Centomila avvocati morosi e ben 66.851 chiedono l’esonero parziale dai contributi previdenziali
La situazione è seria per l’avvocatura e i numeri sono impietosi nel fotografare una crisi dei redditi.
Sono più di 100.000 gli avvocati morosi nel pagamento dei contributi sottoposti all’azione di recupero dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e ben 66.851 hanno richiesto l’esonero parziale dai pagamenti contributivi.
Forte la disparità di reddito tra uomo e donna, il reddito medio di due avvocate non raggiunge il reddito di un avvocato.
Nella relazione alla proposta di legge numero 1131 pubblicata il 26 luglio sul sito della Camera dei Deputati si legge che: “Il reddito e la sua evoluzione nel tempo rappresentano in maniera molto efficace lo stato di salute della professione.
I dati elaborati dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, in una prospettiva di lungo periodo, confermano il declino del ritorno economico della professione.
La lunga stagnazione, che da oltre vent’anni ha condizionato l’attività di molti settori del terziario professionale in Italia, ha avuto ripercussioni rilevanti sull’avvocatura.
Nel 2020 la dimensione economica dell’avvocatura, misurata attraverso il reddito complessivo ai fini IRPEF, si è ridotta del 4,1 per cento rispetto all’anno precedente e si è attestata intorno agli 8,5 miliardi di euro.
Il volume di affari, pari a 12,8 miliardi di euro, ha segnato una diminuzione del 4,6 per cento. Nell’anno della pandemia di COVID-19, il reddito medio annuo di un avvocato, iscritto alla cassa di previdenza, ha subìto una riduzione di sei punti percentuali, collocandosi su una soglia di poco inferiore a 38.000 euro; il volume d’affari medio è invece diminuito di 6,5 punti percentuali.
La crisi si fa più evidente se esaminiamo la distanza fra il reddito medio di un avvocato donna e quella di un collega, tanto che occorre sommare il reddito di due avvocati donne per sfiorare, e non raggiungere, il livello medio di reddito percepito da un avvocato uomo: 23.576 euro contro quasi 51.000.
Il divario fra i redditi è ancora maggiore se si prende in considerazione l’età anagrafica degli avvocati.
Chi ha meno di trent’anni supera di poco la soglia di 13.000 euro, mentre solo a partire da cinquant’anni è possibile raggiungere un livello superiore al valore medio: 35.905 euro nella classe d’età 45-49 anni, 45.943 euro nella classe d’età 50-54 anni. Significativo appare, poi, il numero di domande di esonero parziale dai contributi previdenziali pervenute al 1° ottobre 2021, sicuro indice dell’impossibilità di far fronte al pagamento.
Complessivamente le richieste sono state ben 66.851.
Per non parlare, poi, del rilevante numero di morosità riscontrate attualmente. Il contesto generale sta imponendo da oltre due anni una condizione di grande incertezza ed evidente è lo stato di disagio che stanno attraversando le professioni e, in particolare, l’avvocatura.
La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense si attende una profonda modifica nella composizione demografica della categoria dei propri iscritti, che vedrà presumibilmente una riduzione della platea, dovuta al maggior numero di cancellazioni dagli albi conseguenti anche alla migrazione di molti professionisti negli impieghi pubblici messi a disposizione a seguito dei numerosi concorsi banditi dallo Stato e dai principali enti pubblici.
Sarà compito degli attuari, dunque, disegnare i nuovi scenari della professione e le nuove linee reddituali e di speranza di vita, con riferimento allo scenario post COVID-19 che, ovviamente, non potrà essere identico a quello analizzato nel periodo precedente.
A riprova delle difficoltà in cui versano i professionisti, la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense ha avviato azioni di recupero crediti per circa 100.000 avvocati morosi”.
Numeri impietosi che fotografano una crisi nera ed uno “stato di salute” precario che non sembra interessare l’avvocatura associata sempre più impegnata nelle tante manifestazioni e feste di autocelebrazione.
di Riccardo Radi
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