Ocf. Le ADR: un sistema complementare alla giustizia ordinaria nell’ordinamento giuridico italiano.
Tra gli altri interventi, un maggiore finanziamento del servizio Giustizia nel suo insieme risponderebbe ad esigenze primarie, fortemente avvertite dai cittadini come attuazione di diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione, rappresentando nel contempo un investimento anche economicamente apprezzabile.
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In Italia, oggi, per i tre gradi di giudizio, vengono complessivamente impiegati mediamente 8 anni (il dato è riportato nel quadro di valutazione della giustizia pubblicato dalla CEPEJ – European Commission for the Efficiency of Justice del Consiglio d’Europa nell’aprile 2019.). A ciò si aggiunge il numero delle cause civili pendenti che, pur riducendosi rispetto al picco raggiunto nel 2009, nel 2016 si attestava a quasi 3,8 milioni di casi, con valore molto più alto di quello dei principali Paesi europei: secondo dati CEPEJ, i casi pendenti ogni 100.000 abitanti nel 2016 erano in Italia del 71 per cento superiore a quello della Francia, del 157 per cento superiore a quello della Spagna, e del 406 per cento superiore a quello della Germania.
Va altresì considerato – sotto il profilo dell’incidenza e rilevanza economica – che la spesa per il sistema giudiziario, in rapporto alla popolazione, ci posiziona all’11esimo posto in Europa, e rappresenta il 61% della spesa sostenuta pro-capite in Germania, il 68% di quella sostenuta in Gran Bretagna, il 76% di quella sostenuta dall’Olanda per lo stesso capitolo di bilancio.
È stato stimato che un miglioramento del sistema giustizia potrebbe portare ad un beneficio economico, in termini di minori costi, compreso tra l’1,3% e il 2,5% del PIL (equivalenti a 22-
40 miliardi di euro); mentre l’allineamento delle performance giudiziarie alla media di Germania, Francia e Spagna porterebbe ad un aumento dell’attrattività degli investimenti che potrebbe determinare un loro incremento fino a 170mld di euro.
Tra gli altri interventi, un maggiore finanziamento del servizio Giustizia nel suo insieme risponderebbe ad esigenze primarie, fortemente avvertite dai cittadini come attuazione di diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione, rappresentando nel contempo un investimento anche economicamente apprezzabile.
Va in ogni caso considerato che il futuro del sistema Giustizia non può essere affrontato con interventi di gestione di natura emergenziale e limitati a considerazioni economiche – seppur necessari ed utili – bensì, per l’alto valore sociale che deve essergli riconosciuto, con una ben strutturata e ponderata progettualità che ne assicuri l’erogazione, ripensandone le modalità, adattandole al mutato contesto di riferimento ed operatività, in modo che divenga effettivamente capace di dare concrete risposte alle inerenti esigenze ed ai diritti dei cittadini.
Va inoltre considerato che migliorare l’efficienza della giustizia civile – da intendersi come la capacità di raggiungere l’obiettivo, evitando lo spreco di risorse – costituisce una delle principali raccomandazioni che l’Unione Europea ha rivolto all’Italia e che, al tempo presente soprattutto, assume una notevole rilevanza atteso che a ciò sarà subordinata l’erogazione di una parte dei fondi del Recovery Plan.
Nel concepimento delle innovazioni e del progetto complessivo devono essere individuati gli obiettivi ed elaborate soluzioni innovative capaci di coniugare l’esigenza di intervenire sull’attuale situazione, con la strutturazione di un sistema che nella sua complessità sia equilibrato, sostenibile, concretamente rispondente alla domanda di Giustizia.
Un sistema efficiente – nell’accezione sopra menzionata – può essere costruito e deve essere concepito e progettato, considerando l’intero spettro del quale è composto e si estrinseca, comprendendo necessariamente non la sola attività giudiziaria, ma anche l’ambito delle ADR che si configurano come una vera e propria “giustizia complementare”.
Centrale è invero l’obiettivo di garantire in senso generale un migliore accesso alla giustizia da intendersi tuttavia come giustizia in senso ampio e, dunque, comprensiva dei metodi alternativi.
Il tema delle ADR ha assunto chiaramente un rilievo di primo piano nella politica dei Paesi Europei che, al fine di garantire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in vista del buon funzionamento del mercato interno, promuovono da più di un decennio lo sviluppo dei mezzi alternativi di risoluzione delle liti annoverandoli tra le azioni volte a rafforzare il sistema giuridico interno – imperniato su una giurisdizione dimostratasi inefficiente o inadeguata – e la cooperazione giudiziaria in materia civile.
Vi è, alla base di queste politiche, la consapevolezza, acquisita nell’ultimo decennio, che il processo giurisdizionale non sia l’unico strumento a disposizione delle parti per ottenere giustizia.
E se, da un lato, la creazione di uno spazio giudiziario europeo non può prescindere dalla adozione di misure comuni, tese a migliorare l’efficienza delle procedure giudiziarie, al contempo, è parso doveroso anche all’avvocatura, atteso il suo percorso formativo e nel suo ruolo sociale, incentivare l’utilizzo di percorsi diversi che possono condurre alla definizione o composizione delle controversie, più rapidamente e con costi limitati.
In questo senso, tali strumenti sono visti come COMPLEMENTARI su un piano di pari dignità rispetto alle procedure giudiziarie, come enunciato nel Considerando 5 della direttiva 52 del 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mediazione civile e commerciale.
Il Rapporto redatto dalla Commissione guidata da Vittorio Colao – “Iniziative per il rilancio
- Italia 2020-2020”- composta da esperti estranei al mondo della Giustizia, ha attestato con forza la necessità, come priorità, di intervenire profondamente nell’ambito della giustizia civile con una riforma strutturale con l’obiettivo di aumentarne la certezza e ridurre i tempi dei processi, migliorandone l’efficienza, con una pluralità di interventi tra i quali è stata individuata come prioritaria la scelta che – senza ledere il principio sancito dall’art. 24 della Costituzione, che garantisce a tutti l’accesso alla giustizia – rafforzi gli strumenti ricompresi nel novero definito delle ADR, rendendoli effettivamente preferibili all’azione
Come pure il prof. Carlo Cottarelli – con il documento elaborato dal titolo “Come ridurre i tempi della giustizia civile” – è intervenuto con riflessioni sul tema, indicando una serie di interventi propri all’ambito processuale – processo, organizzazione del lavoro degli uffici giudiziari, incentivi – dedicando anch’egli ampio spazio agli stessi strumenti di risoluzione extra-giudiziale con concrete proposte.
Indicazioni univoche, prodotte da valutazioni “scientifiche” sul tema, frutto della interdisciplinarietà degli esperti coinvolti nei due “team” che sono riusciti, proprio per questo, a considerare la realtà del contesto sociale e, muovendo da questo e dagli altri elementi di considerazione acquisiti, superare schemi, “ancore” e “paletti” cognitivi propri del mondo giuridico preso a sè.
Come linea-guida del lavoro, che deve focalizzarsi principalmente su questioni strutturali, viene evidenziata la ineluttabilità e certezza della soluzione giudiziaria – che deve però vedere interventi significativi che non siano solo di “maquillage” delle norme processuali – ma contemporaneamente enfatizzato, per la riconosciuta, oggettiva, intrinseca valenza sociale, oltre che per la soluzione della singola vertenza, il ricorso a modalità compositive negoziali, rafforzando gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, per incidere significativamente sul tasso di litigiosità e per una “pacificazione” tra i contendenti quale ripristino della linfa vitale del tessuto sociale per un effettivo miglioramento della società ed affermazione dei principi costituzionali.
Si hanno pertanto ragioni importanti ed oggettive per credere più seriamente nei sistemi di ADR e, quindi, nella forma in cui si estrinseca la “Giustizia complementare”, soprattutto perché dal quadro di valutazione della giustizia pubblicato dalla Commissione europea nel 2019 l’Italia risulta al penultimo posto per la promozione e gli incentivi all’impiego di tali strumenti.
La crescente consapevolezza che siano necessarie risposte che attingano alla c.d. “giustizia complementare”, ed in particolare agli strumenti mediativi e negoziali, è anche determinata dalla sempre maggiore coscienza della necessità di dover reperire soluzioni innovative che guardino ai problemi – dei quali le controversie sono le esplicitazioni – nella loro complessità, offrendo risposte sì rapide, ma in una prospettiva di ripristino della rete della socialità, mutualità e coesione.
Nel nostro paese, negli ultimi anni, al fine dichiarato di risolvere questo problema specifico si sono affiancate a ripetuti interventi di carattere emergenziale sul processo civile le novità normative in materia di ADR che, in questa situazione di fatto, hanno finito per assurgere esse stesse al rango di interventi urgenti.
L’assetto normativo attuale delle ADR in Italia ha disegnato un sistema estremamente variegato quanto a strumenti disponibili, nel quale coesistono ADR a carattere generale e di settore, volontarie e obbligatorie, alcune delle quali strutturate come condizione di procedibilità della azione giudiziaria e quindi connotate da una evidente ratio deflattiva.
Da qui la necessità di una riforma organica degli strumenti stragiudiziali di composizione delle liti, avvertita al punto tale da rendere necessaria la costituzione da parte del Ministro della giustizia di allora di una commissione (costituita con d.m 7/3/2016) che elaborasse ipotesi di una organica disciplina e riforma finalizzata alla degiurisdizionalizzazione con particolare riguardo ai tre principali strumenti di ADR: arbitrato, negoziazione assistita e mediazione civile e commerciale.
La negoziazione assistita, introdotta con d.l 132/2014 ispirata al modello francese della procedure partecipative, a sua volta mutuata dalla esperienza del diritto collaborativo nordamericano, attribuisce agli avvocati un ruolo centrale responsabilizzandoli nel ruolo di facilitatori di un accordo tra i litiganti.
L’istituto italiano, analogamente a quello francese che non ha dato buoni risultati, ha generato scetticismo tra studiosi ed operatori circa la sua reale capacità deflattiva ma soprattutto circa la sua utilità, rafforzato dalla diffusione di dati statistici non lusinghieri, apparendo il problema centrale, oltre a quello di una certa complessità del procedimento adottato, quello di una carenza di adeguata preparazione all’approccio negoziale e cooperativo degli avvocati italiani.
Nella materia matrimoniale non a caso, ha avuto maggiore successo e riscontro.
L’Europa ha dedicato alle ADR numerosi provvedimenti, regolamenti e direttive, ha promosso iniziative, ha diffuso documenti di favore e promozione dell’istituto.
Due su tutti: la direttiva sulle ADR ( 52/2008) e il Regolamento n.524/2013 sulle ODR (online dispute resolution) per le controversie nascenti dall’e-commerce.
Le caratteristiche comuni degli strumenti ADR che le linee europee tratteggiano sono l’imparzialità di chi gestisce la controversia, la trasparenza, la durata limitata non oltre 90 giorni, costi contenuti, il contraddittorio, la garanzia di una informazione adeguata.
Si chiede che gli organismi siano numerosi, facilmente accessibili, che le persone officiate possiedano le necessarie conoscenze, la capacità l’esperienza necessarie ad occuparsi della controversia che sia reso manifesto l’effetto giuridico del provvedimento finale, che il consumatore sia informato della facoltà di rifiutare la proposta e quella di consultarsi con terzi esperti disponendo di un tempo ragionevole.
La direttiva sulla mediazione è stata introdotta per facilitare l’accesso alla risoluzione delle controversie, promuoverne la composizione amichevole e garantire alle parti che ricorrono alla mediazione di poter fare riferimento ad un quadro giuridico prevedibile.
Questo obiettivo politico è valido oggi e per il futuro perché questo strumento contribuisce ad evitare procedimenti giudiziari inutili a spese dei contribuenti, ridurre i tempi e i costi associati alle controversie giudiziarie.
Anche l’arbitrato nella normativa europea è ricondotto a questo novero (si vedano i considerando n. 11 e 12 della direttiva).
Oggi, OCF, esprimendo una posizione di sintesi dell’avvocatura nazionale e delle sue diverse sensibilità e consapevolezze, guarda alle ADR come ad un sistema strategico, non imposto come un obbligo indefettibile, alla luce dell’attuale normativa nazionale.
È oggi possibile valutarne, pertanto, l’efficace e strategico ruolo complementare al processo, al fine di incentivare l’accesso alla giustizia da parte dei cittadini.
E ciò non potrebbe non tener conto del contesto politico economico e giudiziario attuale e dell’aggravamento della situazione nazionale derivato dalla epidemia da Covid 19.
OCF ne ha già stigmatizzato le pesanti ricadute sulla giustizia in un proprio documento laddove pochi mesi fa affermava “I tempi di risposta costituivano già un pesantissimo handicap della Giustizia Italiana, sia con riferimento alle esigenze di certezza e sicurezza relative al settore penale, sia in relazione alla funzione regolazione dei conflitti sociali connessi con la Giustizia Civile e tutti gli altri settori (lavoro, amministrativo, tributario, contabile). Le misure di distanziamento sociale hanno causate un vero e proprio “black out” della Giustizia, che si è fermata praticamente del tutto (tranne pochissimi affari cautelari) per oltre due mesi: fatto senza alcun precedente nella nostra storia.”
Tanto più in quest’epoca post-Covid 19 la mediazione dei conflitti tra privati costituisce, invero, un tassello importante della politica di ricomposizione dei rapporti sociali che deve essere promossa tenendo conto delle difficoltà della gestione della ripresa e dell’avvio dei nuovi processi, oltre all’emersione del nuovo contenzioso derivante in materia contrattuale ed extracontrattuale proprio dalla situazione emergenziale che sottende la profonda crisi economica e sociale che il Paese è chiamato ad affrontare nei prossimi mesi le cui dimensioni ancora non possono essere correttamente stimate.
Occorre mirare a dare risposte concrete all’emergenza economica e sociale intervenendo nel contempo – come significativo contributo alla creazione del nuovo sistema giustizia – sui profili strutturali sui quali lavorare al termine della fase emergenziale, sostenendo e promuovendo l’implementazione di percorsi stragiudiziali, avviando la riflessione ed il confronto per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato: arrivare ad un modello moderno ed efficiente della soluzione dei conflitti perseguendo non soltanto l’innovazione tramite la circolazione di nuove pratiche, ma anche la deflazione del contenzioso.
La crisi pandemica ha fatto certamente da catalizzatore per la necessità sopravvenuta ed ha fatto emergere che – come attestato e condiviso dall’Accademia e da buona parte dell’Avvocatura – la mediazione è una riposta concreta, certa e pronta perché coinvolge i soggetti interessati, lascia la soluzione del conflitto alla negoziazione tra i protagonisti, è una risposta concreta perché attinge la soluzione dalle motivazioni intrinseche del conflitto e lavora sugli interessi delle parti coinvolte, è una risposta certa per la necessaria presenza degli avvocati delle e del mediatore professionale – per lo più anch’egli avvocato – è già disciplinata e praticata da almeno due lustri e l’introduzione delle piattaforme Web la rendono facilmente fruibile.
Se le parti sono libere di scegliere l’alternativa e nell’ambito della giustizia intesa in senso ampio l’avvocatura svolge un ruolo essenziale, le adr sono una scelta strategica.
La difesa deve essere obbligatoria, il dato non sembra controvertibile oggi.
Altrettanto importante appare il percorso culturale svolto dalla avvocatura sulle ADR riguardo alla loro la funzione e la loro possibile utilità.
Si è voluto, grazie anche all’impegno delle istituzioni nazionali e territoriali dell’avvocatura, che i procedimenti alternativi si attuassero con tutte le possibili garanzie, la predisposizione di un apparato di organismi forensi dislocati su tutto il territorio, articolati in competenze generali e settoriali con acquisizione di risorse umane e materiali che hanno comportato costi e scelte ben precise.
Ciò ha comportato l’assunzione di una notevole responsabilità, e talvolta ciò non è stato del tutto compreso dall’avvocatura stessa, ma le ha consentito di mantenere un ruolo volutamente predominante anche nella fase pre-contenziosa.
Ferma dunque l’irrinunciabile facoltà del cittadino di scegliere a chi rivolgere la propria domanda di giustizia autonomia e ferma la libertà di scelta della forma di tutela migliore per il cliente da parte dell’avvocato, OCF le concepisce come un sistema di strumenti diversi e rispondenti alle diverse esigenze e situazioni connesse alla domanda di giustizia.
Ciò a maggior ragione alla luce delle condizioni per l’erogazione dei fondi del Recovery Plan, della necessità di destinare risorse strutturali alla riforma della giustizia che deve essere ancoraggio effettivo, accessibile e disponibile, in caso di mancato successo della strada precontenziosa.
Considerato quanto esposto ed il solido fondamento scientifico delle riflessioni maturate sul tema – oltre che il dovuto riferimento all’impianto normativo Europeo a cui vanno ancorate – il sistema individuato dei procedimenti di “Giustizia complementare” poggia su salde basi e nel contempo è per certo un efficace strumento per dare concreta risposta alla domanda di Giustizia dei Cittadini.
Le ADR siano dunque un sistema non alternativo ma complementare, nè esclusivo nè esaustivo della domanda di giustizia, sia delle persone fisiche che delle imprese.
A lungo termine, si può creare una cultura non contenziosa in cui vi sia una pacificazione dei contendenti, ma al fine di ripristinare la linfa vitale di un tessuto sociale ispirato al miglioramento della società e dei principi costituzionali che la reggono non per togliere opportunità all’avvocatura.
Gli avvocati hanno compreso che la durata dei procedimenti va a scapito dei diritti e degli interessi dei loro clienti e che finisce con il ribaltarsi negativamente sulla professione oltre che sull’immagine della avvocatura.
Uno strumento di giustizia complementare può dare affidabilità per raggiungere un risultato soddisfacente per l’assistito in termini di rapidità e convenienza economica e, accanto alla difesa in giudizio che rimane il PERNO dell’attività forense, apre al mondo forense una nuova modalità di esercizio della professione soprattutto nella assistenza delle parti nel procedimento di mediazione, di negoziazione e di arbitrato come accade ad esempio nella fase di redazione dell’accordo in mediazione, fase nella quale il ruolo dell’avvocato di ciascuna parte, ormai è assodato, diviene essenziale.
E di questo sistema – sia nella strutturazione che, soprattutto, nella gestione – gli avvocati per la loro specificità professionale, il loro ruolo sociale e l’ambito di operatività, ben possono e devono essere i primi attori intestandosi e rivendicando con forza un ruolo egemone.
Lo stato attuale della giurisdizione, nonché la progressiva marginalizzazione dell’attività di avvocato – riferibile a molteplici ragioni, tra le quali, certamente, anche la graduale e sempre più accentuata incapacità di rispondere alle crescenti e diversificate esigenze della clientela per i mutati contesti e dinamiche sociali e relazionali – hanno comportato crescenti difficoltà nello svolgimento della professione, andando a discapito della considerazione, del significato e del ruolo profondo della stessa che spesso, dai fruitori, viene associata all’inefficienza del sistema.
È quindi, soprattutto in questo momento storico, che ci viene data l’opportunità di partecipare concretamente alla ripresa fisiologica delle attività economiche e della rete di rapporti sociali e personali con un contributo importante ed anzi determinante per contribuire in modo significativo alla strutturazione di un contesto sociale che da un lato sia sempre più efficiente e, dall’altro, realizzi però in concreto la coesione e cooperazione collettiva – dando attuazione ai principi costituzionali – per quanto ci riguarda, con la definizione del nuovo “sistema Giustizia” e con la costante implementazione dell’attività professionale nell’ambito della “Giustizia complementare“.
Va inoltre considerato che il ricorso ai procedimenti c.d. di ADR è una concreta ed immediata occasione di ampliamento delle opportunità di lavoro, interpretando un ruolo e svolgendo un servizio professionale strettamente attinente sia al percorso formativo che al ruolo sociale dell’Avvocatura.
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