Decapitata la corte di Cassazione
A una settimana dall’inaugurazione dell’anno giudiziario due sentenze del consiglio di Stato provocano un terremoto ai vertici della magistratura italiana.
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L’organo di Palazzo Spada ha, infatti, annullato la nomina di Pietro Curzio e Margherita Cassano, rispettivamente primo presidente e presidente aggiunto della Suprema corte. Il Palazzaccio si trova così, di fatto, senza vertici. Perché le due nomine, fatte dal Csm a luglio 2020, sono ormai carta straccia. Nel giro di pochi mesi, così, l’operato del Consiglio superiore della magistratura è stato messo in discussione, per quanto riguarda le nomine di peso, ben tre volte. Nel caso della nomina – poi annullata – a procuratore di Roma di Michele Prestipino, in primis. E ora anche nel caso dei vertici della Suprema corte che sono, lo ricordiamo, tra i magistrati più importanti d’Italia.
Si tratta di un fatto senza precedenti, oltre che dell’ennesima tegola che si abbatte sul Csm. A ricorrere contro le due nomine un altro candidato, Angelo Spirito. Che davanti al Tar aveva perso. Oggi la sorpresa. Ma perché le nomine sono da annullare? Nelle 26 pagine del provvedimento scritto da Alberto Urso, si spiega che la motivazione alla base della nomina di Curzio ”è irragionevole e gravemente carente”. Contestato, in particolare, il fatto che Curzio sia stato nominato nonostante avesse trascorso in Cassazione molti meno anni rispetto al suo competitor. ”È stato trascurato – si legge – il principale indicatore di professionalità, rappresentato dall’entità della permanenza nell’esercizio delle funzioni di legittimità”. È vero che l’anzianità di servizio non è l’unico criterio per decidere a chi assegnare quello scranno così importante ma, secondo il giudice, il Csm non ha motivato a sufficienza la sua scelta. Nel provvedimento si legge ancora: “L’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alla conclusione di ritenuta equivalenza dei profili dei candidati, conclusione che non risulta invece allo stato esplicabile né ragionevolmente intellegibile alla luce dello scarno passaggio motivazionale speso dal Csm al riguardo”. Nel ricorso contro la nomina di Margherita Cassano è stato contestato il peso attribuito “alla sua esperienza di componente del Csm”, a fronte della “netta esperienza quantitativo-temporale” dell’impegno svolto da Spirito che ha il ‘grado’ di presidente di sezione da 20 anni. Inoltre, secondo il Consiglio di Stato si sarebbe dato troppo valore anche al fatto che Cassano è stata Presidente della Corte di Appello di Firenze senza considerare che Spirito aveva una ben più lunga e specifica esperienza in Cassazione.
Curzio e Cassano appartengono a due diverse correnti della magistratura. Dei progressisti di Area il primo, delle toghe di centrodestra di Magistratura indipendente la seconda. Cassano è stata la prima donna ad assumere il ruolo di numero due della Suprema corte. Entrambi hanno alle spalle una florida carriera. Elemento che, però, non è bastato a Palazzo Spada per considerare legittima la loro nomina.
Le decisioni, che arrivano proprio nel giorno in cui Palazzo Spada ha eletto il suo nuovo presidente – Franco Frattini – sono destinate ad aggiungere scompiglio a un mondo, quello delle toghe, che ancora non si è ripreso dallo scandalo delle nomine del 2019. Forza Italia coglie l’occasione per chiedere di accelerare sulla riforma del Csm. Le decisioni di Palazzo Spada, si legge in una nota firmata da Pierantonio Zanettin e altri deputati azzuri “sono l’ennesima prova che il sistema ha bisogno di una riforma profonda e radicale e non di soluzioni di compromesso. Forza Italia invita la ministra Cartabia a portare al più presto in Commissione Giustizia la sua proposta di riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario e rilancia con determinazione il sorteggio temperato per la elezione della componente togata del Csm come unica soluzione per limitare il peso delle correnti”. Enrico Costa, deputato di Azione, su Twitter scrive che la decisione del Consiglio di Stato ha fatto fare “una figuraccia a Csm e al ministero della Giustizia”. Le conseguenze di queste due sentenze andranno ben oltre la figuraccia.
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