso il via l’attuazione, andata a rilento, complici anche i molti adempimenti e le varie commissioni previste. Il risultato è che a oggi solo una delle tre strade per ottenere il titolo di specialista è attiva: quella per i dottori di ricerca .
È ancora in stand by, invece, il riconoscimento per esperienza acquisita negli anni con la trattazione di diversi casi nella materia di specializzazione: gli aspiranti specialisti possono presentare domanda al Cnf ma poi non possono sostenere il colloquio di valutazione perché non è ancora operativo l’elenco di docenti e legali a cui si deve attingere per comporre la commissione incaricata di svolgerlo.
Mentre avanza a piccoli passi verso lo sblocco il terzo canale per avere il titolo di specialista, quello della partecipazione a corsi di formazione biennali di almeno 200 ore: il ministero della Giustizia ha varato le “linee guida” a cui devono conformarsi i programmi didattici; e ora, dopo una lunga gestazione, il Consiglio nazionale forense ha approvato le linee guida che saranno alla base delle convenzioni tra lo stesso Cnf, gli Ordini locali, le Università e le associazioni specialistiche forensi per avviare i singoli corsi. Nel documento il Cnf richiama la necessità di stipulare una convenzione per ogni percorso formativo. E prevede il coinvolgimento degli Ordini sia per organizzare «i moduli relativi all’ordinamento professionale e alla deontologia forense», sia come sede fisica per eventuali lezioni in presenza. Secondo le linee guida, poi, «la formazione specialistica non ha finalità di lucro e non produce utili o profitti» per chi organizza i corsi. Resta da capire come si articoleranno per il futuro i rapporti con le associazioni specialistiche che finora hanno organizzato i corsi (Agi, Aiaf, Uncat, Unione delle Camere civili e Unione delle Camere penali).
L’incertezza delle regole si riflette sui numeri degli specialisti. Finora infatti sono solo 293 gli avvocati ad avere ottenuto il titolo. Di questi, 197 sono dottori di ricerca. I restanti sono i professionisti che hanno superato l’esame scritto e orale dopo aver concluso i corsi biennali delle scuole di specializzazione entro il 2020 (per cui vale il regime transitorio) e organizzato nei mesi scorsi dal Cnf: su 490 domande, in 230 si sono presentati agli scritti, 96 i promossi. Mentre sono state presentate 221 domande per il riconoscimento della comprovata esperienza. A restare fuori dai giochi sembrano essere gli oltre mille avvocati che hanno frequentato i corsi di specializzazione attivati dalle associazioni dopo il 2020, non coperti dalla norma transitoria, né dalle nuove regole: potranno far valere il corso nell’ambito della domanda basata sull’esperienza.
Intanto, il Cnf ha presentato agli Ordini un gestionale che centralizzerà e semplificherà la presentazione delle domande, di tutti e tre canali, attivo entro la fine di novembre.
Sole 24 Ore
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