«Nel ddl Nordio tanti correttivi dal senso più che garantista»
Giorgio Spangher, professore emerito di procedura penale, esprime il suo giudizio sull’ennesima riforma del processo penale a cui sta lavorando l’attuale ministro della Giustizia
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Ddl Nordio: oggi ne parliamo con il professore emerito di procedura penale, Giorgio Spangher.
Cosa ne pensa di questa riforma?
Questa è veramente la riforma che corrisponde alla filosofia, al modo che ha Nordio di concepire la giustizia penale, in base ai fenomeni criminali che conosce, a quello che ha sperimentato nella sua vita, e che ha esercitato in qualità di pm.
Faccia un esempio.
Lui elimina l’abuso d’ufficio perché obiettivamente ha conosciuto delle situazioni nelle quali il reato, da lui considerato evanescente, non ha portato a grandi risultati. Lui non lo vede come un reato spia rispetto al fenomeno più ampio della corruzione, a differenza di altri magistrati, come il Procuratore Nazionale Antimafia. Quindi l’abrogazione trova la sua giustificazione nel riconoscimento della inutilità dell’attività investigativa svolta, alla luce degli esiti dei processi avviati per questo reato.
Parliamo invece della parte dedicata alle misure cautelari.
Non è una riforma sulle misure cautelari. Mi spiego meglio: lui fa delle operazioni chirurgiche con le quali ritaglia i profili che lui ritiene patologici, salvando comunque l’istituto. Le misure cautelari in generale non sono toccate. Tuttavia il Guardasigilli parte della considerazione che spesso le misure, soprattutto quella carcerarie, appaiono sovradimensionate nel momento applicativo; senza una verifica a priori che potrebbe facilmente evitare l’applicazione di provvedimenti restrittivi non governati dalle regole dell’adeguatezza, professionalità e dell’extrema ratio. A proposito di questo ultimo punto è significativa la previsione della collegialità.
Nordio sostiene che grazie ad essa si risolverà il sovraffollamento carcerario. Ma la vedremo operativa solo tra due anni e trascinandosi dietro molti problemi, come la compatibilità dei collegi e la disponibilità di risorse umane.
È vero che la collegialità andrà in vigore tra due anni. Tuttavia prima ci sarà il contraddittorio anticipato dinanzi al giudice monocratico. Poi tra due anni – anche se saranno di più a mio parere – si farà dinanzi al collegiale, solo per il carcere e non per i domiciliari, come previsto da un emendamento. Chiaro è che non sono tantissimi i casi in cui sussiste il pericolo di reiterazione del reato, quindi non impatterà sul sovraffollamento. Ma è comunque un inizio. Comunque qui c’è un problema di fondo.
Quale professore?
Resta incerto quali limiti avrà il giudice nel sindacare la richiesta del pubblico ministero al fine di determinarsi tra applicazione della misura o contraddittorio anticipato.
E sul contraddittorio anticipato?
Lui dice che in alcuni casi con il contraddittorio antecedente, naturalmente non per i reati di criminalità, non per il pericolo di fuga, né per l’inquinamento delle prove, un contraddittorio anticipato potrebbe evitare l’applicazione di misure che poi il più delle volte si rivelano inutili.
Sempre rimanendo su questo tema, il procuratore capo di Roma Lo Voi, all’inaugurazione dell’anno giudiziario dell’Unione delle Camere Penali, ha lanciato una sorta di provocazione: evitare di fornire all’indagato il diritto al silenzio, alla facoltà di non rispondere. Lei è d’accordo oppure no?
No, non sono d’accordo. Io capisco cosa vuole Lo Voi. Egli vorrebbe – e io lo ritengo una forma di debolezza della riforma – che l’imputato pur di evitare la misura cautelare fosse portato a confessare. Lo Voi vorrebbe favorire l’atteggiamento confessorio, mentre invece, naturalmente, la difesa porta al riconoscimento di un diritto al silenzio che è un diritto fondamentale. Nel contraddittorio anticipato non è prevista la presenza obbligatoria del difensore. È chiaro che ci deve andare e ci andrà. Come avevo chiesto io è previsto che l’interrogatorio sia video registrato. Ma il vero problema è la preoccupazione che l’indagato di fronte al timore, alla paura di avere la misura cautelare, parli. Comunque, bisogna stare attenti: ciò che l’indagato dice davanti al pm e al giudice saranno utilizzate in dibattimento per le contestazioni. Cosa si potrebbe fare? L’indagato si presenta e produce una memoria.
Parte della magistratura contesta a questo provvedimento il fatto di favorire i colletti bianchi. Lei condivide?
Favorisce un certo tipo di criminalità, che non è quella organizzata. Riguarda invece la reiterazione dei reati medio bassi. In pratica è una riproposizione di uno dei quesiti – non passati – dell’ultimo referendum giustizia, di cui lo stesso Nordio era presidente del Comitato promotore. Non c’è niente di nuovo. Lo stesso discorso vale per quanto attiene alle intercettazioni.
In che senso?
Non si tocca l’intercettazione, si dice semplicemente che non si mettono quegli elementi spuri dell’intercettazione che toccano i terzi, quelli che toccano il soggetto sottoposto a misura cautelare è chiaro che verranno riportati. Nordio punta semplicemente a togliere quegli elementi semplicemente marginali, quindi anche qui compie una operazione chirurgica. La stessa cosa la fa con riferimento al le informazioni di garanzia.
Cosa dice?
Riconduce l’informazione di garanzia al ruolo che le è proprio, quello strettamente difensivo, e pone un limite al suo uso in funzione stigmatizzante della persona, come spesso fatto dai pubblici ministeri, senza poi compiere alcuna attività. Come detto prima, l’istituto resta, non viene abrogato, ma ritagliato nei suoi limiti funzionali. Stesso discorso per l’impugnazione del pm.
Ci dica.
La limitazione della legittimazione del pm ad appellare la sentenza di proscioglimento è finalizzata ad evitare una condanna in appello che l’imputato non potrebbe impugnare nel merito e si raccorda con il dubbio ragionevole e la previsione ragionevole di condanna. Ovviamente nei procedimenti a composizione monocratica che sono anche quelli fino a sei anni di condanna.
Però c’è così una discriminazione tra imputato e imputato.
Già nella motivazione che la Corte Costituzionale dette della legge Pecorella per determinate categorie di reato, tenendo un certo tipo di equilibrio indubbiamente dato dal fatto che probabilmente, come dire, il pubblico ministero numericamente non avrebbe impugnato quella sentenza di proscioglimento – si incominciò a discutere della possibilità di ridurre la legittimazione del pubblico ministero ad impugnare le sentenze di proscioglimento per i reati della fascia bassa.
In definitiva è una norma garantista e che aiuta la macchina della giustizia?
Lungi dal ritenere che si tratti di una legge capace di incidere sugli snodi fondamentali del rito, c’è sicuramente un affilato disegno più che garantista, teso ad assicurare maggiore tutela alla persona inquisita, ma anche ai soggetti estranei che il processo tocca tangenzialmente e spesso sforniti di adeguata tutela. Libertà personale e intercettazioni, soprattutto in relazione a terzi, sono gli elementi centrali dell’intervento correttivo, perché tale si deve considerare, così da correggere prassi o comportamenti deviati e non necessari al fine dell’accertamento della responsabilità.
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