Avvocatura italiana ecco il rapporto: «Inizia la ripresa»
Il rapporto annuale presentato dal Censis e Cassa Forense
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Negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale il numero di avvocati e i redditi sono diminuiti. Questo ha prodotto una polarizzazione del settore, in timida ripresa: verso l’alta specializzazione da una parte e verso quella non specializzata dall’altro, con una crescita della disuguaglianza. A rilevarlo è il ‘ Rapporto annuale sull’avvocatura italiana’ realizzato dal Censis per la Cassa Forense, presentato ieri a Roma da Giorgio de Rita, segretario generale del Censis, e Andrea Toma, e discusso da Nunzio Luciano, presidente della Cassa Forense. «A fronte dei dati, la risposta degli avvocati è stata la consapevolezza che vince chi sa stare nel mercato, chi si professionalizza e chi sa stare nella filiera competitiva. Allo stesso tempo, abbiamo rilevato nei legali l’istanza a non dimenticare i “deboli” e chi rimane indietro», ha spiegato De Rita. Analizzando i dati, risulta che gli avvocati sono passati dagli 83mila del 1995 ai 243mila del 2017, con l’inizio della crescita esponenziale negli anni Duemila e un assestamento a partire dal 2008. Oggi, quindi, ci sono 4 avvocati ogni mille abitanti, contro un solo avvocato ogni mille abitanti nel 1990. La componente femminile, invece, nello stesso arco temporale è passata da 21mila a 116mila avvocate, contro i 127mila dei colleghi uomini: da un 25% del totale degli avvocati, oggi le donne costituiscono il 47,8%. Si è ridotta invece la componente giovane: tra gli anni accademici 2010- 2011 e 2016- 2017 c’è stata una riduzione di oltre 23.000 iscritti e mancano all’appello più di 10.000 immatricolati in giurisprudenza. Il reddito medio annuo degli iscritti alla Cassa Forense nel 2017 è di 38.400 euro, stabile negli ultimi tre anni. Rispetto al 1996, in cui la media rivalutata era di 54mila euro, tuttavia, il calo è del 29%. Quanto alla geografia reddituale, si riscontra una netta polarizzazione: i più ricchi e in crescita sono i professionisti maschi ultracinquantenni del centro- nord, che lavorano in grandi città; i redditi inferiori rispetto alla media nazionale sono le professioniste donne, giovani e residenti nel centro- sud. Le donne, infatti, ricavano dalla professione un reddito pari in media al 43,8% dei colleghi maschi, inferiore in valore assoluto di quasi 30.000 euro l’anno. Alla domanda sulle ragioni per cui la professione sia meno attrattiva rispetto al passato, il 44% ha risposto che l’avvocatura costringe i giovani alla precarietà per troppo tempo; il 22% ha dato la colpa alla giustizia che non funziona; il 21% al fatto che la professione non garantisce più adeguati sbocchi professionali. Quanto alla caduta di prestigio, il 76% degli intervistati ha ritenuto che la causa sia la riduzione dei redditi. Al quesito sul grado di soddisfazione sulla propria condizione, in media solo il 13% ha dato riscontro positivo. Di questi, il 24% è oltre 50mila euro di reddito; il 20% ha meno di 40 anni e il 17% esercita la professione da meno di 10 anni. Ad avere la percezione più negativa sono le donne, di cui solo l’ 11,5% ha definito positiva la propria condizione ( gli uomini il 14,5%). Alla specifica domanda sulla possibilità di introdurre un socio non professionista nel nelle società di professionisti, gli avvocati hanno riscontrato come elementi negativi il timore che questa figura condizioni il lavoro dei soci professionisti ( 35%) e il rischio di conflitti di interesse ( 22%). Il 25%, tuttavia, considera le società di professionisti con socio non professionista una prospettiva che può allargare le opportunità. «Oggi, anche per gli avvocati, ci troviamo al termine di un lungo periodo di transizione ha commentato De Rita -. Si va verso un modo nuovo di fare la professione, con una polarizzazione tipica di tutti i settori. La parola chiave è il futuro e la sfida per l’avvocatura sarà costruirlo».
Fonte. Il Dubbio
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