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La ripresa e i processi «da remoto», l’ipotesi che divide gli avvocati

L’Ordine è al lavoro per consegnare le proposte al presidente del Tribunale: videocollegamento anche senza detenuti. Contraria la Camera penale

La ripresa e i processi «da remoto», l’ipotesi che divide gli avvocati

Aspettando il 15 aprile — prima scadenza indicata dal decreto Cura Italia per il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali — a palazzo di giustizia si sta lavorando per «ripartire». Ieri la Camera penale ha consegnato al presidente del Tribunale, Massimo Terzi, quattro pagine di riflessioni, con otto proposte. È all’opera anche l’Ordine degli avvocati e le sue commissioni, per poi fare una sintesi al consiglio di lunedì, spiega il presidente, Simona Grabbi: «Si tratta di capire se potranno essere svolti da remoto anche alcuni processi senza detenuti», cosa per la quale sarebbe comunque necessaria una modifica legislativa. Possibilità cui però hanno già strizzato l’occhio i protocolli di Csm e Consiglio nazionale forense. È su questo che l’associazione dei penalisti è di ben altro avviso: «Siamo assolutamente contrari alla “smaterializzazione” del processo penale — argomenta l’avvocato Alberto De Sanctis, presidente della Camera penale Vittorio Chiusano — sarebbe contrario al principio di oralità». Del resto, aggiunge, l’articolo 146 bis delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, prevede che la partecipazione a distanza riguardi esclusivamente «l’imputato, l’indagato e il condannato detenuti». Bisognerà aspettare le decisione del Governo. In tutti, rimane però la necessità di riavviare la macchina delle giustizia: «La nostra preoccupazione fondamentale — ragiona ancora Grabbi — è che dobbiamo ripartire. E vediamo se si potrà fare qualche procedimento da remoto: è chiaro che non si farà il processo del secolo, con escussione di testi, o un impellente contradditorio sulla prova». Ma tanti altri sì, dagli abbreviati ai patteggiamenti, alle messe alla prova. Tutti casi per i quali, però, secondo De Sanctis, la presenza in aula del difensore non metterebbe a rischio le norme di cautela sanitaria: «Basterebbe anticipare via mail al giudice se si intende fare un rito alternativo, così da avere la presenza di poche persone in aula. Magari chiedendo al cliente di rinunciare alla presenza». Altra proposta della Camera penale: cercare di scaglionare i tempi e, quindi, le decisioni, «vedendo anche l’evoluzione della curva epidemiologica». Non si può sapere adesso, come staremo a maggio o a giugno. Certo, il momento lavorativo è delicato per tantissimi avvocati, sottolinea Grabbi, al di là dell’emergenza sanitaria: «Il consiglio riceve diverse richieste di aiuto, da parte di colleghi, è ovvio che siamo preoccupati». Ma neppure, aggiunge, si potevano adottare misure seguite in altri tribunali, più piccoli: «A Torino abbiamo circa 25.000 depositi telematici al mese e, allo scoppio dell’epidemia, con i contagi che triplicavano, c’è stata la necessità di prendere decisioni, in poche ore». Nell’attesa, l’Ordine e la direzione del carcere Lorusso e Cutugno hanno messo a punto un protocollo per consentire — oltre a quelli normali — colloqui detenuti-difensori con videochiamate.

Fonte. Il Corriere della sera

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