Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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Da disapplicare le tariffe minime obbligatorie

La Corte di Lussemburgo ha stabilito che la fissazione di importi minimi inderogabili, decisa da un consiglio nazionale forense, è una violazione delle norme Ue sulla libera concorrenza.

Da disapplicare le tariffe minime obbligatorie

Nel caso di specie, il riferimento normativo contempla le leggi bulgare: il codice di procedura civile bulgaro, infatti, stabilisce come devono essere gestiti i costi dei procedimenti legali e i compensi degli avvocati, con l’obiettivo di garantire un sistema legale equo e trasparente. La legge sulla professione forense bulgara assicura, poi, tra i diritti e i doveri degli avvocati, che vengano retribuiti in modo adeguato al loro lavoro, e stabilisce regole specifiche per i casi in cui l’assistenza legale è fornita gratuitamente.

Nel procedimento principale dinanzi al Tribunale di Sofia, una parte ha presentato una richiesta di risarcimento contro la sua assicuratrice per un importo specifico, oltre agli interessi moratori, a seguito di un furto di un veicolo. La richiesta includeva anche gli onorari dell’avvocato della parte richiedente, concordati in precedenza tra le parti. Tuttavia, la controparte ha contestato l’eccessività di tali onorari, chiedendo una loro riduzione.

Con una decisione adottata il 16 febbraio 2022, il giudice nazionale ha parzialmente approvato la richiesta risarcitoria, ma ha ritenuto gli onorari dell’avvocato troppo alti, riducendoli ad un importo inferiore. Tale riduzione è stata giustificata dall’esistenza di una legge bulgara che permette di abbassare gli onorari quando risultano eccessivi per la complessità del caso. Il giudice ha anche menzionato dei precedenti riferimenti giurisprudenziali della CGUE, sostenendo che la legge bulgara in questione non viola una specifica norma dell’Unione Europea, poiché mira a garantire che il pubblico riceva servizi legali di qualità.

Entrambe le parti coinvolte nel caso hanno presentato ricorsi avverso la decisione del giudice nazionale. Inoltre, la parte richiedente il risarcimento dei danni ha sollecitato un riesame della decisione, affermando che le norme nazionali in tema di tariffe minime degli avvocati violassero la legislazione europea.

Il tribunale ha, dunque, deciso di sospendere il processo e di chiedere alla Corte dell’UE dei chiarimenti sull’interpretazione dell’art. 101, par. 1, del TFUE e se, del caso, la legge bulgara sui minimi onorari degli avvocati sia conforme rispetto alle regole previste dal diritto unionale.

In particolare, il tribunale chiede se l’articolo 101, par. 1, del TFUE permetta di fissare gli importi minimi degli onorari degli avvocati basandosi solo su alcuni criteri come il tipo di procedimento e il numero di sedute, trascurando altri fattori importanti come la complessità della causa e la normativa applicabile; Se il giudice nazionale, nell’esaminare se gli obiettivi legittimi possono giustificare l’applicazione dell’importo minimo degli onorari, debba valutare specificamente per ciascun caso quali criteri considerare per determinare la proporzionalità dell’importo minimo e se tale importo miri a garantire un’assistenza legale efficace a livello nazionale; Il giudice del rinvio domanda, altresì, se il giudice debba prendere in considerazione una normativa approvata dal potere esecutivo sugli onorari degli avvocati d’ufficio, che rappresentano il massimo rimborso alla parte assistita, per valutare se l’importo fissato dalla normativa sia sufficiente per garantire un’assistenza legale di qualità elevata. Inoltre, si chiede se il giudice debba determinare un importo degli onorari che sia adeguato per garantire un’assistenza legale di qualità e confrontarlo con quello previsto dalla normativa, motivando la propria scelta.
Infine, si domanda se, in base all’articolo 101, paragrafo 2, del TFUE, il giudice sia tenuto ad applicare le tariffe minime stabilite da un’associazione di imprese anche se lesive del divieto di restrizione della concorrenza ma che riflettono i prezzi effettivi di mercato dei servizi, considerando che chi presta tali servizi è obbligato ad aderire all’associazione.

Nel caso in questione, il giudice del rinvio ha sottoposto alla CGUE  alcuni interrogativi in merito alla validità di una tariffa che stabilisce importi minimi di onorari degli avvocati, adottata da un’organizzazione professionale a cui gli avvocati sono obbligati ad aderire per legge. Il quesito principale è quale controllo debba esercitare il giudice riguardo alla compatibilità di questa tariffa con il divieto di accordi restrittivi della concorrenza previsto dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE. La CGUE, in sentenze precedenti, ha trattato argomenti simili, sottolineando l’importanza di valutare se la normativa nazionale in questione limiti la concorrenza nel mercato interno e se sia giustificata per perseguire un obiettivo legittimo. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio, considerando il contesto generale e gli effetti della normativa, decidere se tali restrizioni siano necessarie per raggiungere l’obiettivo finale legittimo. Infine, la Corte chiarisce che il riferimento alla giurisprudenza Wouters[1] serve a guidare il giudice del rinvio nella valutazione della normativa nazionale che impone una decisione di un’associazione che limiti la concorrenza, ma la decisione finale spetta al giudice del rinvio in base a tutti gli elementi rilevanti del caso.

La  prima questione sollevata dal giudice del rinvio concerne la validità di un regolamento nazionale che stabilisce gli importi minimi degli onorari degli avvocati alla luce dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE. Il quesito è se il giudice nazionale possa rifiutare di applicare un regolamento nazionale quando si tratta di decidere sulle spese legali, anche in assenza di un contratto tra le parti coinvolte.

Il principio della primazia del diritto dell’Unione europea impone al giudice nazionale di garantire la piena applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione, anche se questo significa disapplicare norme o prassi nazionali contrastanti. Se le restrizioni alla concorrenza causate dal regolamento nazionale sugli onorari degli avvocati non possono essere giustificate come necessarie per raggiungere obiettivi legittimi, allora la stessa normativa nazionale diventerebbe incompatibile con l’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE.

In pratica, il giudice nazionale è obbligato a non applicare la normativa nazionale controversa che va contro le regole di concorrenza dell’Unione Europea. Questo perché gli Stati membri devono evitare di adottare o mantenere in vigore provvedimenti che ledano l’efficacia delle regole di concorrenza, come stabilito dall’articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione Europea.

Le domande successive sollevate dal giudice del rinvio cercano chiarimenti su due aspetti principali: gli “obiettivi legittimi” che una legge nazionale dovrebbe raggiungere e il controllo che il giudice nazionale deve esercitare in questa situazione.

L’aspetto principale della questione riguarda in che misura l’obiettivo viene considerato legittimo, e se la misura adottata, ovvero la tariffa sugli onorari minimi degli avvocati, è adeguata e proporzionata. È interessante sottolineare che la Corte ha già stabilito che quando il Consiglio superiore dell’ordine forense decide gli onorari minimi degli avvocati, agisce come un’associazione di imprese secondo le regole dell’Unione Europea.

In definitiva, è essenziale capire se la decisione di fissare gli importi minimi degli onorari degli avvocati abbia l’intenzione implicita di limitare la concorrenza o se, per il suo impatto dannoso, finisca per farlo comunque. La Corte europea ha stabilito che, per violare l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, un accordo deve mirare o avere l’effetto di limitare la concorrenza. Se l’accordo è chiaramente anti-concorrenziale, non è necessario esaminare gli effetti specifici sulla concorrenza. Dunque, se una decisione impone tariffe minime, rappresenta di per sé una restrizione vietata dalla legge europea. Inoltre, è stato chiarito che accordi collusivi come la fissazione orizzontale dei prezzi danneggiano la concorrenza indipendentemente dal livello dei prezzi minimi stabiliti.

Quindi, queste restrizioni non possono essere considerate valide se sono giustificate solo dal desiderio di garantire la qualità dei servizi legali. Di conseguenza, le questioni dalla seconda alla nona richiedono una risposta che sostenga che una legge nazionale è considerata una restrizione della concorrenza se impedisce alle parti di negoziare un compenso inferiore a un importo minimo stabilito da un regolamento professionale, e se non permette al giudice di ordinare la restituzione degli onorari a un livello inferiore a tale minimo.

L’ultima domanda posta dal giudice riguarda il modo in cui dovrebbe agire se un regolamento nazionale stabilisce importi minimi per gli onorari degli avvocati, ma viola le regole Antitrust dell’Unione Europea. Il giudice si chiede se dovrebbe comunque applicare questi importi minimi, considerando che riflettono i prezzi effettivi del mercato legale, dato che tutti gli avvocati devono aderire a questo regolamento. Tuttavia, i prezzi fissati da un accordo tra tutti gli operatori del mercato non possono essere considerati prezzi di mercato reali. Questo tipo di azione concertata sui prezzi è una grave violazione delle regole di concorrenza dell’UE. Pertanto, anche se gli importi minimi stabiliti dal regolamento possono sembrare in linea con i prezzi reali del mercato, il fatto che siano il risultato di un accordo tra tutti gli operatori del mercato li rende incompatibili con le leggi Antitrust dell’UE. Alla luce di queste considerazioni, la questione deve essere risolta affermando che il giudice nazionale deve rifiutare l’applicazione del regolamento nazionale che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, nonostante questi importi riflettono i prezzi reali di mercato.

In definitiva, la CGUE ha stabilito che se una legge nazionale impone onorari minimi agli avvocati, anche se questi riflettono i prezzi di mercato, viola le norme UE sulla concorrenza. Inoltre, la Corte ha sottolineato l’importanza della libera concorrenza nell’ambito legale e ha evidenziato che limitare la libertà contrattuale tra avvocati e clienti con tariffe minime obbligatorie non è conforme alla normativa europea. Pertanto, è preferibile consentire la libera negoziazione degli onorari tra avvocati e clienti piuttosto che imporre tariffe minime attraverso la legge nazionale.

[1] La sentenza Wouters e altri del 19 febbraio 2002 della CGUE (C-309/99) ha stabilito che il regolamento olandese del 1993 sulla collaborazione tra avvocati e altre libere professioni non violasse le leggi europee sulla concorrenza. Nel caso di specie, l’Ordine degli Avvocati olandese ha agito in modo ragionevole nel ritenere necessaria questa normativa per il buon esercizio della professione legale. Inoltre, l’Ordine forense non poteva essere considerato un’impresa ai sensi delle leggi europee sulla concorrenza.

Tratto da Giuri Civile

 

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