Legittimo impedimento negato.
La decisione del Csm un grave precedente.
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Palazzo Bachelet sta per archiviare l’esposto dell’avvocata al nono mese di gravidanza, alla quale è stato negato il legittimo impedimento. «Così noi donne in gravidanza saremo costrette a non accettare casi»
La vicenda che ha coinvolto l’avvocata Federica Tartara continua a far discutere, non solo per la decisione della Prima Commissione del Csm di proporre l’archiviazione dell’esposto, ma soprattutto per le implicazioni che il caso solleva in tema di diritti delle donne avvocate in gravidanza. Il dibattito ha alimentato riflessioni profonde sul bilanciamento tra tutela dei diritti individuali e applicazione uniforme delle norme. Tartara, costretta a difendersi dal rigetto della sua richiesta di legittimo impedimento a pochi giorni dal parto, ha espresso tutto il suo rammarico per una decisione che definisce «grave e pericolosa».
Un precedente preoccupante
Ai fini della valutazione dei presupposti per il trasferimento d’ufficio, non può essere preso in considerazione il merito delle decisioni adottate dal magistrato nell’esercizio dell’attività giurisdizionale. «Non ho chiesto nessun trasferimento, ho solo denunciato quanto mi è successo», ha precisato Tartara. Tuttavia, la sua segnalazione, benché motivata da un caso di discriminazione, non ha prodotto gli effetti sperati. «Sapevo che probabilmente non sarebbe cambiato nulla, ma non posso negare la mia amarezza. Questo episodio rappresenta un precedente molto grave e pericoloso», ha sottolineato.
Secondo l’avvocata, il rigetto della sua richiesta crea una situazione in cui «tutte le colleghe in gravidanza non potranno più assumere casi, oppure, se li accettano, non potranno chiedere un rinvio, anche se previsto dalla legge». La percezione di una normativa svuotata di significato rende questa vicenda emblematica di un problema sistemico, che minaccia di incoraggiare le professioniste dal proseguire la loro carriera nelle fasi più delicate della vita personale.
La posizione del Csm e la polemica sull’interpretazione normativa
La Prima Commissione del Csm ha motivato la proposta di archiviazione spiegando che il caso di Tartara non rientra nei presupposti per il trasferimento d’ufficio del giudice Ilaria Sichirollo. La decisione della magistrata di negare il rinvio è stata giudicata «immune da qualsiasi censura», in linea con la giurisprudenza della Cassazione, che ritiene che il legittimo impedimento non trovi applicazione per circostanze già note al momento dell’accettazione dell’incarico. Tartara ha tuttavia messo in luce un aspetto che considera paradossale: «È ridicolo che, leggendo i verbali, si scopra che due volte le udienze sono state rinviate per impedimento del magistrato. Se questa è l’interpretazione della norma, allora il comma 5-bis dell’art. 420- ter cpc non ha più senso di esistere». La disposizione, che tutela le avvocate in stato di gravidanza, rischia di diventare inefficace, secondo Tartara, a causa di interpretazioni che svuotano di significato la sua portata. Questo, a suo avviso, crea un cortocircuito tra principi giuridici e prassi concrete.
Un vuoto normativo da colmare
La vicenda ha acceso i riflettori su un tema più ampio, quello delle tutele per le professioniste in gravidanza. Tartara ha auspicato un intervento normativo chiaro: «Se le norme vengono interpretate in questo modo, è necessario un intervento legislativo che garantisca la tutela delle donne avvocate. L’attuale situazione è inaccettabile e crea un clima di incertezza giuridica».
La sua esperienza personale ha messo in evidenza i limiti dell’attuale sistema: «Ho dovuto depositare l’appello pochi giorni dopo essere uscita dall’ospedale. Questo dimostra come la legge, invece di proteggere, finisce per penalizzare chi dovrebbe beneficiare di un diritto sacrosanto». Tale penalizzazione non è solo materiale, ma colpisce anche la dignità e l’autonomia delle professioniste.
La difesa dei diritti e il ddl sul legittimo impedimento
Il caso Tartara ha avuto un’eco significativa anche alla luce della discussione in corso alla Camera sul ddl riguardante il legittimo impedimento. Secondo l’avvocata, «questa nuova norma deve essere chiara e deve tutelare le professioniste, evitando interpretazioni che penalizzano chi esercita la propria professione in condizioni particolari, come la gravidanza».
Le polemiche non si sono placate neanche di fronte alla decisione del Tribunale di Venezia, che ha sostenuto la legittimità dell’operato del giudice Sichirollo. La questione, infatti, va ben oltre il singolo episodio, coinvolgendo principi fondamentali come il diritto alla difesa e l’uguaglianza di genere. Per Tartara, «questa decisione non è solo una sconfitta personale, ma una battuta d’arresto per tutte le donne avvocate».
Un appello al cambiamento
La speranza di Tartara è che la sua vicenda serva da stimolo per un cambiamento reale: «Se non si interviene, si rischia di consolidare un sistema che discrimina chi cerca di conciliare la carriera con il diritto alla maternità. Questo non riguarda solo me, ma tutte le donne che si trovano in situazioni simili». Le sue parole, intrise di amarezza e determinazione, rappresentano un appello a una riflessione collettiva: «La legge deve tutelare, non punire. Speriamo che questo caso porti a una normativa più chiara e a un maggiore rispetto per i diritti fondamentali di ogni professionista».
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