Il Cnf scalda i motori per il congresso di Torino.
Si apprende che l’elezione dei delegati in sede locale dovrebbe avvenire entro il 30 giugno dell’anno corrente e che il titolo della sessione congressuale sarà “Parlare Legale - parlare artificiale”.
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Abbiamo appreso da numerose fonti che in data di ieri si è riunito il comitato organizzatore del Congresso Forense. Pochi i dati che sono trapelati, forse anche perché in effetti i contenuti della riunione sono stati abbastanza scarni.
Come avevamo previsto non c’è e non dovrebbe esserci – come si è detto in riunione – spazio per trattare la riforma ordinamentale.
Ciò è perfettamente in linea con il fatto che il precedente congresso del 2023 ha votato tre mozioni congiuntamente, ancorché diverse tra loro, che però tutte demandavano al CNF di costituire il famoso tavolo per la riforma della legge professionale, in modo tale da produrre entro un anno un nuovo testo che poi sarebbe stato presentato alla politica.
Le mozioni non prevedevano, infatti, che il testo elaborato dal tavolo fosse nuovamente riproposto al congresso, ma nell’ambito di un mandato amplissimo e privo di qualunque tipo di controlli, i delegati votanti – assumendosi la relativa pesante responsabilità – hanno riposto la questione sostanzialmente nelle mani del principe.
E infatti il coordinatore del “fantasma” OCF informa oggi che il progetto sbarcherà a breve in parlamento…. Non avevamo dubbi e possiamo soltanto sperare che si levi una protesta tale da sommergere chi quel testo ha voluto e porterà ad una politica che non dovrebbe essere asservita ai desiderata del CNF ma che dovrebbe legiferare per il progresso e il bene della nostra categoria professionale… anche se sappiamo che spesso così non è e ci sono vicinanze e intese che destano più di una preoccupazione.
Se consideriamo come ha lavorato il cosiddetto tavolo, la segretezza quasi omertosa delle sessioni di lavoro e dei temi trattati e le soluzioni prospettate, il fatto che il testo è espressamente riconosciuto essere stato predisposto dall’ufficio studi del CNF asseritamente sulla base di appunti delle riunioni o di riferiti delle riunioni e molto altro ancora, possiamo certamente affermare – anche indipendentemente da un risultato assolutamente inidoneo e insoddisfacente quale quello che è sortito – che la metodologia utilizzata non è stata certamente tale da potersi dire che il frutto di tali lavori sia attribuibile alla reale volontà dell’avvocatura.
Dobbiamo segnalare che alcune delle nostre fonti hanno sottolineato come anche nella nelle sedi di riunione del tavolo, o dei gruppi non meglio precisati che ad esso facevano riferimento, alcuni soggetti e o componenti hanno eccepito la mancanza di partecipazione democratica ai lavori, la mancanza di trasparenza e di chiarezza , la sostanziale impossibilità di lavorare proficuamente, determinata anche dal fatto che i diversi gruppi e o sottogruppi si sono riuniti senza avere contezza di ciò che nel frattempo veniva elaborato dagli altri. Quindi i lavori dei diversi gruppi e sottogruppi erano tenuti strettamente riservati e chi “lavorava” conosceva – se tutto andava bene – soltanto un quinto della elaborazione. Era precluso volutamente, da una studiata regia, avere un quadro complessivo dei lavori, a tacer d’altro presupposto essenziale per svolgere un lavoro utile e opportunamente coordinato. Ma questo chiaramente non si voleva, perché il prodotto finale di certo era già pronto.
Ad esempio, anche se era stato previsto che al tavolo di lavoro potesse partecipare un componente per ogni associazione maggiormente rappresentativa, quando il tavolo di lavoro si è suddiviso in cinque sottogruppi non è stato permesso alle associazioni che l’hanno chiesto di poter mandare un rappresentante in ogni gruppo.
Il testo complessivo finale – che nessuno conosceva e di cui nessuno sapeva nulla – è stato diffuso ai “fortunati” partecipanti ai lavori soltanto 48 ore prima della riunione tenutasi il 19 marzo, nella quale poi si è dato un termine per osservazioni soltanto sino al 24 marzo successivo.
Quanto qui riferito è tale da far comprendere a chiunque come si sia trattato di una farsa, allestita al solo ed unico fine di prendere tempo, gettare fumo negli occhi, evitare l’elaborazione vera e autentica, approfondita e a 360 gradi, di un reale testo riformatore, che affrontasse e auspicabilmente sciogliesse i nodi principali della vigente normativa, rimediando ai tanti disastri creati dalla LP.
Ci chiediamo dove sono finite oggi quelle voci che per tanti anni nell’avvocatura si sono alzate quali paladine della democrazia e della trasparenza, oggi forse impaludate all’interno o a capo dei COA, o desiderose di correre per uno scanno al CNF, e quindi divenute d’un colpo istituzionalmente prone.
L’idea gattopardesca che ha guidato silenziosamente questo percorso del cambiare tutto per non cambiare nulla era proprio il mantenimento nella sostanza dello statu quo, con l’unica importantissima variante di eliminare o ampliare il divieto di candidarsi alle elezioni forensi se si sono già svolti due mandati.
Neppure le norme a tutela del genere hanno formato oggetto di riflessione in questa sede: non vi è in vertici composti in prevalenza al maschile, talvolta addirittura velati da misoginia evidente, nessuna intenzione di favorire alternanze o realizzare una vera parità. L’argomento ha interessato solo quando si è trattato di far approvare in tutta fretta – e come sempre in silenzio – una norma interpretativa che molto comodo faceva e ha fatto a quegli stessi vertici.
Ma del resto da un principe che si limita a invitare le donne a non limitarsi al diritto di famiglia cosa volevamo aspettarci??
Non vi è del resto neppure interesse sul tema da parte dei CPO, silenziosi e proni ai desiderata del Principe, che non si vuole irritare…
Il nostro compito di informazione, analisi e di denuncia è svolto. A voi ora valutare i fatti e decidere se continuare a tacere, lasciare questa professione morire poco a poco come ha fatto sinora, o reagire in qualche modo.
Avv. Michelina Grillo
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