Giustizia, sull'ergastolo ostativo M5S contro la Consulta
Il suo è un colpo mortale alla lotta alla mafia
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Rompe il prolungato silenzio sulla giustizia l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. E lo fa su un tema delicatissimo come l’ergastolo ostativo: “Non possiamo permetterci che l’impianto normativo fortemente voluto da Giovanni Falcone e da Paolo Borsellino per contrastare l’azione delle mafie venga gravemente indebolito. Il Parlamento non deve perdere tempo”. È seduto tra il pubblico, in conferenza stampa, mentre i suoi – l’ex sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, Eugenio Saitta e Marco Pellegrini – presentano la proposta di legge. Che lo stesso Bonafede chiosa così: “Dobbiamo essere compatti come Parlamento, perché lo Stato deve tenere altissima la guardia nella lotta contro le mafie e in questo dev’essere unito”.
Parole di unità proprio nelle stesse ore in cui M5S non nasconde le sue contrarietà sulla riforma della giustizia che sta maturando nelle stanze della ministra Marta Cartabia. Dalla prescrizione all’inappellabilità delle sentenze, M5S non è affatto d’accordo. Per questo, dopo un incontro dei deputati con Giuseppe Conte, chiede un incontro alla Guardasigilli. Ma intanto ufficializza la sua posizione netta su un tema, quello delle misure sui mafiosi in carcere, che marcano anche in questo caso una differenza con Cartabia. Lei, da ex giudice della Consulta, ha sottoscritto nel 2019 la sentenza che ha reso possibili (anche se poi in numero limitatissimo) le concessioni dei permessi ai mafiosi anche se non sono pentiti. E certo, se fosse stata ancora alla Corte, non avrebbe detto no all’ulteriore ordinanza che ha appena reso possibile anche la liberazione condizionale, sempre per i mafiosi, anche se non collaborano, quando il Parlamento cambierà la legge. Ovviamente, sia per i permessi che per la liberazione, parliamo di misure decise dai giudici di sorveglianza. E della caduta di un automatismo che, secondo la Corte, è palesemente incostituzionale perché non tiene conto del percorso carcerario delle singole persone. Ma cade proprio quell’automatismo che Maria Falcone, la sorella del giudice ucciso a Capaci, ha ben spiegato proprio a Repubblica, e che rischia di fare il gioco della mafia.
E qui eccoci al passo di M5S che, con Ferraresi, Saitta e Pellegrini, ironizza sulla Lega che affida il suo dissenso sulla giustizia ai referendum, e rende pubblica la sua proposta di legge sui benefici ai mafiosi all’ergastolo. Se è vero, come dice Ferraresi, che le decisioni della Consulta rappresentano “un colpo mortale alla lotta alla mafia perché i boss mafiosi, all’ergastolo per stragi e omicidi, potranno ottenere permessi premio, anche se non collaborano con la giustizia”, allora la soluzione sta in almeno tre mosse. Rese pubbliche, sottolinea Ferraresi, “nel giorno in cui Falcone avrebbe compiuto 82 anni”.
Misure che l’ex sottosegretario sintetizza così: “Il detenuto all’ergastolo dovrà dimostrare lui stesso di aver tagliato i collegamenti con le organizzazioni criminali, dovrà fornire una prova rafforzata, e garantire che non ci sarà più il pericolo in futuro di nuovi collegamenti. Non sarà sufficiente una semplice dichiarazione, né la buona condotta in carcere, né tantomeno un percorso rieducativo. Sarà necessario anche il risarcimento dei danni alle vittime. Durante tutto il periodo della liberazione condizionale chi ha ottenuto il beneficio resterà in libertà vigilata, con il rischio della revoca se riattiva i vecchi canali con la mafia”.
Ma non basta. C’è altro nella proposta di legge che da oggi è alla Camera. Al di là dei futuri consensi delle altre forze politiche, si tratta del primo passo che proprio la Consulta ha chiesto al Parlamento, cambiare la legge e sanare le incostituzionalità nell’arco di un anno. È il senatore Marco Pellegrini, componente della commissione Antimafia, a spiegare il ruolo che avranno i pm dei singoli distretti e la procura nazionale antimafia. Saranno loro a “dare un parere obbligatorio, ma non vincolante, sulla richiesta del detenuto, riguardo al pericolo che i collegamenti con la mafia possano rinascere in un periodo breve, medio, o lungo. Sarà un parere di importanza decisiva perché proviene da una fonte qualificata”.
E infine l’ultimo aspetto, quello che, secondo M5S, dovrebbe risolvere il rischio che i singoli magistrati di sorveglianza si trovino in una condizione di debolezza e di possibile minaccia rispetto alla decisione su permessi premio e liberazione condizionale. Eugenio Saitta sostiene che “serve una tutela per questi giudici” e serve al contempo “una uniformità di decisioni”. Per questo M5S propone di “accentrare tutte le istanze nel tribunale di Roma, ovviamente rafforzandone la composizione”. Le decisioni saranno “collegiali”.
Sull’ergastolo M5S andrà in cerca di consensi. Proprio mentre, sulle riforme della giustizia, si batterà per difendere le sue posizioni, e quella che considera la sua specificità. Alla domanda se tutto questo non rischia di portare M5S allo scontro con la Guardasigilli Cartabia, Saitta risponde: “Come dimostra quanto è avvenuto nei precedenti governi, M5S lavorerà su tutti i tavoli e su tutti i temi. Quindi anche con la ministra Cartabia. Oggi vi sono dei punti di distanza, ma M5S, senza scendere in piazza chiedendo referendum, ma sedendosi ai tavoli e portando la propria impostazione e i propri principi, lavorerà per raggiungere una sintesi. Questo impegno, da parte nostra, ci sarà sempre. Non ci sottraiamo al confronto e chiederemo un incontro alla Guardasigilli perché ci sono riforme che hanno bisogno di approfondimento, come nel penale dove le distanze sono enormi”.
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