Il Pnrr è un buon inizio per la giustizia, l’efficientismo fine a se stesso è da evitare
Antonino La Lumia, nuovo presidente del Movimento Forense, analizza il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per le misure per la giustizia
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L’avvocato palermitano, ma milanese d’adozione, Antonino La Lumia è da pochi giorni il nuovo presidente del Movimento Forense. L’ascesa di La Lumia al vertice del Movimento Forense – la sua elezione è avvenuta all’unanimità nel congresso online al quale hanno partecipato più di 150 delegati – è il frutto di anni di impegno, a partire dalla sezione di Milano dell’associazione di cui adesso è il presidente nazionale. «Il contesto di emergenza sanitaria – dice al Dubbio La Lumia – non ha fatto altro che aggravare una situazione di precarietà del settore giurisdizionale. L’attualità impone di adottare scelte di politica legislativa che non soltanto siano condivise da tutte le componenti del “sistema Giustizia”, ma che consentano di raggiungere risultati reali nel breve e nel lungo termine».
Domanda. Avvocato La Lumia, quanto indicato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ( Pnrr) sul processo civile soddisfa il Movimento Forense?
Risposta. Il testo che abbiamo potuto leggere finora, in verità più ampio rispetto alla precedente versione, contiene certamente molti spunti interessanti, ma si tratta di una traccia di respiro generale, che fissa concetti ampi e alcune condivisibili priorità. Certi passaggi, necessariamente sintetici, potrebbero peraltro far ritenere che si tratti di scelte a investimento zero e forse prive di impatto reale sullo stato effettivo del contenzioso. Attendiamo, pertanto, di leggere gli articolati o, quantomeno, un elaborato di maggior dettaglio sulle proposte di intervento. Una puntualizzazione, tuttavia, mi pare doverosa.
- Dica pure.
- Se è certamente condivisibile, nel progetto di riforma della Giustizia, la priorità consacrata nell’obiettivo “il fattore tempo al centro”, è pur vero che bisogna evitare il rischio di rincorrere un efficientismo fine a se stesso, che, sfornito di adeguate misure atte a garantire gli equilibri del giusto processo, condurrebbe ben presto a una compressione inaccettabile dei diritti dei cittadini.
- Cosa occorre, secondo lei, per migliorare la giustizia civile?
- È una domanda alla quale si cerca di dare una risposta credibile ormai da troppo tempo. Ritengo che si debba far partire ogni ipotesi di lavoro da un chiarissimo dato di fatto. Servono significativi investimenti sulle dotazioni di organico, sulla formazione e sul personale amministrativo, che consentano di superare, da un lato, la gravità delle carenze divenute ormai strutturali e, dall’altro lato, il turnover dei dipendenti in pensionamento. Il Pnrr può essere davvero risolutivo in questo senso, perché senza un considerevole e convinto impegno economico, ogni riforma, seppur stilisticamente pregevole, risulterebbe totalmente inadeguata e inefficace. Sono poi imprescindibili alcuni interventi legislativi, attesi e promessi da anni, sulla semplificazione e sull’efficienza del processo, ad esempio in materia di accesso alla difesa, riguardo alla perentorietà dei termini da estendersi a tutti gli operatori giudiziari.
- Avete presentato delle proposte alla ministra della GiustiziaMarta Cartabia?
- Il Movimento Forense, nel corso degli anni e da ultimo in occasione del nostro congresso dello scorso 23 aprile, ha formalizzato decine di proposte di miglioramento dell’attuale sistema del processo, con l’obiettivo di riportare al centro degli interessi generali l’effettività della tutela giurisdizionale. Alcune di tali mozioni sono state presentate anche avanti la massima assise dell’avvocatura italiana, il Congresso nazionale forense. Abbiamo chiesto, ad esempio, l’introduzione di un unico rito per il processo civile semplificato. Abbiamo, inoltre, sollecitato l’attenzione sull’opportunità di dare impulso agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, le ADR, che potrebbero costituire un supporto determinante rispetto alla domanda di giustizia dei cittadini.
- La pandemia ha messo in difficoltà tanti avvocati non solo per il lavoro a scartamento ridotto nei tribunali, ma anche per il calo dei volumi d’affari. Come ci si risolleva?
- «Serve assolutamente una leva economica che attenui il peso della pandemia. Confidiamo che il Governo possa estendere agli avvocati quelle attenzioni che oggi sono per lo più rivolte alle imprese. Il passaggio più veloce per supportare concretamente l’avvocatura è accelerare immediatamente tutti quei pagamenti dovuti dall’erario per centinaia di milioni di euro a fronte dell’assistenza processuale ai non abbienti. Questi giacciono inevasi da anni e potrebbero essere un elemento importante per sostenere gli studi legali» .
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