Anno: XXVI - Numero 72    
Venerdì 10 Aprile 2025 ore 14:40
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Carriere separate, una lunga guerriglia fino al referendum

Erano convinte di partire battute, nella battaglia sul ddl Nordio: e invece le correnti delle toghe possono trascinare il governo in una contesa estenuante.

Carriere separate, una lunga guerriglia fino al referendum

Nell’Anm circola da mesi un certo timore. Sintetizzabile come segue: noi la politica, quella vera, non la sappiamo fare, quindi come potremo mai condurre una battaglia referendaria sulla separazione delle carriere? Si sentono spacciate, le toghe. Danno per scontato che la consultazione attesa per l’inizio del 2026 abbia un esito già scritto: vincerà il Sì, vincerà il centrodestra. Arriverà il sigillo popolare alla riforma Nordio. Che sarà legge (costituzionale) dello Stato. E non ci sarà più la fortezza del Csm: la forza ordinamentale della magistratura sarà smembrata, annichilita, con i pm isolati da tutto, forse inferociti nell’interpretazione del ruolo ma svuotati di quella leadership carismatica che, dai tempi di Mani pulite, trascina l’ordine giudiziario come se fosse un’avanguardia politica.

Perché un conto, e questo è vero, è trovarsi di fronte un Berlusconi e giocare alla Barazzutti (alla Lendl, alla Wilander), ributtare la palla dall’altra parte fino a sfinire l’eclettico e irregolare McEnroe di turno. Altra cosa è il serve and volley, che in termini di comunicazione politica significa rivolgersi agli elettori e convincerli che la separazione delle carriere non s’ha da fare. Tutto vero.

Ma intanto, visto che non parliamo di una comunità priva di risorse intellettuali, visto che dalle colonne del Dubbio più volte, e da anni, si è ricordato come in fondo la magistratura sia una delle ultime élite politico-culturali del Paese sopravvissute allo sterminio delle classi dirigenti, l’Associazione presieduta da Cesare Parodi si è messa d’impegno, e ha ricominciato a lavorare su tutte le sponde possibili. Innanzitutto sui partiti, vera pietra dello scandalo. Proprio attorno all’ipotesi di partecipare a eventi pubblici promossi esclusivamente dai partiti si era infatti consumata, sabato scorso, una piccola crisi interna al “sindacato”, con la moderata “Magistratura indipendente” che aveva proposto di vietare i comizi anti-Nordio, e con tutte le altre correnti che avevano respinto l’autoregolamentazione e messo in minoranza il gruppo da cui proviene lo stesso Parodi. L’Anm ha deliberato che la maginot contro le carriere separate val bene un po’ di contaminazione, persino di collateralismo esplicito, fra magistratura associata e politica tout court.

Detto fatto: negli ultimi due giorni, Parodi e la sua giunta hanno incontrato (come si riferisce in dettaglio con altro servizio, ndr) i gruppi parlamentari di opposizione. Hanno programmato colloqui anche con le delegazioni del centrodestra. Formalmente, è una banale moral suasion: l’oggetto dei summit si riduce a un semplice quanto velleitario “ripensateci dall’approvare la riforma Nordio, finché siete in tempo”. Ma è chiaro che, per l’Anm, l’incontro ravvicinato coi partiti, e in particolare con le forza di centrosinistra schierate contro la separazione delle carriere, assume in questo momento il significato di una sfida al governo, e in particolare ad Alfredo Mantovano. Dopo lo schiaffo inflitto, sui comizi referendari, a “Mi”, corrente a cui lo stesso sottosegretario alla Presidenza ha fatto riferimento fin quando ha esercitato funzioni giudiziarie, lunedì scorso Mantovano ha pronunciato una dura invettiva contro gli sconfinamenti dei magistrati, nell’intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Cnf. E l’Anm, per tutta risposta, che fa? S’incontra coi partiti d’opposizione. Una scelta che, sebbene programmata da un po’, in un quadro simile acquisisce il gusto della provocazione. Ma magari – per l’Amn – arrivassero reazioni indignate dal governo o dai parlamentari di maggioranza. Tutta pubblicità. Tutta acqua tirata al mulino con cui il sindacato delle toghe punta a trasformare la battaglia sulla separazione delle carriere in un grande evento politico, e a suscitare mobilitazione. A scuotere dal torpore quanti più elettori inerti è possibile, soprattutto tra chi non vota per Giorgia Meloni e il centrodestra, fino a compiere il miracolo di una vittoria del No al referendum sulla riforma.

È una finezza strategica, una malizia da consumati attori della scena pubblica di fronte alla quale Meloni, Mantovano, il guardasigilli Carlo Nordio e l’intero centrodestra farebbero bene ad allarmarsi. Perché l’Anm, con la propria instancabile guerra, anzi guerriglia mediatica di logoramento, trascinerà la controparte, la maggioranza di governo appunto, in un estenuante duello da qui alla consultazione confermativa. E così la giustizia, la separazione delle carriere, la riforma (la sola, dei due grandi progetti costituzionali della legislatura, che pare destinata a compiere almeno l’iter parlamentare) rischiano di tradursi in un fronte faticosissimo, per la presidente del Consiglio e il suo Esecutivo. In una fase in cui il quadro politico interno, ma soprattutto i riverberi delle tensioni internazionali sottopongono il governo a uno stress test fra i più duri degli ultimi decenni, doversi sobbarcare anche il peso del conflitto sul ddl Nordio rischia di trasformarsi in una formidabile dispersione di energie. E prima ancora di capire se la magistratura sia capace di dare scacco matto ai partiti su un terreno che è tutto politico, il centrodestra dovrà fare i conti con gli effetti collaterali di questa contesa probabilmente sottovalutata, almeno nel suo carico di perdite.

Da Il Dubbio

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