L’avvocato costerà di più
Il nuovo decreto del ministro della Giustizia sulle tariffe forensi prevede un aumento del 5% rispetto ai vecchi parametri, che non venivano aggiornati dal 2018.
È in dirittura d’arrivo il provvedimento che aumenta i compensi degli avvocati. Lo schema di decreto ministeriale per l’adeguamento delle tariffe forensi è già stato depositato in Parlamento per ottenere l’approvazione. Le tabelle hanno ottenuto il parere positivo del Consiglio di Stato e il via libera del ministero dell’Economia e delle Finanze. Inoltre, il testo è stato predisposto tenendo conto delle osservazioni fornite dal Consiglio Nazionale Forense negli scorsi mesi, quindi non sono previste grosse sorprese durante l’iter parlamentare.
Visto l’aumento del costo della vita il ritocco delle tariffe professionali è, ovviamente, al rialzo. Ecco perché fra poco l’avvocato costerà di più. L’incremento dei compensi riguarda sia l’attività giudiziale sia quella “stragiudiziale” ed arriva fino al 5% rispetto ai vecchi parametri stabiliti nel decreto ministeriale del 2014, ormai inadeguato: le tabelle erano state aggiornate per l’ultima volta nel 2018, più di quattro anni fa [1].
La revisione degli importi dovrebbe essere almeno biennale, ma nel 2020 era “saltata” a causa della pandemia di Covid-19; poi c’è stata la recente riforma del processo civile che ha cambiato profondamente il quadro di riferimento. L’incremento delle tariffe professionali forensi segue l’andamento degli indici Istat dei prezzi al consumo e le rilevazioni ultimamente hanno registrato un notevole balzo all’insù: dopo molti anni di stasi, l’inflazione è tornata a riaccendersi e la sua ripresa è dovuta principalmente alla guerra in Ucraina.
L’iter di approvazione del nuovo decreto ministeriale sui parametri forensi prevede, ora, l’esame congiunto del testo da parte delle Commissioni Giustizia del Senato e della Camera dei Deputati. La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha allegato al decreto una relazione tecnica che spiega i motivi e l’entità delle variazioni degli importi per ciascun tipo di procedimento giudiziario.
Le nuove norme si applicheranno alle prestazioni che saranno completate dopo l’entrata in vigore del Dm di prossima emanazione, dunque 15 giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Come si determina il compenso dell’avvocato
Va precisato che l’onorario dell’avvocato si stabilisce, di regola, in base al preventivo scritto che il professionista deve rilasciare al cliente al momento del conferimento dell’incarico, per consentirgli di valutare la stima prevedibile dei costi da sostenere; ma, in mancanza di accordo tra le parti, per la liquidazione dei compensi e dei rimborsi spese si applicano i parametri ministeriali stabiliti con il decreto ora aggiornato.
Il giudice, quando in sentenza liquida l’ammontare delle spese legali che la parte soccombente deve rimborsare alla parte risultata vittoriosa nella causa, non segue direttamente la parcella presentata dal professionista, ma applica i parametri stabiliti nelle tabelle del decreto ministeriale. Per maggiori dettagli leggi “Liquidazione compenso avvocati: come avviene?“.
Tariffe forensi: le novità del decreto 2022
Le modifiche apportate dal nuovo decreto ministeriale 2022 non si esauriscono nell’aggiornamento matematico dei coefficienti, ma prevedono anche alcuni significativi cambiamenti nel modo di determinazione dei compensi.
Innanzitutto, viene prevista la possibilità di applicare tariffe orarie per le prestazioni, che, dunque, potranno essere rese “a tempo” e non solo “ad affare” o causa. La soglia di riferimento viene fissata in una “forbice” tra i 200 ed i 500 euro all’ora, ma le parti sono libere di concordare una cifra diversa.
Inoltre, d’ora in poi, i giudici godranno di una minore discrezionalità nella liquidazione dei compensi: potranno aumentarli, o ridurli, fino a un massimo del 50% rispetto ai valori stabiliti nelle tabelle applicabili. Questa possibilità di variare gli importi tabellari varrà per tutti i tipi di cause civili e di attività processuali nelle varie fasi del giudizio (di studio, introduttiva, istruttoria, decisoria, procedimenti camerali e di volontaria giurisdizione).
Forse, la novità più importante del nuovo schema di decreto ministeriale riguarda la previsione di incentivi per la composizione bonaria della lite: ciò può avvenire prima di arrivare al processo o anche nel corso di esso, ma comunque in modo da evitare la sua definizione con sentenza: l’obiettivo del ministero è quello di favorire il ricorso alle procedure alternative, per non appesantire il funzionamento della macchina della giustizia. E, ovviamente, gli avvocati che utilizzano questi strumenti deflattivi non devono essere penalizzati rispetto a quelli che prediligono lo svolgimento ordinario della causa, ma devono avere il giusto riconoscimento economico per l’attività svolta.
Così, in caso di conciliazione giudiziale, o di transazione, all’avvocato spetterà il medesimo compenso stabilito per la fase decisoria del giudizio aumentato di un quarto, mentre se l’accordo si realizza in fase di mediazione, o di negoziazione assistita, l’aumento sarà del 30%. Viceversa, se la parte viene condannata per “abuso del processo” il compenso dell’avvocato si ridurrà del 75%; il taglio scende al 50% nei casi di domanda inammissibile, improponibile o improcedibile, ma non è automatico e va applicato dal giudice solo in presenza di «gravi ed eccezionali ragioni».
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