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Giustizia, vertice fino a tarda sera: ancora una fumata nera nella maggioranza sulla prescrizione

Escono sconsolati i protagonisti del governo giallorosso che confrontano per oltre tre ore sulla riforma della giustizia

Giustizia, vertice fino a tarda sera: ancora una fumata nera nella maggioranza sulla prescrizione

Non c’è un accordo sul nodo dei nodi, la prescrizione, ma solo un piccolo passo in avanti: un via libera al processo civile che sarà all’ordine del giorno del prossimo consiglio dei ministri.  E la prescrizione, la riforma del processo penale e del Csm? “Si continua ad approfondire”, allarga le braccia l’ex presidente del Senato, Pietro Grasso. “Siamo a carissimo amico”, sorride un democrat che passeggia a notte fonda nelle vie del centro della Capitale. Mentre il ministro della Giustizia, uscendo dal vertice, esulta sul risultato raggiunto: “Quella civile è una riforma importantissima che chiedono i cittadini e le imprese e che è fondamentale che per gli investimenti”. E ancora: “Nei prossimi giorni potrebbe essere varato il via libera di quella penale”. Eppure tre ore di vertice non sono poche e non bastano. Fischio di inizio alle 21 e 30 perché si attende l’arrivo del padrone di casa. Palazzo Chigi, la macchina blindata di Giuseppe Conte entra attorno a quell’ora dall’ingresso di Piazza Colonna. Eccolo allora materializzarsi, di ritorno da Berlino dove è stato al G20 Compact per l’Africa, per il vertice “risolutivo” sulla giustizia. Sarà così? Intanto lo aspettano lì gli altri commensali: Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia, Andrea Giorgis, sottosegretario di via Arenula, e poi ancora le delegazioni di Italia Viva (Maria Elena Boschi, Lucia Annibali e Giuseppe Cucca), quella di LeU con Federico Conte e Pietro Grasso, e infine quella del Pd con Alfredo Bazoli, Michele Bordo e Franco Mirabelli. Si siedono, iniziano a discutere, ma le distanze restano sempre lì, immobili. Il nodo dei nodi è sempre quello da quando è nato il governo giallorosso. Ovvero, la prescrizione. Ed è lo stesso ostacolo che ha allontanato i grillini dai leghisti nell’estate del 2019.  Giovedì scorso, nel corso dell’ennesimo vertice sulla giustizia, Pd, Iv e LeU si sono sgolati nel dire che “se non si riapre il nodo prescrizione, noi ci sediamo al tavolo”. “Per noi è la pregiudiziale”, sibilano. Il blocco di centro-sinistra è fermo nella sua posizione, contrario al blocco delle lancette del processo dopo il primo grado di giudizio, come previsto dalla famosa “Legge Spazzacorrotti”, che scatterà il primo gennaio del 2020. Ma quella data sta per arrivare, e allora occorre prendere una decisione, trovare una soluzione, una quadra, un punto di caduta. Anche perché il tempo stringe. Non a caso i democrat, questa sera, non appena prendono la parola  mettono sul tavolo una norma di salvaguardia che introduca un termine di durata massima oltre il quale il processo non potrà andare avanti. Dall’altra parte del tavolo Bonafede replica che non è possibile intervenire sulla spazzacorrotti, una legge che in casa cinquestelle definiscono “una bandiera” e che il Guardasigilli non ha alcuna intenzione di rinviare l’efficacia. E allora inizia il muro contro muro. Alle 23 momento di break, arriva la cena. Pizza per tutti. Dopo aver addentato, chi una margherita, chi una capricciosa, si tratta fino a notte fonda. I democratici controreplicano che le strade da percorrere potrebbero essere due per aggirare l’ostacolo: o sei mesi di proroga per l’entrata in vigore dello spazzacorotti, oppure inserire  un istituto che garantisca una durata non illimitata del processo. La scena va avanti fino a mezzanotte inoltrata. Non si vede, però, una via di uscita. Lo scontro infatti continua, senza mai placarsi. Anche perché le parti non intendono cedere di un millimetro. A  un certo punto il premier e gli altri commensali decidono di rinviare al prossimo confronto. Altrimenti, “non sarebbero stati sufficienti nemmeno i cornetti caldi delle sei del mattino”, ironizza un deputato che ha preso parte al vertice.

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