I penalisti di Roma sospendono il patrocinio gratuito
Protesta e stato di agitazione degli avvocati
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Il direttivo della Camera penale di Roma ha deliberato “la sospensione di tutti i tavoli in essere con il Tribunale” e proclamato lo stato di agitazione “riservandosi ogni altra iniziativa”. Gli avvocati della Capitale mettono comunque “a disposizione la difesa tecnica dinanzi alle competenti autorità giurisdizionali per i magistrati che fossero destinatari dei provvedimenti relativi all’asserito danno erariale”.
In una nota si ricorda come con provvedimento del 9 novembre 2021 il presidente del tribunale, Roberto Reali, “ha comunicato la sospensione del ‘Protocollo di Intesa per la liquidazione standardizzata degli onorari dei difensori di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato sottoscritto in data 11 dicembre 2015′”. Quella decisione – si spiega – “deriverebbe dal fatto ‘che gli organi ispettivi del Ministero della Giustizia hanno rilevato che il protocollo… contiene disposizioni contra legem’ e che, conseguentemente, l’applicazione dello stesso ‘ha determinato un danno erariale, con conseguente responsabilità dei giudici che avevano adottato provvedimenti di liquidazione dei compensi’”.
I penalisti poi aggiungono: “Il 10 novembre 2021 abbiamo richiesto alla presidenza del tribunale copia della Nota dell’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia, protocollo 5796.U del 24 maggio 2021 da cui tutto trae origine. Ce ne è stata trasmessa, il 15 novembre 2021, una versione parziale, privata cioè dei pur richiamati decreti di liquidazione, fondati sui criteri del Protocollo reputati contra legem”.
“Dalla lettura della Nota emerge che: nel periodo 8 settembre 2020 – 2 ottobre 2020, il Tribunale Ordinario di Roma è stato oggetto di Ispezione ordinaria. Gli organi ispettivi del Ministero della Giustizia hanno verificato i provvedimenti di liquidazione dei compensi a difensori di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale e civile e dei compensi ai difensori d’ufficio, emessi nel periodo di tempo compreso tra l’aprile 2015 ed il 31 dicembre 2019”.
Inoltre “nel lungo periodo oggetto di ispezione (4 anni e 8 mesi) sono state accertate delle anomalie in 16 decreti di liquidazione, di cui solo 7 riguardano il processo penale”; perciò “le censure al protocollo si riferirebbero all’applicazione dei “fattori correttivi” diversi da quelli relativi all’assistenza di più soggetti e all’ipotesi di difesa di una parte contro più parti (“presenza parte civile”)”.
I penalisti poi dicono: “Lasciamo qui in disparte il merito degli approdi ministeriali, limitandoci, sotto questo profilo, a segnalare che essi non sono affatto condivisibili perché frutto di una errata interpretazione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, dalla quale traspare una concezione burocratica e svilente della funzione difensiva e il totale disinteresse rispetto al diritto costituzionalmente garantito di una difesa effettiva nel processo per l’indigente e anticipando che ne faremo oggetto di una approfondita replica tecnica”.
“Al contrario, per quanto è incredibile, va subito rimarcato che: in ordine ai rilievi in discorso gli ispettori richiedevano chiarimenti al Presidente del Tribunale nel lontano 22 ottobre 2020; il presidente facente funzioni, Antonino La Malfa con nota del 24 novembre 2020 rispondeva osservando che il Protocollo “non era stato adottato all’esito di un procedimento partecipato con conseguente necessità di riesaminarne il contenuto” e che “in data 4 giugno 2020 è stato diramato ai magistrati del settore penale, prima del successivo inoltro all’Avvocatura, un testo aggiornato del protocollo d’intesa”.
E “tutto ciò, infatti, rende evidente, a dispetto delle apparenti convergenze tra i sottoscrittori del Protocollo, una totale chiusura da parte della Presidenza del Tribunale – passata e presente – rispetto ad una reale e tempestiva interlocuzione con l’Avvocatura. La comica (quanto grave) affermazione dell’esistenza di un Protocollo adottato all’esito di un procedimento non partecipato, la deliberata scelta di non rendere note per tempo ai firmatari le osservazioni critiche degli organi Ispettivi del Ministero, la diffusione di un testo aggiornato mai condiviso e trasmesso alla chetichella ai Magistrati dell’Ufficio e la mancata interlocuzione in ordine alla scelta di sospensione del Protocollo tradiscono una inaccettabile concezione del “dialogo” (a tacer d’altro) paternalistica e autoritaria”.
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