L’ufficio del processo è incompatibile con l’esercizio della professione
Lo ha precisato il Consiglio Nazionale Forense nella delibera 25 gennaio 2022 indirizzata ai Presidenti dei Coa locali, interpretando in senso restrittivo l’art. 31 del Decreto Pnrr
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Abbiamo parlato del recente intervento del legislatore governativo, che ha consentito ai professionisti ingaggiati a tempo determinato nei progetti di attuazione del PNRR di mantenere l’iscrizione all’albo professionale. La nuova norma, contenuta all’articolo 31 del Decreto Legge PNRR, e rivolta ovviamente anche ai legali assunti all’Ufficio per il Processo, era stata subito percepita come una pericolosa crepa nel principio fondamentale di totale libertà da vincoli dell’avvocato. Ma il Consiglio Nazionale Forense è intervenuto nel tentativo di correggere le possibili derive delle nuove disposizioni, con una delibera dello scorso 25 gennaio indirizzata a tutti Consigli territoriali degli avvocati.
Nella delibera, il Cnf ha espresso “profonda preoccupazione” e “significative perplessità sul piano applicativo e sistematico” per l’evidente contrasto delle nuove disposizioni con il regime di incompatibilità tra esercizio della professione forense e lavoro subordinato. Il fondamento della prescritta incompatibilità, ricorda l’istituzione di rappresentanza degli Avvocati, risiede nel rilievo costituzionale della professione forense, che “non può essere esposta a rischi di conflitti di interesse o condizionamenti all’autonomia ed indipendenza professionali, né a forme di concorrenza sleale, nell’ambito della categoria, tra avvocati salariati e non salariati che insistono sul libero mercato”.
Fa sapere il Cnf di aver indirizzato già una nota il 4 novembre scorso, ai Ministri di Pubblica Amministrazione e Giustizia, per esprimere queste criticità sulla formulazione dell’articolo 31 del decreto Pnrr, ma che le proposte di emendamento ivi suggerite sono state totalmente disattese.
Adesso la situazione è ancora più urgente, dal momento che sono partite le assunzioni dei vincitori del bando per l’ufficio del processo e molti iscritti agli albi tenuti dai consigli dell’ordine, stanno inviando al CNF richieste di chiarimenti su potenziali casi di conflitto di interesse.
Il Consiglio Nazionale Forense invita quindi il Governo e i competenti Ministeri ad emanare con urgenza le disposizioni necessarie a prevenire situazioni di conflitto. La delibera del 25 gennaio sottopone al Governo due diverse opzioni. La prima possibilità, più drastica ma certamente più efficace, potrebbe essere quella di introdurre una causa necessaria di sospensione dall’esercizio della professione per i vincitori del concorso all’Ufficio del Processo, così da consentire agli avvocati assunti alle dipendenze del Ministero di mantenere lo status professionale anche ai fini previdenziali, con assunzione a carico dell’ente dell’onere contributivo, ma di evitare di danneggiare il principio di indipendenza dell’avvocato.
L’alternativa potrebbe essere altrimenti quella di introdurre norme stringenti, sulla falsariga di quelle che esistono per i magistrati onorari, che impediscano agli addetti dell’Ufficio per il processo di esercitare nel medesimo circondario in cui svolgono le proprie funzioni. Questa seconda possibilità eviterebbe quantomeno l’insorgere di conflitti di interesse, anche se lascerebbe probabilmente intatto il problema della concorrenza sleale tra avvocati salariati e non salariati.
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