Dopo la Brexit agli avvocati italiani serve il «supervisore» inglese
Caduto il riconoscimento delle qualifiche, l’attività nel Regno Unito possibile solo con l’assistenza di un solicitor. Esame ad hoc per contenzioso, immobili e successioni
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Con l’accordo di libero scambio raggiunto in extremis tra Unione europea e Gran Bretagna alla vigilia di Natale il salto nel buio di un “no deal” è stato evitato, ma restano numerose questioni che l’accordo non affronta e i tanti problemi che non risolve. L’accordo commerciale ha puntato tutto sugli scambi di merci, trascurando i servizi, che restano nell’incertezza sulle regole future tutte da stabilire. Su 1.246 pagine di testo, l’accordo ne dedica solo qualche decina ai servizi. Ma tra queste spiccano i servizi giuridici, definiti come “servizi di consulenza legale, di arbitrato, conciliazione e mediazione legale”, ai quali viene dedicata una sezione a parte (Parte seconda, titolo 2, Capitolo 5, Sezione 7) con una normativa di base. Le professioni legali sono le uniche a essere riconosciute in questo modo.
«Il riferimento ai servizi legali nell’accordo è segno di forte riconoscimento della strategicità e criticità del settore, ritenuto prioritario rispetto a molti altri economicamente più rilevanti», spiega Marco Gubitosi, London Managing Partner di Legance.
Questo stabilisce anche un precedente importante, secondo la Law Society, perché inserisce i servizi giuridici come parte integrante dei negoziati commerciali internazionali. Lo stesso Governo britannico ha dichiarato che «in alcune aree, e in particolare nei servizi giuridici, l’accordo è innovativo».
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