Lo stato dell'arte su migranti e paese sicuro
Con sentenza depositata il 19 dicembre 2024 la Corte di cassazione ha risposto al rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Roma il 1° luglio 2024.
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La Prima Sezione civile della Corte di cassazione, nel ribadire che il giudice ordinario è il garante dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo, ha affermato che è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri. Il giudice ordinario, quindi, non può sostituirsi al Ministro degli affari esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale. Può tuttavia, nell’ambiente normativo anteriore al decreto-legge 23 ottobre 2024, n. 158, e alla legge 9 dicembre 2024, n. 187, in sede di esame completo ed ex nunc, valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri (secondo la disciplina ratione temporis), allorché la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto, tenuto conto delle fonti istituzionali qualificate di cui all’art. 37 della direttiva 2013/32/UE, con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale. Inoltre, a garanzia dell’effettività del ricorso e della tutela, il giudice conserva l’istituzionale potere cognitorio, ispirato al principio di cooperazione istruttoria, là dove il richiedente abbia adeguatamente dedotto
l’insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. In quest’ultimo caso, pertanto, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto ministeriale.
Il 30 dicembre 2024 sempre la prima sezione della Cassazione ha affermato la competenza esclusiva ella Corte di giustizia nel fornire l’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione da applicare in modo
uniforme in tutti gli Stati membri . Tale competenza esclusiva assicura l’eguaglianza davanti al diritto dell’Unione europea. Il procedimento di rinvio pregiudiziale attivato dai giudici di merito italiani concorre ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo
così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto, nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai trattati.
Il Collegio della Prima Sezione civile della Corte di cassazione ritiene di poter contribuire al dialogo con la Corte di giustizia indicando, attraverso un’ordinanza di rinvio a nuovo ruolo non avente natura decisoria, alcune considerazioni circa la possibile interpretazione della disciplina ricavabile dal quadro normativo di riferimento, idonea a superare i dubbi di compatibilità comunitaria della disciplina nazionale di recepimento e di attuazione della direttiva. Ciò nella ferma convinzione che alla cooperazione e alla sinergia tra i giudici è affidato il controllo giurisdizionale sull’osservanza del diritto dell’Unione, che non è un diritto straniero ma è the law of the land in ciascuno Stato membro; e nella consapevolezza che, fra le possibili interpretazioni della norma nazionale, è preferibile optare, fin dove è possibile, per quella più conforme al diritto dell’Unione, ricercando l’armonia, la convergenza e la coerenza attraverso la via di minore attrito fra gli ordinamenti piuttosto che enfatizzare i profili di criticità e di frizione. La sentenza della Corte di giustizia non pare che abbia dettato un principio di incompatibilità della nozione di paese sicuro con la presenza di eccezioni personali.
La Grande Sezione della Corte di giustizia si è pronunciata solo rispetto alle esclusioni territoriali, che si hanno quando una regione o una porzione del territorio del paese di origine è fuori dal controllo dello Stato stesso. La Corte ha chiarito che l’esistenza di aree interne di conflitto e violenza indiscriminata è incompatibile con la designazione di un paese terzo come sicuro.
Infatti, nel caso che ha dato origine a quella pronuncia, sollevata da un giudice della Repubblica ceca, un cittadino moldavo, CV, aveva presentato una domanda di protezione internazionale nella Repubblica
ceca. A sostegno della sua domanda, CV aveva menzionato le minacce di cui era oggetto in Moldova da parte di persone che lo avevano aggredito in passato e che le autorità di polizia non sarebbero riuscite
a identificare. Egli ha altresì dichiarato di non voler rientrare nella sua regione di origine a causa della invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Le autorità ceche hanno respinto tale richiesta tenendo conto, in particolare, del fatto che la Moldova, ad eccezione della Transnistria, era stata designata paese di origine sicuro.
Investita del ricorso contro il rigetto della sua domanda, la Cortere gionale di Brno ha sottoposto alla Corte di giustizia diverse questioni concernenti l’interpretazione della direttiva recanti procedure comuni in materia di protezione internazionale.
Con la sentenza del 4 ottobre 2024, la Corte di giustizia ha rilevato, anzitutto, che un paese terzo non cessa di soddisfare i criteri che gli consentono di essere designato paese di origine sicuro per il solo fatto che si avvale del diritto di derogare agli obblighi previsti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Infatti, la dichiarazione di ricorso a tale deroga non consente, di per sé, di concludere né che siano stati effettivamente adottati provvedimenti in deroga né quali siano la loro natura e la loro portata. Tuttavia, il fatto di invocare il diritto di deroga deve indurre le autorità competenti degli Stati membri a valutare se le condizioni della sua attuazione siano tali da mettere in discussione tale designazione. La Corte di giustizia ha considerato, poi, che il diritto dell’Unione non consente attualmente agli Stati membri di designare come paese di origine sicuro solo una parte del territorio del paese terzo interessato. I criteri che consentono di designare un paese terzo come paese di origine sicuro devono, infatti, essere rispettati in tutto il suo territorio. Infine, la Corte del Lussemburgo ha rilevato che il giudice nazionale, investito di un ricorso avverso il rigetto della do manda di protezione internazionale presentata da un richiedente proveniente da un paese terzo designato come paese di origine sicuro, deve rilevare una violazione delle norme del diritto dell’Unione relative a tale designazione. Pertanto, nell’ambito dell’esame del ricorso proposto dinanzi ad essa, la Corte regionale di Brno deve prendere in considerazione la deroga da parte della Moldova ai suoi obblighi previsti dalla CEDU, nonché la violazione, da parte della Repubblica ceca, della condizione secondo cui la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro deve estendersi a tutto il suo territorio.
La pronuncia della Corte di giustizia si occupa, esclusivamente, delle eccezioni “territoriali”, chiarendo che l’esistenza di aree interne di conflitto e violenza indiscriminata è incompatibile con la designazione
di un paese terzo come sicuro.
Le eccezioni per categorie di persone non hanno formato specifico oggetto della decisione della CGUE del 4 ottobre 2024 e non sono state esaminate dalla Corte quanto alla loro incidenza.
Di qui il rinvio della decisione in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia UE. – Nel rinviare la decisione della causa a nuovo ruolo in esito ad una nuova discussione in udienza pubblica, il Collegio prospetta la seguente ipotesi di interpretazione della pertinente disciplina.
Nell’ambiente normativo anteriore al decreto-legge n. 158 del 2024 e alla legge n. 187 del 2024, la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro può essere effettuata, attraverso un decreto ministeriale, con eccezioni di carattere personale.
Tuttavia, la procedura accelerata di frontiera non può applicarsi là dove, anche in sede di convalida del trattenimento, il giudice ravvisi sussistenti i gravi motivi per ritenere che il paese non è sicuro per la situazione particolare in cui il richiedente si trova. In ogni caso, le eccezioni personali, pur compatibili con la nozione di paese di origine sicuro, non possono essere ammesse senza limiti.
Tali eccezioni, infatti, non sono ammesse a fronte di persecuzioni estese, endemiche e costanti, tali da contraddire, nella sostanza, il requisito dell’assenza di persecuzioni che avvengano generalmente e costantemente, secondo l’allegato I alla direttiva 2013/32, perché, altrimenti, sarebbe gravemente pregiudicato il valore fondamentale della dignità e, con esso, la connotazione dello Stato di origine come Stato di diritto, il quale postula il rispetto delle minoranze nel nucleo irriducibile dei diritti fondamentali della persona.
Il giudice della convalida, garante, nell’esame del singolo caso, dell’effettività del diritto fondamentale alla libertà personale, non si sostituisce nella valutazione che spetta, in generale, soltanto al Ministro degli affari esteri e agli altri Ministri che intervengono in sede di concerto, ma è chiamato a riscontrare, nell’ambito del suo potere istituzionale, in forme e modalità compatibili con la scansione temporale urgente e ravvicinata del procedimento de libertate, la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione di un certo paese di origine come sicuro, rappresentando tale designazione uno dei presupposti giustificativi della misura del trattenimento.
Pertanto, egli è chiamato a verificare, in ipotesi limite, se la valutazione ministeriale abbia varcato i confini esterni della ragionevolezza e sia stata esercitata in modo manifestamente arbitrario o se la relativa designazione sia divenuta, ictu oculi, non più rispondente alla situazione reale (come risultante, ad esempio, dalle univoche ed evidenti fonti di informazione affidabili ed aggiornate sul paese di origine del richiedente).
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